venerdì 18 febbraio 2011

L’Egitto, Mubarak e la caccia al tesoro dei dittatori

Settimana scorsa, dopo la dipartita di Hosni Mubarak – evviva! – è stato tutto un fluire di titoloni sui giornali sui tesori - presunti - del dittatore. Il Corriere della Sera ha titolato “E ora scatta la caccia al tesoro di Mubarak”. Repubblica: “Immobili, titoli e partecipazioni, caccia al patrimonio del rais”.

Secondo una stima raccolta dal Mail on Sunday, la famiglia Mubarak avrebbe trafugato all’estero, in trent’anni di regime, un capitale di 25 miliardi di sterline (30 miliardi di euro), tra conti bancari, proprietà immobiliari, azioni, società e altri investimenti. Fonti di intelligence vanno al ribasso: da un minimo di 2 a un massimo di 5 miliardi di dollari (che sono sempre bei soldi!, soprattutto in Egitto dove c’è chi vive con due dollari al giorno). A queste somme aggiungono circa 6 miliardi di dollari frutto di tangenti e commissioni finite nelle tasche dei personaggi vicini al potere – qualche giorno fa all’ISPI l’Ambasciatore Sergio Romano parlava di un entourage di 2.000 persone che costituivano l’élite intorno a Mubarak, da cui passava gran parte del business egiziano.

La Global Financial Integrity, un’agenzia americana specializzata, calcola che l’ammontare dei fondi illeciti nascosti sia 1.400 miliardi di dollari. La Banca Mondiale stima il livello di corruzione globale in 40 miliardi di dollari l’anno.

Sempre il quotidiano della City ha pubblicato una graduatoria degli autocrati ladroni, dove al primo posto figura Saddam Hussein (tra i 10 e 40 miliardi di dollari trafugati e ahilui non goduti), lo scomparso scià di Persia Reva Pahlavi (circa 35 miliardi), l’ex presidente indonesiano Suharto. Seguono Marcos (Filippine), Mobutu (Congo), Dos Santos (Angola), Moi (Kenya).

Sono d’accordo con l’arguta lettrice (Stella Pantelides, UK) del FT che scrive il 15.2.11: “I read with interest the Swiss government’s Swift move to freeze all accounts held by Hosni Mubarak, members oh his family and others closely linked with his regime. Am I only one left wondering why the swiss federal government and its banks have only just realizes that the funds thay have been holding and investing on behalf of Mr Mubarak and his family over the years may have been (misappropriated) Egyptian state property? Perhaps they might also care to tell us what they intend to do with the bank charges and fees they have been amassing over the years on these funds?

Aggiungo io: ma perchè non bloccare i fondi in entrata di dubbia provenienza invece che gridare al lupo quando Cappuccetto Rosso è già finita nella pancia?

Venti anni fa mi diedi alla lettura di La svizzera lava più bianco (Mondadori, 1990) di Jean Ziegler, sociologo e politico svizzero. Una lettura consigliata. Ecco un assaggio del personaggio: "La materia prima della federazione degli Emirati Arabi è il petrolio; quella dell'Emirato elvetico, il denaro altrui (p. 12); “Che lezioni hanno tratto, i potenti, dalla crisi? Nessuna. Prendiamo l’esempio della Svizzera. Il contribuente svizzero ha pagato 61 miliardi di dollari per il salvataggio della più grande delle banche, l’UBS. L’anno scorso, nel 2009, i dirigenti dell’UBS, sempre vicina al fallimento, si sono spartiti fra loro bonus per quattro miliardi di franchi svizzeri!”

Un po’ di ottimismo sull’enforcement? Ci viene dal fisco americano, che non molla e vuole nomi e cognomi di chi ha conti in Svizzera. L’Internal Revenue Service statunitense ha varato un primo programma di voluntary disclosure nel 2009, in coincidenza con lo scandalo del colosso svizzero UBS – che ha consegnato 4.500 nominativi di correntisti - accusata di aver aiutato i contribuenti a evadere le imposte. In questo modo l’IRS ha incassato 400 milioni di dollari. Chi non aderirà al “condono” – tassato al 25% - dovrà vedersela con il mastino a capo dell’IRS, Douglas Shulman, che dice testualmente: “Non abbiamo intenzione di mollare sulle questioni internazionali. E il nuovo programma rappresenta l’ultima possibilità per i contribuenti di mettersi in regola prima che vengano scovati”.

2 commenti:

  1. Avevamo visto giusto sull'efficacia dell'enforcement statunitense: La prima pagina del Financial Times oggi apre con "US arrests Swiss banker on tax probe. A Credit Suisse banker has been arrested in connection with a long running US tax evasion investigation and could be one of several individuals to face charges this week as prosecutors turn their focus from institutions to bankers and wealthy clients.....The arrest is part of US government crackdown on tax evasion schemes that has been shaken Swiss banking secrecy".

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  2. "Ci vorrà molto tempo, la collaborazione dei nuovi governi e una buona dose di fortuna. E' facile perdersi", racconta Daniel Thelesklaf dell'Internationl Center for Asset Recovery di Basilea, Ong specializzata nel recupero dei fondi sottratti illegalmente dai regimi.

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