lunedì 21 gennaio 2013

La forza del Dalai Lama

Qualche tempo fa in prima pagina Repubblica ha ospitato una riflessione del Dalai Lama, dal titolo “La rivoluzione dei bonzi nel mio Tibet sempre più solo”.

Tutti si ricordano di Jan Palach, lo studente universitario cecoslovacco che si oppose dandosi fuoco ai carri armati russi nel gennaio 1969. Ma in Tibet le autoimmolazioni si ripetono. Dall'inizio del 2009 sono quasi 100. Da sacrifici personali si trasformano nel suicidio di massa di un popolo che preferisce morire, piuttosto che sottomettersi ai cinesi.

Il Dalai Lama scrive: “La tragica serie di autoimmolazioni è un sintomo forte della situazione di deterioramento che sta attraversando il Tibet. Si tratta di una questione politicamente molto delicata, perchè quando le autorità cinesi sentono che qualcosa è andato male in Tibet, quasi sempre cercano did are la colpa a me...Il metodo giusto per tornare al dialogo è di ricreare fiducia, mentre si crede di poterla imporre con la forza, che è una cosa illogica”.

Forza e fiducia sono in netta contrapposizione, per cui si genera l’effetto contrario e si genera paura. E infatti il Dalai Lama, rifacendosi al bussismo, una tradizione che ha più di 2500 anni, pensa che solo il dialogo sia la soluzione, che sia necessario avere un genuino rispetto per i diritti degli altri.

A me il Dalai Lama ha fatto tornare in mente l’orientalista, antropologo, scrittore e studioso Fosco Maraini, il quale accompagnò il tibetologo Giuseppe Tucci in Tibet nel lontano 1937. Maraini compì un secondo viaggio in Tibet, sempre con Tucci, nel 1948.

Con il titolo di Segreto Tibet (1952), Maraini non intende riferirsi alla scoperta di terre geograficamente sconosciute; invece allude all’esplorazione dell’animo tibetano, a quel complesso connubio di culti primordiali, cruenti e spiritualità buddista.

In Segreto Tibet Maraini descrive le condizioni del Tibet prima dell’invasione cinese del 1951.E’ l’ultima testimonianza di un mondo in gran parte scomparso.

Che bello viaggiare, ma non come dei “pacchetti”, espressione di mio padre che indicava il viaggiare inconsapevole, con il salame sugli occhi.

Come scrive Fosco Mariani in Segreto Tibet (all’interno di Incontro con Asia, De Donato Editore, 1973, p. 93): “Ci sono due modi di viaggiare. Nel primo si percorrono grandi distanze in poco tempo, ci si muove, ci si sposta, s’imparano a conoscere i lineamenti generali delle montagne, delle valli, gli aspetti più evidenti della gente e del loro carattere. Nell’altro si sosta, si va in profondo, si mettono un poco le radici e si cerca di suggere dalla terra l’invisibile linfa spirituale di cui si nutrono gli abitanti del posto. Ambedue sono modi legittimi, ambedue possono essere fonti di piacere, ambedue possono portare a utili conoscenze e comparazioni”.

1 commento:

  1. Bello e fonte di molteplici riflessioni, come sempre.

    Isabella.

    RispondiElimina