lunedì 26 settembre 2011

Omaggio a Franco Modigliani, economista di razza e grande professore

8 anni fa, il 25 settembre 2003 moriva l’economista Franco Modigliani – Premio Nobel per l’economia nel 1985. La sua vita è stata in modo suggestivo raccontata con l’aiuto di Paolo Peluffo – biografo di Carlo A. Ciampi - in Avventure di un economista, Laterza, 1999.

Modigliani nelle sue memorie racconta degli episodi della sua vita che trovo veramente significativi.

Arrivato negli States mi fu subito evidente come il sistema universitario fosse più umano ed efficiente rispetto alla insopportabile impersonalità delle università italiane: pochi baroni che insegnavano a masse di studenti sconosciuti, attorniati da piccole folle di petulanti e servili assistenti. Il cameratismo e l’amicizia che spesso nascono tra professori e studenti è una delle caratteristiche dell’insegnamento superiore degli Stati Uniti e una delle ragioni del suo indubbio successo”.

Nel 1955 tornai in Italia come lettore. La mia impressione negativa fu fortissima. Avevo scordato quanto profonde fossero le differenze fra il sistema di educazione universitario negli Stati Uniti e in Italia. Il sistema italiano era una struttura a tre caste, in cui i pochi, e per la maggior parte anziani professori, occupavano la casta superiore, immediatamente inferiore a Dio, mentre un gruppo consistente di speranzosi e servili assistenti rappresentava la seconda casta, lo strato intermedio, e gli studenti, dei quali nessuno si occupava, costituiscono la base della piramide”. Ci chiediamo se sia cambiato qualcosa dal 1955 ad oggi.

Il Rettore dell’Università di Roma mi definì, mentre ero già full professor, un “giovine promettente”. Modigliani racconta anche un altro episodio emblematico. In occasione di un convegno di economisti a Washington, il professor Corrado Gini (famosissimo statistico, inventore dell’indice di Gini sulla concentrazione del reddito e della ricchezza, ndr) – tirò fuori l’orologio dal taschino e chiese a Modigliani: “Senta, ieri mi si è rotto l’orologio, me lo potrebbe far accomodare, per cortesia, e poi me lo fa recapitare in albergo?”. Modigliani rispose che la richiesta avrebbe dovuto farla al garzone della portineria dell’albergo. “Così si saggiava di che pasta eri fatto. Quanto eri in grado di subire pur di accattivarti la benevolenza del capo. Questa è una delle origini profonde della crisi italiana. Perchè una classe dirigente che è stata selezionata in base alla sua capacità di subire umiliazioni, di non avere amor proprio, è quella che non è in grado di guidare l’Italia”.

In relazione al rapporto con gli studenti, Modigliani ricorda: “Negli Stati Uniti professori e studenti hanno sempre ragionato insieme, mangiato insieme, vissuto negli stessi luoghi. Ricordo il silenzio assoluto degli studenti mentre facevo lezione a Roma. A un certo punto mi spazientii e dissi loro: “Ma insomma, non avete proprio niente da criticare delle cose che sto dicendo?”. Spesso dico ai miei studenti: “Fate domande, cercate di capire veramente le cose. Io non ho delle verità rivelate, pongo delle domande, ma non ho delle risposte certe; l’economia non è una scienza esatta”.
Anch'io nel mio piccolo spesso durante le prime lezioni ho un pubblico intimidito, non abituato a fare domande, piegato mentalmente dalla nefasta gerarchia per cui al prof. è meglio non chiedere sennò si arrabbia. Lo studente ha il sacrosanto diritto di chiedere e di ottenere risposte esaurienti. E' finito il tempo dei baroni.

