Giulio Andreotti e Licio Gelli (P2) |
Sembra che i professori abbiamo preso alla lettera lo storico Eric Hobsbawm: siccome il 900 è un "secolo breve", allora arriviamo se va bene fino alla prima guerra mondiale.
Quando a lezione in università parlo di vicende di fine '900, vedo dei volti attoniti, facce da triglia,meraviglia sommata a ignoranza crassa.
Allora colmiamo qualche lacuna.
Domani, 29 settembre, a distanza di 34 anni, cade l’anniversario della morte a Lugano - dove si era rifugiato per sfuggire agli arresti - del politico e banchiere democristiano Giuseppe Arcaini, direttore dell’Istituto di Credito delle Casse di Risparmio italiane, comunemente denominato Italcasse.
L’Italcasse aveva la funzione di investire la liquidità in eccesso raccolta dal sistema della Casse di risparmio sparse sul territorio.
Arcaini fu costretto a dimettersi nel 1977, dopo vent’anni di direzione, perchè coinvolto nello “scandalo Italcasse”, accusato di peculato e di interesse privato per una serie di fondi neri e di mutui concessi a imprenditori amici e a partiti di governo, in particolare alla Democrazia Cristiana e alla corrente politica di Andreotti.
Aldo Moro prigioniero delle BR |
La copertina di “Op” diretto dal giornalista Mino Pecorelli del 14 ottobre 1977 titolava: “Presidente Andreotti a lei questi assegni chi glieli ha dati?”, pubblicando all’interno l’elenco completo di una serie di assegni incassati, secondo Pecorelli, da Andreotti, in cambio di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto che l’Italcasse aveva elargito, tra gli altri, al gruppo chimico Sir di Nino Rovelli, ai fratelli Caltagirone e alla società Nuova Flaminia facendo capo a Domenico Balducci, organico alla banda della Magliana e al mafioso Pippo Calò.
L'omicidio di Mino Pecorelli (Op) |
Proprio Moro nei manoscritti autografi - scritti durante la prigionia - rivelò come la nomina a direttore generale dell’Italcasse del successore di Arcaini fosse un evento inquietante perchè la scelta sarebbe stata delegata da Andreotti al sodale Gaetano Caltagirone, cosicché questi avrebbe potuto sistemare agevolmente la propria posizione debitoria, scegliendo un nuovo direttore dell’Italcasse a lui favorevole.
Il gruppo Caltagirone allora aveva un’esposizione verso Italcasse di circa 209 miliardi di lire e il Gruppo Sir di Nino Rovelli per 218 miliardi (cifre elevatissime per allora).
Così Aldo Moro: “E lo sconcio dell’Italcasse? E le banche lasciate per anni senza guida qualificata, con la possibilità di esposizioni indebite, delle quali non si sa quando ritorneranno e anzi se ritorneranno. E’ un intreccio intollerabile nel quale si deve operare con la scure”.
E’ da tenere a mente che quattro giorni dopo l’assassinio di Mino Pecorelli, il 24 marzo 1979 avvenne l’attacco clamoroso alla Banca d’Italia che si concretizzò con l’arresto di Mario Sarcinelli, responsabile del Servizio Vigilanza, e l'incriminazione e il ritiro del passaporto al Governatore Paolo Baffi
Come ho scritto, una delle cause della messa in stato d’accusa dei massimi vertici di Banca d’Italia è stata aver fatto sciogliere il cda dell’Italcasse, cioè del più importante istituto di credito dominato dal potere democristiano.
L’economista d'impresa - nostro sempiterno riferimento - Marco Vitale scrive: “Quando nel 1975 Carli lascia la Banca d’Italia, ed alla sua guida subentra Baffi, la linea della Banca d’Italia cambia. Recupera la sua volontà di guida del potere bancario, sia sul fronte della gestione della moneta, che sul fronte della Vigilanza sulle aziende di credito e sulla corretta amministrazione delle stesse. In un certo senso, ritornando a fare severamente il proprio mestiere, la Banca d’Italia di Baffi e Sarcinelli accetta il rischio di essere considerata, per usare la terminologia di Carli, “sovversiva” ed è per questo che va punita....Il nuovo corso della Banca d’Italia dava fastidio”.
Se il sistema bancario non è più governato dai partiti, lo si deve anche a Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, grandissimi civil servant.
P.S.: si raccomanda la lettura di Giancarlo De Cataldo, Romanzo Criminale, Einaudi, 2002
Abbiamo reso un omaggio, citandolo, allo storico Eric Hobsbawn, che ieri a 95 ha lasciato questa Terra.
RispondiEliminaLo ricordo con le parole di Guido Crainz: "Un grandissimo storico, capace di sintesi, di ampi sguardi comparativi e al tempo stesso di profondi lavori di scandaglio. Dotato di una scrittura avvincente e suggestiva, sorretta da una mole enorme di riferimenti culturali. Uno studioso straordinario e felicemente onnivoro, con un talento nello spaziare nei più diversi campi: attento alla società e ai grandi processi economici, ai simboli e ai rituali, alle utopie e agli orizzonti mentali del quotidiano": Ti sia lieve la terra, Eric.
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