lunedì 14 marzo 2016

Omaggio a Marco Biagi, giuslavorista di talento

Marco Biagi
In quale Paese al mondo i giuslavoristi e gli economisti del lavoro vengono ammazzati o devono viaggiare sotto scorta? Suvvia, lo sanno tutti, stiamo parlando del Belpaese.
Visto che la memoria è l'arma dei deboli contro i forti, cogliamo l'occasione per ricordare Marco Biagi, professore di diritto del lavoro, ammazzato dalle cosiddette Nuove Brigate Rosse il 19 marzo di 14 anni fa.

Martedì 19 marzo 2002 Biagi tenne una lezione a Modena, e come sempre, se n'era tornato in treno a Bologna, poi con la bici fino a casa. Qui, mentre apriva il portone, s'era sentito chiamare alle spalle, neanche il tempo di voltarsi e si trovò colpito a morte da sei colpi di pistola.
L'arma usata è una calibro 9, la stessa usata il 20 Maggio 1999 per l'omicidio di Massimo D'Antona.

La vedova di Biagi, Marina Orlandi, tempo fa ha ricordato che il marito voleva proteggere i giovani precari: "Proprio nei giorni prima di essere ucciso, ricordo che Marco mi parlava di una cosa che riguardava i ragazzi. Era consapevole che la società si stava trasformando e che avere un lavoro per tutta la vita, lo stesso a tempo  indeterminato, sarebbe stata una cosa praticamente impossibile, sarebbe arrivata tardi nella vita delle persone. Aveva in mente che bisognava difendere i lavori brevi. Purtroppo, ci sarà questa  precarietà, diceva Marco, pero' dobbiamo renderla una precarietà protetta, fare in modo che le persone che hanno un lavoro protetto abbiano anche dei diritti, siano protette, che una persona non trovi un lavoro in nero".

Dobbiamo a Biagi il Libro bianco sul mercato del lavoro. Collaboratore del Sole 24 Ore, quella mattina, in prima pagina, comparve il suo ultimo articolo, dal titolo "Chi frena le riforme è contro l'Europa".
Dopo l'omicidio scoppiarono giustamente le polemiche per la mancata scorta. Se nel luglio 2000 i responsabili della sicurezza gli assegnarono un servizio di tutela, nel settembre 2001 quell servizio fu abbandonato per "cessate esigenze". Va detto che il Ministro del Lavoro di allora Roberto Maroni chiese più volte al Viminale di ripristinare la protezione a Biagi. Il ministro dell'Interno Scajola si dimise successivamente a seguito dell'indignazione popolare seguita alla tremenda dichiarazione riportata dal cronista del Corriere della Sera: "Marco Biagi era un rompicoglioni". Lo stesso Scajola che comprava immobili al Colosseo a "sua insaputa".

La bici di Biagi illumina il futuro (Il Sole 24 Ore)
L'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, con cui Biagi collaborò, ebbe a dire: "Marco Biagi cercava di razionalizzare il capitalismo e non glielo hanno perdonato".

Dopo l'omicidio di Ezio Tarantelli, la gambizzazione di Gino Giugni, l'assassinio di Massimo D'Antona e di Marco Biagi. Povera Italia. Speriamo di non vederne più di questi atti di barbarie contro il pensiero libero.






martedì 8 marzo 2016

La Reggia di Caserta, un altro esempio nefasto del sindacalismo nostrano

In Italia la più grande stortura del mercato del lavoro è la drastica differenziazione di diritti e doveri tra il dipendente pubblico e il suo omologo privato.

Il dipendente pubblico può stare in malattia (spesso immaginaria, vedasi Moliere), quanto vuole, timbrare l cartellino per poi andare in canoa (vedasi il Comune di Sanremo), organizzare pletore di assemblee sindacali in orario di lavoro (mentre magari i turisti sono in coda al Colosseo in attesa di entrare), avere una produttività di un bradipo (come magistralmente raffigurato in Zootropolis), avere degli orari di lavoro a proprio piacimento (Checco Zalone ha dato il massimo in Quo Vado ).

L’ultima vicenda della Reggia di Caserta è l’ultimo episodio a metà tra la farsa e la tragedia. Il neo direttore Mauro Felicori è stato accusato da alcune sigle sindacali di mettere a rischio la Reggia poiché resta in ufficio “fino a tarda ora senza che nessuno abbia comunicato e predisposto il servizio per tale permanenza”.

Il punto dolente è che il direttore bolognese Felicori lavora troppo, si dà troppo da fare, è attivo, al contrario del suo predecessore. Non essendo storico dell’arte (scelto dal governo con un bando internazionale), Felicori ha stravolto l’organizzazione della Versailles italiana (modificato organigrammi, uffici e compiti) portando risultati eccellenti: +70% di presenze nel febbraio 2016 rispetto al 2015.

I sindacati non sopportano chi lavora, dimostrando in tal modo di tutelare chi non ha voglia di lavorare. Fa specie che mai alcuna parola si sia levata da parte dei sindacati per denunciare le famiglie abusive che vivono dentro la Reggia di Caserta. Renzi ha avuto buon gioco nel dire che “la pacchia è finita”. Magari fosse così. Questa gente se ne può stare bellamente in malattia, con i medici compiacenti, per i mesi invernali in attesa dell’estate quando si potrà timbrare e andare al mare in Costiera.

Chiudiamo con le belle parole di Felicori: “Se mi accusano di lavorare troppo mi fanno un complimento, c’è tanto da fare qui che mi sento obbligato a lavorare molto. Lo richiede la situazione in cui si trova la Reggia, ma anche la comunità casertana che sta riscoprendo l’orgoglio civico…La pubblica amministrazione è il personale che ci lavora. Mi ritengo un dirigente di idee…Sento una grande responsabilità, la Reggia è l’industria di Caserta”.

A fronte dei tanti quaraquaqua (Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, cit.) abbiamo persone nel pubblico impiego che lavorano duramente e sentono dentro di loro il fuoco del fare e dell’accountability. Premiamoli e mandiamo a casa chi si ostina a pensare che gli asini volano.

lunedì 29 febbraio 2016

In Italia si legge poco e male. Cosa si può fare? Rivitalizzare le biblioteche

Illustrazione di Guido Scarabottolo
Tempo fa Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera nel suo editoriale "Ciò che Renzi ancora non ha", scriveva: "C'è una relazione profonda tra il nostro declino degli ultimi venti anni e la circostanza che sì e no un italiano su due legga nell'arco di dodici mesi almeno un libro (un solo libro!), o che nella Penisola si registri ancora oggi un tasso elevatissimo di abbandono scolastico".

In Italia si legge poco, le analisi fornite dal rapporto di Federculture ci dicono che siamo tra i peggiori d'Europa.
La crisi economica ha sicuramente contribuito e ha inciso sulla spesa delle famiglie in cultura e ricreazione, che ha continuato a puntare verso il basso: già nel 2012, dopo dieci anni di crescita continua, si era verificato un calo del 4,4% e l'anno scorso ci si è fermati a 66,5 milioni di euro, registrando un ulteriore -3,3 per cento. Siamo all'ultimo posto in Europa in termini di partecipazione culturale: nel 2013 solo il 30% degli italiani ha visitato un museo (rispetto al 52% degli inglesi, il 44% dei tedeschi e il 39% dei francesi) e quasi 6 su 10 non hanno letto neanche un libro.  Segnalo il fatto paradossale per cui la Sicilia che ha dato i natali a Camilleri e il suo commissario Montalbano, è la regione dove si legge di di meno (fonte: Istat).