Come Carlo Azeglio Ciampi che saltò la quinta elementare e la terza liceo - Franco Modigliani saltò una classe; decise di saltare la terza liceo in un periodo in cui la licenza liceale era durissima. “Lavorammo come bestie”, racconta. E quell’anticipo fu decisivo perchè gli consentì di laurearsi nel 1939 prima di partire per gli Stati Uniti, fuggendo dall’Europa nazi-fascista. “Arrivammo negli USA il 28 agosto 1939, tre giorni prima che Hitler invadesse la Polonia e scoppiasse la guerra”.

Modigliani con Carlo A. Ciampi
Gian Antonio Stella – Modigliani: non fate i furbi, in una intervista del 20 aprile 1998 – scrisse: “Pochi italiani, forse, amano l’Italia come l’ama Franco Modigliani. Un rapporto struggente, malinconico, forte come sanno essere struggenti, malinconici solo gli amori contrastati. Cresciuti sul dolore, il tradimento, la diffidenza, la riconciliazione, la serenità ritrovata, la delusione”.

Caro Franco Modigliani, ti sia lieve la terra.

4 commenti:

  1. dopo NY il blog!!! bravo! Come rifondare l'Italia? aspetto una tua ricetta...!! L'università per prima ...la mia migliore amica è professore a contratto e ho cugine ricercatrici cnr...lo spettacolo è indegno!!! vabbè Piccone for president!cla

    RispondiElimina
  2. Credo davvero in questo tipo di rapporto! un modo davvero vero di insegnare! insegnare significa dedicare ad altro le conoscenze, le emozioni, le testimonianze! ma come ogni tipo di rapporto se rema solo uno, la barca non arriva dove potrebbe!..crediamoci in un italia migliore, perchè qualcosa si muoverà!anche se da quando ho iniziato a leggere i quotidiani sebbene con parole diverse, ma siamo rimasti immobili! WAKE UP..specialmente noi giovani!!!..dormiamo anestetizzati!..
    buona giornata!.
    Federico

    RispondiElimina
  3. D’accordissimo: era una gran bella testa
    Ciao
    paglia

    RispondiElimina
  4. Roberto Camurri nella sua introduzione al libro di Franco Modigliani : " L'ITALIA VISTA DALL'AMERICA"
    parlando di Pintor e Modigliani e di come si divisero le strade i due grandi talenti scrive :
    " Si compiva così un duplice destino : Mussolini regalava all'America una delle più grandi intelligenze del secolo scorso,l'Italia democratica perdeva uno dei suoi intellettuali e uomini politici più promettenti". Modigliani andò prima a Parigi poi da Le Havre a New York e Pintor moriva come partigiano.
    In Italia è una storia che si ripete spesso, anche nell'antichità a cominciare da Dante e Leonardo da Vinci! Conosciuti e studiati ancora oggi in tutto il globo! Assistiamo oggi a quella che viene definita la fuga dei cervelli. Bene anzi benissimo,oppure peggio ancora, quello che io definisco l'orrendo crimine non dare la possibilità di poterlo mettere a frutto questo talento perchè non lo si vuole considerare o lasciando completamenti soli chi lo possiede poichè non ha nulla fuorchè quello, e non è considerato accattivante in quanto non circondato dai soliti privilegi tra cui includo (osservo quanto vincenti)l'ottusità,la superbia e l'ignoranza esibita con orgoglio!Oh Yes!Ho visto menti eccelse:escluse, criticate e derise!Non sarebbe il caso di porre rimedio al super tragico nonchè deleterio errore? Cominciamo a non rendere la vita degli intelligenti difficile, non sentiamoci invidiosi accanto a loro, accettiamo anche le donne intelligenti(ancora sento dire che una donna, non deve farsi vedere troppo intelligente). Dal genio non può che scaturire qualcosa di bello, grandioso, edificante, scoperte che hanno permesso all'umanità di progredire e di vivere. Noi italiani dovremmo saperlo, basta vedere da quante belle cose siamo circondati! Essere un pò più grati e cerchiamo di impegnarci a cominciare dal nostro piccolo microcosmo.Si può fare molto.
    Lucia.

    RispondiElimina