lunedì 22 settembre 2014

La crisi della scuola italiana. Che fare? Precari ope-legis no grazie!

La scuola italiana perde colpi da tempo. Nelle analisi  internazionali - dal PISA (Programme for International Student Assessment) all'OCSE - si evidenzia la buona performance della scuola d'infanzia e primaria (fiore all'occhiello) per poi vedere una costante discesa a partire della scuola secondaria.
L'ultimo rapporto Ocse - Education at a glance 2014 - mette in luce che:
1) I numeri dei NEET, giovani che non studiano nè lavorano - sono ancora aumentati, così come sono saliti gli abbandoni scolastici, mentre le immatricolazioni scolastiche sono ulteriormente diminuite. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, scrive che "queste tendenze testimoniano la mancanza di fiducia nel valore dell'istruzione. Occorre dissuadere in ogni modo i giovani che studiare "tanto non serve".
2) La qualità dell'istruzione di base in Italia è notevolmente migliorata nell'ultimo decennio ma il livello di competenze degli italiani rimane modesto nel confront internazionale. "Avanziamo ma gli altri vanno più veloci".
3) Tra il 2000 e il 2011 la spesa pubblica per l'istruzione si è fortemente contratta in Italia. Per la prima volta la spesa annua per studente della scuola d'infnazia e di quella primaria è scesa al di sotto della media europea. Conta certo come si spende ma restringere le risorse complessive non è un buon segno.

Nelle scuola il diritto degli studenti a ricevere una buona istruzione deve contare di più. La scuola è sempre stata incentrata sui diritti dei docenti (l'80% della spesa è assorbita dagli insegnanti, i quali, con la bassa natalità , stanno diventando troppi in relazione agli alunni) quando il focus dovrebbe essere lo studente, la sua capacità cognitiva, di apprendere, le sue competenze di literacy, nella comprensione dei testi e nella logica.
Nella scuola italiana sono i docenti - che si oppongono a qualsiasi valutazione - ad essere dominanti, che fanno il bello (quando si è fortunati) e il cattivo tempo. Nella scuola pubblica si trovano docenti eccellenti e docenti improbabili. E tutti guadagnano la stessa somma! Se il reddito è diverso, è solo per ragioni anagrafiche poichè l'unico parametro per vedere uno stipendio più alto è l'anzianità.

Concordo con la lettrice Gloria Roti che sul Corriere della Sera del 11 settembre scrive: "Tutti i giorni si legge che gli insegnanti percepiscono uno stipendio basso in rapporto al ruolo che svolgono. Non viene detto, però, che le ore di insegnamento sono 18 settimanali più qualche ora per le riunioni scolastiche. E' pur vero che hanno compiti da correggere (solo le insegnanti di italiano e matematica, aggiungo: docente di educazione fisica corregge i compiti?, ndr) e i programmi da preparare (non tutti lo fanno), ma queste attività vengono svolte nelle abitazioni con la possibilità comunque, di accudire I figli e dare un'occhiata alla "pentola che bolle sul fuoco". Poi le vacanze natalizie, pasquali e altro. Ci sono persone, laureate, che escono di casa alle 8 del mattino e rientrano la sera tardi con uno stipendio anche inferiore a quello degli insegnanti. Basta lamentarsi: sono privilegiati rispetto ad altri lavoratori".
Un alto dirigente di Intesa Sanpaolo mi ha confermato di recente che il salario d'ingresso di un laureato in economia è di 1.200 euro al mese. E da giugno a settembre tarella di brutto.

Tutti coloro che si occupano di scuola, dovrebbero leggere il rapporto della Fondazione Agnelli - che dice: "Senza valutazione, oggi è impossibile fare diagnosi precise dei punti di forza e di debolezza del sistema scolastico delle singole scuole. Senza valutazione si corre il rischio di un ulteriore crollo di fiducia nella scuola pubblica, con le famiglie più avvertite che la abbandonano".

Se pensiamo al boicottaggio di molti docenti delle prove INVALSI, necessarie e certamente da migliorare, ma non certo da ostacolare, non è un bel quadro.