Il censimento del 1921 certificò la presenza del 16,2% di analfabeti su 38 milioni di abitanti, il Corriere arrivò tra il 1915 3 il 1918 a superare spesso il mezzo milioni di copie vendute, La Stampa le 200mila, il Resto del Carlino le 150mila. Sono numeri che i direttori di oggi si sognano di notte, con un'Italia (con 60 milioni di abitanti) non più completamente analfabeta, ma analfabeta di ritorno.

Cosa si può fare per uscire dalla palude della non lettura? Si devono mobilitare le risorse a favore delle biblioteche, che si devono aprire alle famiglie, ai quartieri, alla cittadinanza. Da luoghi tristi e impolverati, devono diventare spazi pubblici aperti e pieni di iniziative. Un luogo attrattivo dove andare spesso, non una volta nella vita, quando si fa la tesi di laurea.

Vale ciò che ha sostenuto Andrea Guerra, amministratore di Luxottica, che in un'intervista a Mario Calabresi sulla Stampa puntò l'attenzione sulla necessità di attrarre il pubblico nei negozi: «Cambiare mentalità significa anche ragionare in modo diverso: se tu vuoi vendere un paio di occhiali non devi ragionare come se il tuo concorrente fosse solo un altro produttore di occhiali, ma devi mettere a fuoco tutto ciò che è attrattivo in una fascia di prezzo tra 100 e 300 euro. In questo segmento c’è la più strepitosa competizione che esista oggi sul mercato: ci sono le scarpe, i telefonini, le borse, gli occhiali, la palestra, un fine settimana, un massaggio o un percorso in una spa. Insomma, non solo devi convincere una persona a spendere quei soldi ma devi fare una battaglia contro tutti gli altri. E’ una partita molto più complessa e le strategie tradizionali non funzionano più. Inoltre sono cambiati i modi di consumare»

Dal vostro osservatorio qual è il fenomeno nuovo più evidente? «E’ un fenomeno americano che porta a consumare e a comprare spinti dagli eventi: si entra nei negozi a San Valentino, per Natale, alla festa del papà o della mamma, e lo si fa meno nei periodi normali».
Secondo me, lo stesso discorso vale per le biblioteche, che dovrebbero organizzare eventi e incontri con scrittori, saggisti, professori per dibattere in pubblico sui temi che interessano alle persone.
In occasione dell'inaugurazione della sala di lettura e dell'intitolazione a Paolo Baffi della biblioteca della Banca d'Italia, il governatore di allora Carlo Azeglio Ciampi nel suo intervento citò Ortega Y Gasset (La missione del bibliotecario, Sugarco, 1984): "L'occuparsi di raccogliere, ordinare e catalogare i libri non è un  comportamento meramente individuale, ma è un posto, un topos o luogo sociale indipendente dagli individui, sostenuto, richiesto o deciso dalla società come tale non soltanto dalla vocazione occasionale di questo o di quell'uomo".

Siamo d'accordo con Roberto Montroni, presidente del Centro per il Libro e la Lettura, che in un intervento sul Sole 24 Ore ha scritto che "per generare un cambiamento l'importante è cominciare a piantare subito l'albero che avremmo dovuto piantare vent'anni fa, iniziando dai bambini, dai ragazzi".

Ezio Raimondi, illustre filologo e letterato, ci ha lasciato un messaggio, non disperdiamolo: "Nei libri c'erano gli esseri umani, con la loro verità, le loro parole profonde, le parole che toccano, che lasciano nel lago del cuore una risonanza che si prolunga nel tempo e mobilita quel tanto che c'è nella nostra fantasia".

lunedì 22 febbraio 2016

Omaggio a Umberto Eco, straordinario cultore del libro, della curiosità e della conoscenza

La notizia della morte di Umberto Eco mi ha intristito molto. Un gigante, uno straordinario personaggio. Cultore del libro, curiosissimo, bibliofilo di vaglia. Non a caso uno dei più riusciti aforismi di Eco è il seguente:                              
 
Lo leggevo fin da ragazzo. Ricordo ancora il momento in cui mio padre mi consigliò di leggere "Il nome della rosa": rimasi affascinato dalla figura di Bernardo Gui, terribile Inquisitore. Quando uscì il film tratto dal libro di Eco, mi convinse ancora di più il Gui interpretato da Murray Abraham, che poi vinse il premio Oscar con l'interpretazione di Salieri in Mozart. Oggi sul Corriere della Sera Abraham dice: "Sono orgoglioso del mio Inquisitore, che cercava colpevoli, ma in fondo, me lo ripetevo ogni giorno sul set, voleva penetrare il mistero della vita".

Eco disegnato da Tullio Pericoli
Stamattina, appena giunto in ufficio sono andato subito a cercare la cartelletta di carta "U. Eco", dove ho raccolto alcuni articoli di Eco degli ultimi 20 anni. Ne scelgo uno. Una bustina di Minerva sull'Espresso del 1° dicembre 2011. Si intitola "L'importanza di essere classico", e tratta dell'aumento delle iscrizioni al liceo classico.
Eco scrive: "Tutti sappiamo che il futuro sarà sempre più dominato dal "software" a scapito dell'"hardware", ovvero della elaborazione dei programmi più che dalla produzione di oggetti che ne consentono l'applicazione. Steve Jobs è diventato quel che è diventato non perchè ha progettato degli oggetti che si chiamano computer o tavolette (che ormai li costruiscono i paesi del Terzo mondo) ma perchè ha ideato programmi innnovatori che hanno reso i computer più efficienti e creativi di quelli di Bill Gates, che fa peggio a ogni nuova versione di Windows".
Con tutti gli intellettuali italiani pesanti come mattoni, Eco ci regalava con leggerezza alcune riflessioni, che valgono bien sur a distanza di tempo.
"Quindi - scrive Eco - l'avvenire è di chi sappia ragionare in modo da inventare programmi. E si dà il caso che chi abbia fatto una tesi di logica formale, di filologia classica (come Carlo Azeglio Ciampi!, ndr), di filosofia, abbia allenato una mente più adatta a inventare programmi (che sono materia del tutto mentale) di chi abbia studiato come fabbricante di "ferraglia".
Eco visto da Pericoli
(...) C'era una volta un signore che si chiamava Adriano Olivetti (imprenditore sovversivo, secondo la perfetta definizione di Marco Vitale, ndr), il quale, quando ancora i computers occupavano ciascuno uno stanza - assumeva laureati in materie umanistiche, che magari avevano fatto una tesi (ma una buona rigorosa ricerca) su Aristotele o su Esiodo, poi li mandava per sei mesi in fabbrica, perchè capissero per chi dovevano lavorare, e alla fine ne faceva delle menti altamente produttive per un futuro tecnologico.
Italiani, allora, cercate certo di coltivare un poco di più le materie scientifiche, ma vi invite alle "humanitates" non abbandonate (e non condannate a morte) gli studi umanistici. Il future è di chi sappia con mente agile unire quelle che P. C. Snow (che non aveva capito gran che) chiamava le "due culture", ritenendole irrimediabilmente separate".

