Come dice Milan Kundera nel Libro del riso e dell'oblio (Adelphi, 1998) "La memoria è l'arma dei deboli contro i forti". Allora torniamo al racconto dei fatti. Qui trovate il link alla prima parte, pubblicata lunedì.
Come mai nel 1979 il “coacervo politico-affaristico-giudiziario" prende di mira e vuole punire la Banca d’Italia? Quali sono le "colpe" di Baffi e Sarcinelli?
1) aver fatto sciogliere il cda dell’Italcasse, cioè del più importante istituto di credito dominato dal potere DC;
Beniamino Andreatta |
3) l’opposizione ferrea ai piani di salvataggio delle banche di Sindona, il cui commissario liquidatore era Giorgio Ambrosoli .
Umberto Ambrosoli scrive: “Queste sollecitazioni mirano a far sì che alla liquidazione sia data una soluzione fantasiosa...il buco lasciato dalle condotte criminose di Sindona sarebbe stato ripianato con i soldi della collettività. Di fatto, sarebbe stato annullato il provvedimento di commissariamento e messa in liquidazione della banca, Sindona sarebbe stato restituito vergine alla sua capacità di continuare a fare affari in Italia, sarebbe venuto meno il processo penale: tutto grazie ai soldi della collettività”.
Sarcinelli alle sollecitazioni di Andreotti, Evangelisti e l’avv. di Sindona Guzzi rispose: “Noi non guardiamo cose che ci provengono dagli avvocati di persone che secondo noi sono dei bancarottieri, perchè dobbiamo guardarlo?”
Giorgio Ambrosoli |
Baffi e Sarcinelli vennero scagionati nel 1981 per l’assoluta insussistenza delle accuse. E’ significativo ricordare che al momento di lasciare la Magistratura, dopo 42 anni di carriera, il Sostituto Procuratore dellaa Cassazione, Cesare d’Anna scrisse: “Mi sia permesso di chiudere la mia carriera con un atto di umiltà: a nome di quella giustizia italiana che non ho mai tradita, intendo chiedere solennemente perdono ai professori Baffi e Sarcinelli ed a tutte le eventuali vittime di un distorto, iniquo esercizio del potere giudiziario”.
Marco Vitale con rammarico ed un filo di sarcasmo scrisse: “Ho sempre sostenuto che la nomina da Baffi a governatore delle Banca d'Italia è stata l'unica riforma di struttura degli anni '70. Non è dunque un caso che Baffi e Sarcinelli siano trattati come malfattori. […] Così come non è un caso che tutta l'Italia seria, quella che guarda al futuro e non al passato, ha subito compreso, al di là del merito giuridico, il significato politico dell'episodio e dice a Baffi ed a Sarcinelli: resistete. […] La realtà è che questa Banca d'Italia seria dava fastidio e meritava una lezione. Così come merita una lezione tutta questa Italia seria che sta cercando, con tutta fatica, di ricostruire il proprio tessuto economico e il proprio volto di paese civile.”
Federico Caffé |
Il 24 Aprile 1979 gli economisti che firmarono il manifesto appena menzionato, furono convocati in massa presso il Palazzo di giustizia ed interrogati dal giudice istruttore Alibrandi. Gli economisti vennero maltrattati con frase denigratorie o accusatorie del tipo: “Levi i gomiti dal tavolo, qui il professore sono io” o “Avrebbe firmato un manifesto per le Brigate rosse? (un magistrato ha il coraggio di paragonare Baffi e Sarcinelli alle Brigate Rosse, la fine della storia, direbbe Fukuyama, ndr)”.
Paolo Baffi |
Ma nelle memorie (documento storico eccezionale) consegnate a Massimo Riva e pubblicate su Panorama l’11 febbraio 1990 - che potete trovare ai link: Cronache brevi prima parte ; Cronache brevi seconda parte - Baffi commentò: “Queste parole piuttosto pacate non danno certo misura dell’amarezza e dello sdegno che io provavo in quei giorni: ma se vi avessi dato sfogo, forse mi sarei procurato nuove incriminazioni".
Così Carlo Azeglio Ciampi: “Nell'ottobre del 1979, Paolo Baffi rinunciò alla carica di Governatore nel timore che la Banca risentisse della vicenda giudiziaria che ne aveva tanto ingiustamente colpito il vertice. La dignità di cui Paolo Baffi diede esempio ne ha innalzato la figura”.
Caro Paolo Baffi, sei uno dei nostri più alti riferimenti. Nella dispensa per gli studenti, chiudo un approfondimento su Paolo Baffi riportando le parole di Massimo Riva – Una stella nel cielo degli onesti (La Repubblica, 8 agosto 1989): “Con la coscienza tragica di Prometeo, Paolo Baffi sapeva altrettanto bene che la libertà e la dignità dell’uomo si riscattano solo facendo il proprio dovere, avvenga che può. Lasciandosi questa lezione alle spalle, ora è andato ad arricchire quel cielo stellato sulle nostre teste, a cui guardano tutti gli uomini che, pur in tempi di degrado dell’etica pubblica, non hanno perso la volontà di fare la propria parte anche a costo di suscitare la vendetta degli dèi. Basterà allora alzare gli occhi: in quel cielo da ieri notte c’è una stella in più e la sua luce risulta già più forte delle trame e dei mediocri maneggi dei piccoli mercanti che ancora occupano il tempio della politica”.
Caro Governatore, ti sia lieve la terra.
Per approfondimenti si consiglia:
Sandro Gerbi (a cura di) Giorgio Ambrosoli. Nel nome di un'Italia pulita, (con contributi di U. Ambrosoli, G. Modolo, G. Turone e S. Bragantini), Aragno, Torino 2010
Giuseppe Amari (a cura di), In difesa dello Stato al servizio del paese, Ediesse Editore, 2010
Giorgio Ambrosoli e Paolo Baffi. Due storie esemplari, Università Bocconi Editore, 2009
SIBC, Atti del convegno Etica pubblica e poteri di controllo: la vicenda Baffi, Sarcinelli, Ambrosoli, Roma, 22 ottobre 2009
Umberto Ambrosoli, Qualunque cosa succeda, Sironi Editore, 2009
Corrado Stajano, Un eroe borghese. Il caso dell’avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica, Einaudi, 1991
Paolo Baffi. Testimonianze e ricordi, Scheiwiller, 1990
Paolo Baffi, Cronache brevi, pubblicate da Panorama, 11 febbraio 1990
Marco Vitale, Intervento al Circolo Società Civile, il 15 maggio 1989
"L’Italia, purtroppo, è molto vicina a un punto di non ritorno; nonostante le cure chirurgiche di “Mani pulite”, le metastasi della corruzione hanno continuato ad invadere il tessuto economico, sociale e politico della nazione. Una riscossa morale, deontologica, è l’unica che può condurla a salvamento; come ho già detto, la si può attendere solo dai giovani, se saranno pensosi non solo del proprio avvenire, ma anche di quello della nazione.
RispondiEliminaNon per questo l’indirizzo consequenzialista è da abbandonare. La vita è troppo complessa e non ammette soluzioni semplici, belle e pronte per ogni situazione." [Sarcinelli, Milano, 5 amrzo 2012]