Non è certo confortante leggere che il Governo intende assumere ope legis 150mila precari- che quindi non hanno mai superato il concorso - senza alcuna condizione. Come scrive Michele Pellizzari sulla Voce.info  "l’assunzione  dei 150mila precari pone una questione enorme di qualità degli insegnanti.  Purtroppo, gli errori del passato hanno creato una situazione nella quale il diritto di molti a essere assunti in modo stabile nella scuola presumibilmente contrasta col diritto degli studenti ad avere docenti capaci. Non è colpa dei precari, ovviamente.
Tuttavia, guardando i numeri e la composizione delle graduatorie non si può non sospettare che alcuni degli iscritti non siano esattamente gli insegnanti più preparati. Per esempio, i 916 iscritti nelle graduatorie per la classe di concorso steno-dattilografia, oltre a essere abilitati per una materia ormai non più nei programmi, avranno probabilmente vinto il concorso diversi anni fa, magari qualche decennio fa. Nel frattempo cosa hanno fatto? Ammesso che al momento dell’iscrizione in graduatoria fossero ottimi insegnanti, oggi lo sono ancora? Mi si perdoni la franchezza, ma sarei sinceramente preoccupato se i miei figli dovessero averli come insegnanti (di che materia non si sa) nell’anno scolastico 2015-2016".

5 commenti:

  1. caro Beniamino bella analisi ma potrebbe essere approfondita oltre perché molte sono ancora le dicotomie che troviamo.
    i tuoi figli che vanno in una scuola del centro, dove la popolazione residente è:"di un certo tipo" passatemi il temine, sono più fortunati semplicemente perché nell'Italia del: "lei non sa chi sono io" la pressione che questi soggetti possono esercitare funziona anche a questi livelli e cattivi insegnanti vengono fatti brillare molto più velocemente che in periferia:
    volgiamo passare al salario degli insegnanti dove quanti da te citati oltre a dare un occhiata alle pentole svolgono ripetizioni in nero! i sistema è fatto ad oc perché questo possa continuare a perpetrarsi negli anni.
    per quanto riguarda il merito questo è il capitolo più vergognoso della nostra italietta ma dobbiamo continuamente accontentarci di docenti "zero tituli" per parafrasare un allenatore a te caro.
    occuparsi dell'educazione dei figli è un compito durissimo dove gli errori costano cari.
    grazie del contributo e buon lavoro
    Andrea Digirolamo

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  2. Ricevo e pubblico:

    ARGOMENTO ...SPINOSISSIMO..soprattutto ora che “inizia” la scuola!! le verità sono molte...certo è che si è perso di vista il senso stesso dell’istruzione che DEVE avere un ruolo centrale in uno Stato Evoluto e deve essere svolto con un ALTISSIMO LIVELLO DI PROFESSIONALITA’ E RESPONSABILITA’. Nessuna delle due caratteristiche è appannaggio dello status attuale..dove miseri impiegati corrono ad arraffare il magro stipendio ..tutelati da una selva inestricabile di privilegi deliranti.. che UMILIANO i migliori e favoriscono i peggiori..coperti da una struttura corporativistica medioevale dove anche di fronte al peggior reato di rilevanza penale..l’utenza viene invitata a fare/ denunciare da sè... mala tempora currunt...cambierà qualcosa?? le teste dovrebbero cambiare...se fate un lavoro Pro panem..per favore non fare i “maestri”!