Chiudo con una battuta del suo amico jazzista Gianni Coscia, che ha raccontato una telefonata con la madre di Eco, la signora Rita, che gli disse al telefono: "Gianni, convinci Umberto a fare Giurisprudenza come te. Vuole fare Filosofia. Ho così paura che rimarrà senza lavoro e morirà di fame". Gianni, con ironia, ricorda di aver risposto: "Cara Signora Rita, può stare tranquilla, perchè qualsiasi cosa farà Umberto, non morirà di fame".

Che la terra ti sia lieve, caro Umberto Eco.

lunedì 15 febbraio 2016

Il grillismo è morto, lo diceva già Norberto Bobbio sessanta anni fa criticando l'iperdemocrazia

Le prossime elezioni comunali di giugno a Milano, Torino, Roma, Bologna e Napoli saranno molto interessanti. Potranno darci utili indicazioni sul polso dell'elettorato, gravato da sette lunghi anni di crisi economica, che sembra finita.
La ripresa è fragile (+0,7% il consuntivo della crescita del Pil nel 2015) e a macchia di leopardo; i mercati finanziari mondiali bastonando le banche renderanno ancor più difficile l'accesso al credito in questo complesso 2016.

Il politologo Roberto D'Alimonte, uno dei più grandi esperti di flussi elettorali, invita ad osservare con attenzione come si comporterà il popolo grillino (Movimento 5 Stelle), soprattutto nel caso del ballottaggio, che - come noto - avviene se il sindaco indicato dalla coalizione vincente non supera il 50% dei voti effettivi.

Sarà quindi curioso vedere come si comporteranno gli elettori del M5s, trasversali, che raccolgono consensi da tutto l'arco politico. D'Alimonte spiega così: "La ragione principale di questo successo sta nel fatto che è il M5s è il vero partito della nazione. Un partito traversale, né di destra né di sinistra. È sopra e oltre, come dice Grillo. In realtà su molti temi, dalle unioni civili alle tasse, all’immigrazione i suoi elettori si collocano a metà strada tra destra e sinistra. Ma soprattutto non ha rivali sulla lotta ai costi della politica e alla corruzione. Su questi temi è considerato di gran lunga più credibile di qualunque altro partito, compreso il Pd. E questi sono temi trasversali per eccellenza che continuano ad alimentare la rabbia contro la casta e una domanda di cambiamento radicale. Da qui la popolarità del vero partito anti-casta. Ma il M5s è anche il partito del reddito di cittadinanza e degli aiuti alle piccole imprese. Una formula efficace che accentua il suo messaggio di essere un partito capace di andare oltre la tradizionale dicotomia destra-sinistra. Ecco perché tanti elettori dei partiti di destra sono disposti a votare Di Maio, come seconda scelta, in un eventuale ballottaggio con Renzi".

Personalmente credo che l'elettorato del Movimento, quando si tratterà di scegliere il salto nel buio o un candidato di destra o di sinistra, sceglierà il secondo.
 Già in passato abbiamo criticato il M5s - vedasi post - I grillini sono inscalfibili nelle loro certezze, come Mile Bongiorno nella Fenomenologia di Umberto Eco - , populista, becero, formato da persone impreparate, che, spesso, nella vita precedente all'elezione, non hanno combinato alcunchè.

La prova provata di questa affermazione è il candidato del Movimento a sindaco di Milano, Patrizia Bedori, non laureata, senza lavoro, nessuna esperienza significativa alle spalle, che è risultata votata da 60 attivisti (che numeri!) e quindi candidata a Palazzo Marino.

Norberto Bobbio, uno dei maggiori intellettuali del secolo scorso, può aiutarci. In una discussione serrata con Aldo Capitini, Bobbio contestò alla radice la fattibilità di una democrazia diretta - obiettivo massimo del M5s - vale a dire il potere di tutti "attraverso la discussione e la decisione in gruppi ristretti".
Bobbio proseguiva così: "Chi organizza piccoli gruppi non lo fa per farli discutere o per sentire che cosa pensano, ma per indottrinarli. D'altra parte senza una dose di indottrinamento o di propaganda o peggio ancora di manipolazione non è possibile giungere a soluzioni non dico unanimi ma per lo meno maggioritarie e senza soluzioni maggioritarie non si può decider nulla".

Come ha scritto Paolo Bonetti in un bel volume - Breve storia del liberalismo di sinistra. Da Gobetti a Bobbio, Liberilibri, 2014 - "Bobbio non negava l'importanza della discussione dal basso, ma scorgeva chiaramente il pericolo, in questa iperdemocrazia agitata da innumerevoli gruppi e travagliata da interminabili discussion e contestazioni, di precipitare non solo nella paralisi deliberativa, ma in un confuse pullulare di istanze settoriali e personali per la "natural tendenza di ciascuno a mettere innanzi solo i propri interessi particolari".
Norberto Bobbio
Per Bobbio il grande limite della democrazia diretta è il particolarismo. Nella conclusione alla discussione epistolare con Capitini, Bobbio scrive: "Un potere è tanto più razionale quanto più è fondato su una conoscenza precisa dei problemi da risolvere. Un potere non è razionale solo perchè è di tutti. Non è razionale neppure presupponendo che tutti siano ragionevoli. Non basta essere ragionevoli, occorre anche conoscere come stanno le cose per non chiedere soluzioni impossibili e contraddittorie".

E' proprio questo che ci preoccupa. La mancanza totale di conoscenza dei problemi da parte dei vari Di Maio, Fico, Di Battista. I comici come Beppe Grillo facciano i comici.

martedì 2 febbraio 2016

La protesta dei diplomatici è fuori luogo. Nostra diplomazia non brilla per efficienza, vedasi analisi di Perotti. Gli ambasciatori tedeschi guadagnano meno della metà dei nostri

Sede del Ministero degli Esteri
Con un'iniziativa senza precedenti, 200 giovani diplomatici hanno indirizzato una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi, dicendosi "profondamenti disorientati" dalla nomina di Carlo Calenda (ex vice ministro dello Sviluppo Economico) alla Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione Europea a Bruxelles. Nella missiva si fa presente che "il segnale potrebbe preludere all'esclusione dei diplomatici di carriera dagli incarichi di maggiore responsabilità".

Per poter criticare in modo documentato è necessario avere un patrimonio di credibilità da spendere. Cosa che pare completamente mancare al corpo diplomatico. Infatti tempo fa quando il prof. Roberto Perotti studio attentamente gli stipendi, i benefit scandalosi degli ambasciatori e dei diplomatici, dalla Farnesina vennero solo silenzi profondi.

