Beniamino Andreatta |
L’evangelista Matteo (6,24) scrive: “Non si può servire Dio e Mammona” (secondo il Devoto-Oli, Mammona è definita la ricchezza terrena idolatrata). Le vicende che ci accingiamo a raccontare testimoniano la difficoltà di scegliere da parte delle autorità vaticane.
L’intera vicenda mostra un’Italia inquietante, continuamente segnata dal crimine, mafioso o politico. Tutte ragioni ampiamente sufficienti perché un Istituto votato alle “opere di religione” si allontanasse a passi lunghi e ben distesi da certi personaggi.
Cogliamo allora l’occasione per parlare di una figura eccelsa, di un riformatore solido e geniale, Beniamino Andreatta. Accademico, politico, pubblicista, fondatore di Università e Istituti di Ricerca (AREL http://www.arel.it/), animatore della vita culturale italiana. Deputato e Senatore della Repubblica, più volte ministro, membro e presidente di Commissioni Parlamentari. In particolare, Ministro del Tesoro dal 1980 al 1982.
Così lo ricorda Tommaso Padoa-Schioppa: “Il tratto più caratteristico della personalità di Nino Andreatta fu l’eccezionale capacità di coniugare due termini che troppo spesso vengono contrapposti: disciplina e libertà e quasi scandalosa spregiudicatezza, la spregiudicatezza di chi non si stanca di cercare il meglio, ovunque possa trovarsi. Con questo tratto egli ha segnato la sua opera di economista e di uomo di cultura, ma ancor più la sua condotta al di fuori degli schemi convenzionali, innovando nei metodi, negli indirizzi, nelle pratiche di lavoro, nella scelta delle persone, nel modo di parlare”
Andreatta subì l’ostracismo della Democrazia Cristiana dopo la sua determinazione nella vicenda del Banco Ambrosiano. “L’establishment italiano è scheletrico e anchilosato, ma cattivo e pauroso. Dare prova di libertà costa carissimo”, ha affermato l’ing. Carlo De Benedetti (Per Adesso, F. Rampini, Longanesi, 1999). “Come Ministro del Tesoro, dopo il fallimento dell’Ambrosiano fece in Parlamento un memorabile discorso d’accusa contro lo IOR e il Vaticano. Dopo quell’episodio Andreatta fu emarginato dalla vita politica italiana per dieci anni. Solo la sua intelligenza e la sua passione politica lo hanno riportato a galla, dopo Mani Pulite”.
Allora andiamo a rileggere il discorso, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, VIII legislatura, 2 luglio 1982. Andreatta rivendicò con convinzione la linea della fermezza tenuta durante gli sviluppi del “più grande scandalo finanziario del dopoguerra”:
"…L’atteggiamento di fermezza delle autorità italiane è stato approvato dalle autorità monetarie di molti paesi. Anche la collaborazione mostrata di recente da ambienti bancari, solitamente chiusi e riservati, è stata aiutata dal nostro diniego di assumere obbligazioni al di là dei limiti cui ci sentivamo tenuti dagli accordi di Basilea e cioè soltanto nei confronti dei creditori esteri di istituzioni aventi residenza in Italia. Ma questa fermezza ha avuto effetti anche per assicurare alla giustizia uomini legati a questo e ad altri episodi che hanno turbato la vita del nostro paese…
…Nell’assumere questa posizione di fermezza ero consapevole dei rischi che il credito del paese avrebbe potuto correre. Le operazioni concluse sui mercati internazionali degli ultimi mesi avevano mostrato che questi pericoli non dovevano essere sopravvalutati.
L’Italia non è una repubblica delle banane; questa vicenda, come altre che ci stanno davanti, dovrebbe ricordarci che la fermezza non è la peggiore delle strade.
Il Governo di attende che vi sia una chiara assunzione di responsabilità da parte dello IOR, che in alcune operazioni con il Banco Ambrosiano appare assumere la veste di socio di fatto”.
Vi aspettiamo domani per la seconda parte.
Nessun commento:
Posta un commento