    Claudia

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  3. 3° L’Istruzione

    Il secondo livello di istruzione, quello “superiore”, vale a dire liceo, ragioneria, perito, geometra ecc. non è invece obbligatorio, ma è una scelta dell’interessato.
    Allora a questo punto le cose, nelle scuole “superiori”, possono cambiare in modo radicale rispetto alla situazione attuale in quanto, prendendo atto che è il cittadino il “motore”, cioè quello che ha scelto di avere quella tale istruzione “superiore”, sarà lui che dovrà fare tutto il possibile per conseguirla.
    Caso mai lo Stato si impegnerà a fornirgli, con adeguata e possibilmente modica spesa, la struttura relativa, cioè, per fare un esempio, l’istituto statale per i ragionieri......
    Ma sia ben chiaro che questa scuola, pubblica o privata che sia, rilascerà soltanto un “attestato di frequenza”.
    Sono aboliti i diploma. D’altra parte non esistono, in queste nuove scuole, né i voti né obblighi di esame di nessun tipo, né durante i corsi né alla fine. Esiste solo l’obbligo di frequenza. Tutt’al più l’interessato, se lo desidera, potrà chiedere lui stesso al suo insegnante di essere interrogato su quella materia per verificare il livello di apprendimento conseguito e l’insegnante glie lo comunicherà verbalmente. Qualsiasi comunicazione scritta che riguarda il profitto è priva di ogni valore legale.
    Non vi sembra una bella novità che risolverebbe vari problemi?
    Cominciamo dal problema disciplinare: automaticamente risolto perché se io vado a scuola per fare casino, non tanto l’istituto, quanto proprio i miei compagni di scuola si adopereranno per cacciarmi perché disturbo quando nessuno mi obbliga a star lì.
    Se poi ci sto solo perché mi interessa il certificato di frequenza, non l’istruzione, è sufficiente che mi metta al banco a leggere il giornale o a giocare con il mio piccolo PC che nessuno mi dirà niente, basta che non rompo le palle agli altri che invece vogliono imparare.
    Questo per quanto riguarda gli alunni.
    Ma qualcosa di simile vale anche per i professori. Se infatti ci si imbatte in un professore “nullafacente”, ai miei tempi ce n’era qualcuno, saranno gli stessi alunni che dovendo “imparare” e non conseguire il diploma, si rivolgeranno a chi di competenza, il Preside per esempio, per risolvere il caso.
    E che ne dite del problema della scuola privata? Risolto anche questo perché con il sistema descritto non si andrà alla scuola privata per conseguire il “pezzo di carta” dietro pagamento di un compenso, come spesso oggi si fa, ma per avere per esempio una migliore assistenza per imparare veramente di più e meglio.
    E allora te la paghi questa migliore assistenza pagando tu, e non certamente lo Stato, la retta che la scuola richiede.
    Si instaurerà così un sistema di sana competizione tra la scuola privata e la pubblica per chi insegna meglio. Vi pare poco?
    Direte voi: ma con questo attestato di frequenza che conseguo alla fine per es. della scuola dei ragionieri, che ci faccio? Dipende. Se per es. vuoi fare la libera professione devi iscriverti all’Albo dei Ragionieri. Sarà l’Albo allora che, preso atto del tuo attestato di frequenza, ti farà un bell’esame, un esame vero, perché è suo interesse iscrivere soggetti che non solo hanno frequentato la scuola ma che sono anche preparati e non somari, magari raccomandati.
    Analogamente se aspiri ad essere assunto dalla ditta Pinco Pallino sarà interesse della ditta verificare il tuo livello di preparazione, come d’altra parte già oggi avviene.
    Se poi con questo attestato di frequenza ti vuoi iscrivere alla facoltà di Economia e Commercio o similari ci vai e ti iscrivi, se ti accettano. Se invece quella facoltà ha previsto un esame di ammissione, lo fai. Ma attenzione: sarà un esame per conseguire una ammissione, non un ”titolo di studio”.
    Che ne dite? Non vi pare una vera riforma dell’istruzione di secondo livello?
    Ma è una riforma che richiede grossi investimenti? Mah, mi pare proprio di no.
    È una riforma che richiede un convincimento forte per superare senza pietà un sistema basato da sempre sul cosiddetto “titolo di studio”? Mi pare proprio di si.
    danilo.severini@gmail.com

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    1. quanti figli in età scolare/adolescenti hai in casa?

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  4. Dai remarks di Ignazio Visco; Governatore Bankit, Roma, 23 settembre 2014:

    How should the education system adapt to enable the teaching of those skills essential to keep up with new technology?

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