Perotti pubblicò nel febbraio 2014 sulla voce.info un documentato dossier - Diplomazia dei privilegi, privilegi della diplomazia - dove si evidenziava come il nostro corpo diplomatico surclassa come stipendi tutti i nostri peers, dai tedeschi ai francesi agli inglesi. L'ambasciatore italiano a Tokyo guadagna 27.028 euro contro i 10.018 euro del suo omologo tedesco. Aggiungiamo che la nostra diplomazia non è nota per la sua efficienza e produttività.

Dopo essere stato nominato commissario alla spending review, vista l'opposizione delle parti interessate e l'apparente mancato appoggio del presidente del Consiglio, Perotti si dimise dicendo di non sentirsi molto utile.

Al termine del suo rapporto, Perotti scrisse: "Nessun governo può chiedere sacrifici ai cittadini se non dimostra di saper dare una spallata ai privilegi più assurdi". Questa incredibile verità potrebbe essere parafrasata per i nostri diplomatici: "Nessun ambasciatore può protestare con il governo se non dimostra di voler dare una spallata ai suoi assurdi privilegi".

martedì 26 gennaio 2016

Come contrastare il calo degli studenti universitari. Le famiglie devono leggere Visco per capire il valore della conoscenza

Quando si leggono i dati sconfortanti sul calo degli studenti universitari, vien voglia di piangere, per lo sconforto e il disagio. Questo non deve però indurci a rinunciare a dire che lo studio serve. Eccome.

Il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha trattato a lungo i temi del capitale umano. Di più. Il secondo capitolo del volume di Visco, Investire in conoscenza (il Mulino, 2009) si intitola: "Crescita, capitale umano, istruzione". Uno dei passaggi più interessanti è il seguente: "Valorizzare il merito non vuol dire richiedere un'organizzazione sociale esasperatamente meritocratica ma consente di avvicinarsi a un uso efficiente delle risorse produttice, senza nascondere i talenti. Ciò non esclude ma rafforza il momento redistributive, rendendo possibile l'uguaglianza delle opportunità. Ma se la valorizzazione del talent, necessaria nella promozione sociale, deve avvenire prima di tutto nelle scuole, al momento la nostra scuola non sembra in grado di farlo in maniera soddisfacente sotto il profilo dell'efficienza, dell'equità e dell'efficacia".

Quando Visco sottolinea l'importanza dell'uguaglianza delle opportunità di partenza si rifà a Luigi Einaudi - Governatore della Banca d'Italia dal 1945 al 1948 e successivamente Presidente della Repubblica - che nelle sue Prediche inutili rimarcò che l'egualitarismo delle condizioni non deve esserci in arrive ma in partenza. E quindi nulla è più importante della bontà del sistema scolastico.

Sempre il Governatore Visco, nel suo intervento a Bari del 19 ottobre 2013 in occasione del X Forum del libro Passaparola, scrive: "Per il sistema produttivo, un capitale umano adeguato facilita l’adozione e lo sviluppo di nuove tecnologie, costituendo un volano per l’innovazione e quindi per la crescita economica e l’occupazione. Formazione dei lavoratori, abilità manageriali e capacità organizzative rappresentano risorse fondamentali nell’ambito del cosiddetto "capitale basato sulla conoscenza" misurato dall’OCSE, da ultimo con riferimento al 2009, assieme ad altre risorse intangibili come il software, le banche dati, l’attività di ricerca e sviluppo, i brevetti, il design. L’incidenza sul PIL di questi investimenti è molto eterogenea tra i paesi dell’area dell’OCSE, oscillando tra l’11 per cento negli Stati Uniti e il 2 per cento in Grecia. L’Italia si colloca nelle ultime posizioni, con un valore di poco superiore al 4 per cento".

Un punto interessante toccato dal Governatore è che l'istruzione è lungimirante: "Più istruiti si vive meglio e più a lungo: dati riferiti ai paesi dell’OCSE mostrano che il grado di istruzione è negativamente associato a comportamenti e stili di vita che la scienza medica identifica come fattori di rischio per la salute, come il fumo e l’obesità. Capitale umano e conoscenza favoriscono inoltre la coesione sociale e il benessere dei cittadini, promuovendo la crescita del senso civico, il rispetto delle regole e l’affermazione del diritto, il contrasto della corruzione e della criminalità, tutti fattori che costituiscono un freno a una crescita economica sostenuta e continua".

Studiare conviene. 

 

lunedì 18 gennaio 2016

Cari ragazzi, apprezzate il valore del confronto, l'apertura della mente. Notate delle differenze tra Paolo Baffi nel 1976 e la rettrice di Oxford nel 2016?


Louise Richardson, appena insediata nel ruolo di vice-chancellor di Oxford University (di fatto l'equivalente del titolo di rettore, visto che il cancelliere capo ha un ruolo solo formale) ha dovuto difendersi da una protesta degli student che vorrebbero rimuovere la statua del colonialist britanico Cecil Rhodes, generoso donator dell'università.
Richardson ha ribattuto agli studenti:
"Le università sono luoghi in cui le idee, comprese le idee sgradevoli, hanno bisogno di essere ascoltate e se necessario vigorosamente contraddette, non luoghi dove le idee vengono spente, impedite o censurate".

La vice-chancellor ha proseguito: "Come possiamo far sì che gli studenti apprezzino il valore del confronto, anche con idee che reputano biasimevoli, cercando di convincere gli altri delle proprie ragioni ma restando aperti a cambiare opinione? Come possiamo garantire che capiscano la vera natura della libertà di ricerca e di pensiero?".


Paolo Baffi (Archivio ASBI, 1977)
Repubblica il 14 gennaio ha compiuto 40 anni. Auguri! (complimenti a Ezio Mauro, grande direttore uscente e in bocca al lupo a Mario Calabresi, entrante). Il primo numero risale al 14 gennaio 1976 ed è stato regalato col quotidiano la settimana scorsa. Con mio grande piacere a pagina 22 v'è un articolo a tutta pagina tratto da un intervento di Paolo Baffi, allora governatore della Banca d'Italia.
L'intervento di Baffi era la sintesi di un saggio - "Italy's narrow path" - pubblicato sul mensile britannico "The Banker".
Baffi fece avere una lettera al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari dove lo invitò a modificare il titolo da "il difficile sentiero dell'Italia", in "l'angusto sentiero dell'Italia": "Mi rendo conto che difficile è più dell'uso italiano ma preferirei tradurre letteralmente angusto che dà l'idea di quei sentieri su terreno friabile, in cresta alle morene, "stretti" fra opposti ripidi declivi (della inflazione e della deflazione: della disoccupazione e del disavanzo esterno".
La notazione filologica fa capire quanto fosse esigente e meticoloso il governatore della Vigilanza.

Un passaggio di Baffi al termine della sua dissertazione mi ha colpito. Eccolo: "I sindacati vanno dimostrando una maggiore consapevolezza delle necessità insite nelle situazioni, anche in termini di mobilità di lavoro. Un nuovo atteggiamento mentale è percettibile, nel quale l'ideologia cede il posto al riconoscimento analitico delle realtà, e ovunque si investiga di più nei propri animi, si riconsiderano le proprie idee e se ne cercano di nuove; ciò offre motive a sperare che il paese sappia trovare l'energia morale e il realismo per affrontare le difficoltà che sta incontrando sulla sua strada verso una società più moderna e più giusta".

Richardson con la Regina Elisabetta
Come potete vedere, a 40 anni di distanza le parole della prof.ssa Richardson di Oxford sono quanto mai simili a quelle del governatore Baffi, che invita a investigare nel nostro animo, toglierci la corazza e guardare con attenzione alla realtà. Solo così faremo passi avanti verso una società più moderna e più giusta.

lunedì 11 gennaio 2016

Donare i propri libri ad una biblioteca è un gesto di enorme valore. L'esempio di Vittorio Coda

Vittorio Coda
Il 23 novembre scorso ho partecipato all'inaugurazione dell'anno Accademico della Carlo Cattaneo-LIUC, l'università dove insegno (a contratto) Sistema finanziario. L'aula era gremita e attenta, curiosa di sentire e conoscere il nuovo rettore, prof. Federico Visconti.

Il compito di Visconti non sarà facile perchè il suo predecessore Prof. Valter Lazzari, ha compiuto un lavoro enorme, consentendo alla LIUC di salire nelle classifiche italiane, oltre che offrire l'opportunità di un percorso all'estero a migliaia di studenti. Il discorso di Visconti mi ha sorpreso nella misura in cui i riferimenti a Marco Vitale, mio professore in Bocconi, erano numerosi quanto inaspettati. Siccome Vitale è stato tra i fondatori della LIUC, è stato giusto e doveroso ricordarlo per bene: "Nella presentazione alla cittadinanza di Castellanza, il 28 novembre 1990, Marco Vitale identificava gli indirizzi strategici del progetto universitario con queste parole: "Pluralismo culturale nell’autonomia dell’istituzione; severa preparazione tecnica ma inquadrata in un’ampia visione culturale e scientifica; ideologia dello sviluppo, dell’imprenditorialità e della responsabilità; ricerca di
collaborazione ed integrazione con altri istituti di formazione sia di livello universitario che di scuola media superiore che di altra natura speciale".

Federico Visconti inaugura l'anno accademico in LIUC
Visconti, da buon aziendalista, ha deciso di invitare per la prolusione il prof. Vittorio Coda, maestro per un'infinità di persone, nonchè uno di coloro che contribuirono a tenere a battesimo la LIUC 25 anni fa.
Fin dalle prime volte che l'ho sentito parlare, Coda mi ha colpito per l'esattezza del linguaggio. Non va sprecata una parola. La ricerca del termine corretto è impressionante. Dopo tanti anni di frequentazione, Coda mi ha scritto una mail che ho conservato nel mio archivio per la sua pregnanza. La condivido perchè merita: "Il comportamento di ciascuno di noi va posto al vaglio di un attento discernimento". Da esegeta dei testi biblici, Vittorio Coda usa il termine, ormai desueto, "discernimento", a cui teneva in particolare Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù.

A un certo punto del suo intervento (tutto da leggere con la matita in mano per riflettere sui diversi passaggi) Vittorio Coda ha annunciato di voler donare la sua biblioteca all'università Carlo Cattaneo-LIUC. Fioccano gli applausi. Io sono scosso da questa volontà di Coda (che ha compiuto 80 anni nel giugno scorso). Donare i propri libri alla generazione successiva è un gesto di enorme valore, reale e simbolico.
Penso ai miei libri, al rapporto con loro, come fossero dei figli, soprattutto con alcuni di loro. E penso: "Sarò in grado un giorno di liberarmi della mia amata biblioteca"? Ci penserò.

Un'altra bella notizia di qualche settimana fa è che le vendite dei libri di carta negli Stati Uniti sono cresciute passando da 559 milioni di copie del 2014 ai 571 del 2015. E il mercato digitale è calato dal 22 al 20% del totale. Vengono quindi smentite le profezie negative. Il libro di carta è vivo e vegeto.

Nel meraviglioso "Memorie di Adriano", Marguerite Yourcenar scrive: "Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire. Ho ricostruito molto, e ricostruire significa collaborare con il tempo, nel suo aspetto di "passato", coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo quasi verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti".

Grazie Vittorio per il tuo gesto. L'inverno dello spirito sarà meno gelido con i tuoi libri.



 

martedì 22 dicembre 2015

Arrivederci al 2016. Buon Natale a tutti i miei (affezionati) lettori

Il Natale non solo è una bella festa religiosa, ma è un'occasione per ricaricare le pile, per riflettere, per leggere qualche buon libro, per condividere con i nostri figli la serenità dei momenti migliori.
Il Natale ha un forte valore affettivo perchè ogni nuova nascita si accompagna a sentimenti di gioia, al fatto che la vita prosegue al di là delle singole esistenze.

Trovo sempre commoventi le parole del priore della comunità di Bose Enzo Bianchi, che invita tutti a vivere con gioia la convivialità del Natale: "Elemento essenziale è la convivialità attorno alla tavola, luogo straordinario di umanizzazione, di ascolto reciproco, di scambio della parola, luogo dove dire sì alla vita con le sue fatiche, le sue sofferenze, le sue gioie e le sue speranze.
Convivialità a tavola significa spazio, tessuto, mosaico di parole scambiate e di immagini create, racconti che seducono. Lì tutti sono uguali, con le stesse possibilità di prendere cibo e di intervenire con la parola: bambini e vecchi, uomini e donne, invitanti e invitati. L' uno parla, l' altro ascolta mentre si mangia: parole che si intrecciamo fino a spegnere ogni diffidenza.


Enzo Bianchi
E qui occorre l' arte di chi presiede la tavola: l'arte del favorire l' esprimersi di tutti, del disinnescare i rapporti di forza, del contenere con delicatezza i chiacchieroni, dello stimolare i più timidi; l' arte di creare quel clima festoso in cui possono spegnersi i ricordi non buoni, gli antichi contrasti, i rancori taciuti.

La convivialità è terreno fertile per esercitarsi in rapporti affettivi che diano gusto alla vita, che ci rallegrino nella faticosa quotidianità che appesantisce tanti nostri giorni... Questo clima non dovrebbe però limitarsi al pranzo di Natale: nei giorni successivi perché non accettare di non uscire troppo di casa, di dedicarsi nella lentezza dei giorni senza lavoro alle cose più semplici: godersi la casa, spazio che abitiamo e che durante l' anno fatichiamo a tenere in ordine e sentirlo nostro, leggere - quest' arte di viaggiare restando là dove siamo - ascoltare musica, invitare qualcuno per dialogare e porsi insieme domande di senso".

Buon Natale a tutti e arrivederci a gennaio.


lunedì 14 dicembre 2015

15 dicembre 1995: la Corte di Giustizia europea rivoluziona il mercato dei calciatori #Bosman


Il 15 dicembre di 20 anni fa la Corte di Giustizia europea pronunciò una sentenza destinata a sconvolgere il mercato del calcio. Il ricorrente di allora Jean-Marc Bosman fece causa al suo club, il Liegi, con cui 5 anni prima aveva firmato un contratto quinquennale. Alla scadenza Bosman pretese la libertà di svincolo e di trasferimento ad un altro club, il Dunkerque.
La sentenza della Corte escluse la possibilità per un club di reclamare un indennizzo a contratto scaduto. Sulla base del principio della libera circolazione dei lavoratori nella UE, la Corte di fatto fece un gran favore ai calciatori, ai quali fu aumentato enormemente il potere di lasciare una squadra per andare in un'altra che gli offriga un ingaggio superiore. I club poterono quindi acquistare e mettere in campo fino a 11 stranieri (trovare un calciatore italiano nell'Inter di oggi è difficile, ma spesso vedendo i lisci di Ranocchia, forse è meglio così :-)).

Jean-Marc Bosman
Fu l'inizio del mercato delle superstar. Gli stipendi di Rivera, Mazzola e Gigi Riva Rombo di Tuono (Gianni Brera, cit.) erano bazzeccole rispetto agli ingaggi di oggi di Messi, Ibrahimovic, Cristiano Ronaldo, Totti e Higuain.
Gianni Rivera ha di recente ricordato , intervistato da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, che un giorno come primo sfizio si compro una macchina: "Una Porsche, una Lamborghini o una Ferrari? Macché: una Fiat 1300. Grigia. Che non desse troppo nell'occhio".

Jean-Marc Bosman, in un'intervista a Repubblica, ha accusato la Fifa di averlo distrutto e ha invitato a conoscere la sua storia alle giovani generazioni. Non ha mancato di dare una stoccata a Mario Monti: "All'epoca della sentenza il commissario europeo alla concorrenza era il compianto Karel van Miert (che firmò lo storico patto con il ministro del Tesoro Nino Andreatta, che avviò la chiusura della liquidazione dell'IRI, ndr). Lui fu molto fermo nel farne rispettare le conseguenze. Purtroppo non posso dire altrettanto del suo successore, Mario Monti. Non si è mai occupato di sport, lo ha gettato nella spazzatura. Così, durante il suo mandato, le pressioni politiche hanno avuto buon gioco e hanno permesso ai grandi club di plasmare le regole del mercato a proprio piacimento".
Gianni Rivera
Bosman ha invitato le nuove generazioni a conoscere la sua storia. Le star di oggi nei campionati europei dovrebbero dare il 5% dei loro superstipendi al campione belga. Senza di lui guadagnerebbero almeno il 60% in meno. Peccato che i calciatori non studino, men che meno la storia.

venerdì 11 dicembre 2015

12 dicembre, anniversario della bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana: da apprezzare le parole del prefetto Marangoni sul caso Pinelli

Domani cade l'anniversario della strage di Piazza Fontana, dove persero la vita il 12 dicembre 1969 17 persone (oltre a 88 persone rimaste ferite). La strategia della tensione partì allora.
Su Piazza Fontana ha scritto pagine bellissime Corrado Stajano. Nel suo Destini (Archinto, 2014), nel ricordare Peppino Fiori, si legge: "Lo ricordo in piazza del Duomo, a Milano, il plumbeo mattino dei funerali delle vittime della strage di piazza Fontana, quando erano arrivati gli operai delle fabbriche, la Pirelli, la Falck, la Breda, la Magneti Marelli, a tenere il servizio d'ordine perchè dopo le bombe si temeva il golpe: centinaia di migliaia di uomini e donne, protetti da quelle tute bianche e blu, furono il segno che la comunità diceva di no all'avventurismo eversivo. Peppino con quel suo servizio visto da milioni di persone raccontò con chiarezza la paura di quei giorni e il coraggio di tutta una società pulita".

Settimana scorsa, in occasione della nomina a prefetto di Milano, l'ex questore Alessandro Marangoni, a pochi giorni da Piazza Fontana, è tornato sulla tragica vicenda di Pino Pinelli, accusato ingiustamente per la strage e morto tragicamente nei locali della Questura di Milano il 15 dicembre 1969.
Per chi non ricordasse, dopo la morte di Pinelli, si accese una violentissima campagna di stampa contro il commissario Luigi Calabresi, che verrà poi ucciso da Lotta Continua - sentenza passata in giudicato, Sofri, Bompressi e Pietrostefani condannati in via definitiva e poi graziati - la mattina del 17 Maggio 1972.

Il nuovo prefetto di Milano Marangoni ha detto: «Sono convintissimo che si debba ripensare al rapporto con la famiglia Pinelli. Viviamo un momento particolare, dove ci sono spazi di discussione e confronto, dove non dobbiamo temere di aprirci, di affrontare pagine di storia. Avremo risultati? Forse no. Ma mi piace citare la marcia degli alpini. La 33. Da valle a cima, sono sempre 33 i passi da tenere al minuto. La costanza premia, porta lontano».

Dopo che la meritoria azione dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha fatto incontrare - nel giorno della Memoria - le due vedove, Licia Pinelli e Gemma Capra Calabresi, è molto positivo, che il prefetto sia disponibile a fare luce su una vicenda che ha scosso l'Italia.

Se volete un consiglio di lettura per questo week-end, eccolo: Mario Calabresi (che a gennaio salperà come direttore sulla nave di Repubblica, auguri), Spingendo la notte più in là (Mondadori). Merita.


lunedì 30 novembre 2015

30 novembre 1989, assassinato Alfred Herrhausen presidente della Deutsche Bank

Mentre siamo tutti preoccupati dal terrorismo islamico, i più giovani non possono ricordare la lunga stagione del terrorismo rosso e nero che ha colpito in Europa negli anni Settanta e Ottanta.
Il 30 novembre 1989, giusto 26 anni fa, Alfred Herrhausen, il presidente della più grande banca europea, la Deutsche Bank, venne assassinato. La prima rivendicazione fu fatta dal gruppo terroristico Rote Armee Fraktion (RAF).

All'indomani della caduta del Muro di Berlino, 9 novembre 1989, i terroristi decidono di colpire uno dei massimi esponenti dell'establishment tedesco. Herrhausen, 69 anni, era infatti da tempo grande amico e consigliere del primo ministro Helmut Kohl.
Per suscitare il maggiore clamore possibile, i terroristi la mattina del 30 novembre 1989 piazzano una una bomba telecomandata in un veicolo fermo, e al passaggio della macchina blindata del banchiere - a Bad Homburg, ricco sobborgo di Francoforte- , fanno esplodere l'ordigno.

Herrhausen aveva una formazione da manager industriale e una visione aperta e innovativa dei rapporti internazionali: perseguiva una strategia diretta a ridisegnare il ruolo della Germania riunificata, assegnandole una nuova centralità.
Pochi giorni prima di morire, consegnò al Wall Street Journal la sua tesi di una Germania ponte fra Est ed Ovest, dove la Deutsche Bank avrebbe giocato il ruolo di motore della riconversione industriale e del nuovo sviluppo democratico.
"Entro dieci anni", spiegò proprio al WSJ, "la Germania Est sarà il complesso tecnologicamente più avanzato d'Europa e il trampolino di lancio economico verso l'Est", sì che "Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, e anche la Bulgaria avranno un ruolo essenziale nello sviluppo europeo".

Herrhausen confidò di essersi scontrato "contro massicce critiche" quando aveva proposto al Fondo Monetario e alla Banca Mondiale di concedere ai Paesi dell'Est usciti dal comunismo una moratoria di qualche anno sul debito.

Il 4 dicembre 1989 sarebbe dovuto essere a New York a perorare, davanti all'establishment finanziario, la fondazione di una banca per lo sviluppo per l'Est Europa che finanziasse la ricostruzione e l'integrazione dell'Est con l'Ovest europeo.

Come intitolò la Bild il giorno dopo l'attentato, ci chiediamo il perchè dell'assassinio di Herrhausen.
Il corrispondente a Francoforte del Corriere della Sera Massimo Nava, a cinque anni dai fatti, nel 1994 scrisse: "La sua Mercedes blindata che salta in aria come un' auto giocattolo e' il simbolo della forza e della debolezza della Germania: che puo' stupire il mondo chiudendo in pochi mesi la "pratica" della riunificazione, ma indifesa di fronte al terrorismo, nonostante gli apparati di sicurezza e il formidabile servizio che protegge lo stesso Herrhausen, considerato il bersaglio piu' significativo dopo il presidente della Repubblica e il cancelliere. La reazione dei tedeschi e' composta, non ci sono isterie, il mondo finanziario e politico tengono bene. Gli anni di piombo sono alle spalle e si volta pagina subito, nella consapevolezza che il cammino del supremo interesse del Paese . la riunificazione . debba procedere senza intoppi. Pochi giorni dopo, il cancelliere Kohl presenta in Parlamento l' ambizioso piano in dieci punti e in dicembre trionfa nelle strade di Dresda, dove la gente dell' Est urla: "Siamo un solo popolo!". Nulla, nemmeno un clamoroso attentato, puo' fermare l' abbraccio delle due Germanie. Eppure qualcuno ci ha provato".

Fu un attentato contro l'unità tedesca, contro la Germania unita, DDR+BRD? Un delitto in nome della Storia? Nonostante l'attentato sia stato rivendicato dalla RAF, le successive indagini non sono riuscite a scoprire i responsabili. Siccome i capi storici del terrorismo rosso - come Andreas Bahder e Ulrike Meinhof -  erano in carcere, si parlò della Stasi, dei servizi segreti della DDR, che avrebbero addestrato terroristi dell'Ovest. Si parlò anche della responsabilità della CIA, ma siamo nella fantapolitica.

Come nel nostro "affaire Moro", anche i tedeschi hanno parecchi nodi da sciogliere. Agli storici il duro compito di fare luce. Con gli archivi aperti.

lunedì 23 novembre 2015

La Jihad non vincerà anche se la battaglia sarà ancora lunga

 
La strage di Parigi del 13 novembre un evento che non dimenticheremo facilmente. Se l'europeo si sentiva al sicuro riducendo il suo orizzonte di viaggio - basta Siria, niente Giordania, Israele è pericoloso, stop al Kenya, no alla Turchia - l'estremismo islamico ha colpito a Parigi, la capitale del Paese dei Lumi.
Ho pianto per Valeria Solesin, un talento (ricercatrice all'Istituto di demografia, alla Sorbona) purtroppo non più tra noi. Chissà quante altre ricerche sul rapporto tra donne e mondo del lavoro poteva sfornare. Leggete questo sua articolo pubblicato su Neodemos per rendervi conto della sua brillantezza.

In una serata a cui ho partecipato il presidente dell'Associazione per il Progresso Economico avv. Pippo Amoroso ha voluto fare un breve intervento, che ho apprezzato per la misura e il senso storico. Ecco ne uno stralcio:
Avicenna, filosofo arabo vissuto intorno anno 1000
a) pochi secoli fa il mondo islamico era più avanti di noi: Averroè, Avicenna, l’Andalusia (la splendida Alhambra di Granada è qui a ricordarcelo);

b) ma l’occidente è sopravvissuto all’Inquisizione, ha vissuto il secolo dei Lumi, ha fatto la Rivoluzione francese, quella industriale, è sopravvissuto a due spaventose guerre mondiali e a diverse crisi economico-finanziarie, ha un’Europa unita ed una comune cultura laica e democratica;

c) il mondo islamico, al contrario, è ancora prigioniero di una religione arretrata che teme le donne, le reprime, è governata da vari autoritarismi e non conosce ancora un effettivo sviluppo economico e culturale
d) nonostante Spengler ("Il tramonto dell’Occidente") e Houellebecq ("Sottomissione"), noi siamo tutti solidamente radicati nel nostro contesto culturale, per cui, di fronte al pericolo, siamo automaticamente tutti soldati del mondo occidentale, mentre gli estremisti islamici sono in netta minoranza persino nei paesi in cui vivono ed operano, tanto è vero che la maggior parte delle loro azioni terroristiche sono rivolte contro i loro connazionali; in Iran, del resto, la sola notizia dell’accordo sul loro nucleare e della prossima cessazione delle sanzioni da parte dell’occidente ha visto la pubblica esultanza della popolazione
e) quindi, nonostante i lutti e i danni materiali e morali sofferti e che ancora soffriremo nel prossimo futuro, vinceremo.
 
Io aggiungo due osservazioni:
Soccorritori a Parigi
1) abbiamo bisogno che il mondo musulmano moderato, che costituisce la stragrande maggioranza dell'Islam si ribelli, faccia sentire la propria voce. Non è più accettabile il silenzio. E' certamente da apprezzare, per esempio, l'uscita dell'imam Abdelmajid Kinanche a Monfalcone guida due centri islamici. In una intervista, seguita da più di un milione di persone sul web, l'imam ha spiegato che "una semplice condanna non basta, che l'Slam non ha alcuna relazione con queste fazioni, che gli assassini a sangue freddo non fanno parte dell'Islam".
Anche il filosofo Abdennour Bidar ha scritto una lettera aperta al mondo musulmano dove invita i musulmani a passare dal riflesso dell'autodifesa alla responsabilità dell'autocritica: "Io chiedo solennementeai musulmani e alla musulmane europee di non restare in disparate, di non cedere alla tentazione di rinchiudersi in se stessi nella difesa eslusiva dei propri interessi.


Amos Oz
2) vale la pena discutere  se non sia necessario un nuovo Piano Marshall a favore del Medio Oriente. Lo scrittore israeliano Amos Oz, intervistato da Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera ha avanzato l'idea di un grande piano di aiuti: «Quasi settant’ anni fa un presidente americano poco carismatico e molto modesto quale era Harry Truman decise che sarebbe stato importante donare una cifra pari a circa il venti per cento del prodotto nazionale lordo del suo Paese per la ricostruzione dell’ Europa devastata dalla guerra. Poi passò alla storia come “piano Marshall”, dal nome del suo segretario di Stato. Ma fu lui il motore primo. Truman fece il miglior investimento di tutti i tempi: la Guerra fredda è stata vinta dagli Usa grazie ad esso. Lui non visse tanto a lungo per vedere il suo trionfo. Però, garantì la democrazia, salvò l’ Europa dai comunisti, dagli estremisti, ne fece un modello di sviluppo invidiato in tutto il mondo, creò un grande mercato utile anche all’ industria americana. A noi oggi serve un gigante di generosità e capacità di guardare avanti come fu Truman. Ci vorrebbe un piano Truman-Marshall per il mondo islamico che dia forza e coraggio ai moderati. Solo così il bastone della guerra ai fanatici potrà avere prospettive di successo».

Come ha scritto Albert Einstein, "Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano, senza dire nulla".
 
 

lunedì 16 novembre 2015

Ricordo di Luigi Einaudi, economista raffinato

Il 30 ottobre scorso è caduto l'anniversario della morte di Luigi Einaudi, economista con una carriera invidiabile, diventato Governatore della Banca d'Italia (nel 1945-48), poi presidente della Repubblica (1948-1955).

Una delle migliori descrizioni di Einaudi venne fatta da Ugo La Malfa sulla Voce Repubblicana il 31 ottobre 1961: "Luigi Einaudi fu, in politica, un liberale nel più autentico e rigoroso senso della parola, e in politica economica un liberista convinto. Ma a differenza di molti altri uomini di rilievo che si chiamarono liberali come lui, egli aveva la percezione e, quindi, l'odio del privilegio e del parassitismo".

Il leader del partito Repubblicano chiude così il suo coccodrillo: "Della sua probità, dell'alto senso dello Stato che Egli sempre ebbe, dell'austerità con cui intese l'esercizio della vita pubblica, del suo antifascismo, sono testimonianza i lunghi anni di vita parlamentare, il suo esilio e i sette anni in cui resse, dopo Enrico De Nicola, la Repubblica italiana. La più pensosa e nobile tradizione laica visse in lui così come i grandi liberali del Risorgimento la tramandarono agli italiani di nuova generazione. La sua perdita è, perciò, una perdita irreparabile per la nazione anche se il ricordo della Sua opera riempirà alcune tra le più alte e significative pagine di storia nazionale" (l'articolo l'ho trovato naturalmente all'Archivio storico della Banca d'Italia, Carte Baffi, Monte Oppio, cart. 15, fasc. 1, dedicato a Luigi Einaudi).

Come ha scritto Giuseppe Saragat, che succedette più tardi ad Einaudi al Quirinale, "Con Benedetto Croce fu uno dei due che accesero la fiamma dell'antifascismo in nome dello schietto principio di libertà".

Mi piace citare un intervento di Einaudi in Parlamento nel quale spiega il ruolo dell'economista: "Gli economisti quando valgono qualche cosa sono semplicemente coloro i quali applicano alle cose materiali della vita la regola del buon senso cercando di applicarla con la logica e di trarne le conseguenze".

Sembra di leggere Karl Popper sull'epistemologia della scienza.

Ti sia lieve la terra, caro Luigi Einaudi.




lunedì 9 novembre 2015

Il Cardinal Bertone è un vero esempio del messaggio evangelico

L'attico del Cardinal Bertone (Foto La Repubblica)
Settimana scorsa, nello scorrere le pagine dei quotidiani, mi sembrava di essere tornado indietro nel tempo. Evidentemente in Italia il passato non passa mai, le questioni di lustra fa si ripetono, ininterrottamente.

Mercoledì ampio spazio è stato dato allo scandalo in Vaticano. Mentre Papa Francesco - nomen omen - concretamente dà con la sua vita esempi limpidi di sobrietà e amore per il prossimo, la Curia romana spadroneggia e non vuole ridurre i propri privilegi. Semplicemente scandaloso è il comportamento del cardinal Tarcisio Bertone, che ha pagato 200mila euro di lavori di ristrutturazione del suo attico con i fondi della Fondazione Bambino Gesù. Il messaggio di Gesù - "Ama il prossimo tuo come te stesso" - viene cambiato in "Fregatene dei bambini malati e godici l'aperitivo in terrazza".

Nel frattempo George Pell, al timone della segreteria dell'Economia del Vaticano, viaggia in business class e ha un segretario - Denny Casey - a 15mila euro al mese di stipendio. Comoda la vita, eh?

Il Corriere della Sera titola: "Un vecchio carteggio sulla P2 usato per imbarazzare il Papa". Pare che sia stato inviato alla Prefettura degli Affari Economici il 26 aprile scorso un carteggio riservato, risalente al 1970, su affari tra il Vaticano, il faccendiere piduista Umberto Ortolani, braccio destro di Licio Gelli, (le scorribande finanziarie spregiudicate di Rizzoli e Tassan Din, spalleggiate da Roberto Calvi e il Banco Ambrosiano, spinsero la Rizzoli alla bancarotta) e il banchiere/bancarottiere Michele Sindona, qui leggete un profilo scritto tempo fa, sempre buono. A Sindona arrivavano direttamente Oltretevere lettere così indirizzate: "Mr  Michele Sindona c/o Pope Paul VI, The Vatican, Roma (Italy).

Sindona si avvelenò da solo. Certezza assoluta.
P2, Ior (la Banca del Vaticano), Sindona, Ortolani. Siamo tornati agli anni Settanta. Ecco perchè studio la storia economica del Novecento! Per capire le vicende di oggi.
Per esempio, ora iniziamo a capire perchè Papa Ratzinger diede le dimissioni, cosa mai avvenuta nella storia della Chiesa.

Vorrei porre a costoro alcuni quesiti:
1) come mai fino al novembre 2013 il delegato alla sezione straordinaria dell'APSA (Amministrazione Patrimonio della Sede Apostolica) era Paolo Mennini, figlio di Luigi Mennini, stretto collaboratore allo Ior di Paul Marcinkus, sodale di Roberto Calvi?
2)  “Nella Chiesa c’è chi invece di servire se ne serve: arrampicatori, attaccati ai soldi. Quanti sacerdoti e vescovi! Dio ci salvi dalle tentazioni di una doppia vita, dove mi mostro come uno che serve e invece mi servo degli altri, ha detto il Papa. Ci si chiede di metterci al servizio, ma c’è chi ha raggiunto uno status e vive comodamente senza onestà, come i farisei nel Vangelo" (Papa Francesco a Santa Marta, 6 nov. 2011). Per caso, il Papa si sta riferimento, puta caso, al Cardinal Bertone?
3) Aspettiamo chiarimenti sulla necessità di tangenti per le procedure di beatificazione.
Cardinal Tarcisio Bertone
4) La presidente (dal febbraio 2015) dell'Ospedale Bambino Gesù Mariella Enoc scrive che "l'impegno è voltare pagina rispetto al passato". Come si fa a cambiare se non si fa chiarezza e pulizia sul passato? Vogliamo dire e fare qualcosa con il Card. Bertone che si pappa i contributi dei cittadini a favore dell'Ospedale?
5) Perchè l'Ospedale Bambino Gesù di Roma vince 80-5 a livello di contributi governativi?
6) Il cardinal Bertone al Corriere della Sera ha detto che non vive da solo nei 296 mq in dotazione (di proprietà dell'APSA). Oh, povera stella, con la perpetua in soli 300mq! Cerchi subito un'altra casa, che veramente non è sostenibile lo spazio ristretto in cui vive.