lunedì 28 luglio 2014

La forza della memoria: 29 luglio 1983, un'autobomba mafiosa ammazza il giudice Rocco Chinnici

Se in passato c'era molto pudore da parte dei parenti delle vittime di mafia e di terrorismo, è un fatto molto positivo che molti figli siano usciti dall'ombra e che stiano facendo conoscere la storia di personaggi che hanno lottato fermamente affinchè la legalità vincesse.

Dopo i pregevoli Spingendo la notte più in là (Mondadori, 2007) di Mario Calabresi, Qualunque cosa succeda (Sironi, 2009) di Umberto Ambrosoli, Come mi batte forte il cuore (Einaudi, 2009) di Benedetta Tobagi, anche Caterina Chinnici - figlia del magistrato capo dell'Ufficio Istruzione di Palermo Rocco Chinnici - ha meritoriamente portato alla conoscenza del pubblico la storia di suo padre nel volume E' così lieve il tuo bacio sulla fronte (Mondadori, 2013).

Rocco Chinnici è stato l'inventore del pool antimafia, la struttura organizzativa che ha consentito un cambio di passo nelle indagini sulla mafia e soprattutto di un metodo investigativo innovativo che ha consentito di scoprire i legami della mafia con il mondo politico.
Chinnici scelse a uno a uno i componenti del pool: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello. Allora ogni magistrato seguiva i suoi processi e basta. Chinnici aveva intuit che non si poteva combattere la mafia un reato per volta, che la parcelliazazione delle conoscenze non era fruttuosa, nè efficiente. L'Ufficio Istruzione di Palermo divenne un modello di efficienza e l'avamposto della criminalità organizzata.

Paolo Borsellino
E' opportuno ricordare la pessima campagna di stampa che il Corriere della Sera decise di compiere contro i magistrati siciliani impegnati nella lotta alla mafia. Leonardo Sciascia in prima pagina firmò un editoriale (10 gennaio 1987) dal titolo I professionisti dell'antimafia. Tutto nacque dalla promozione di merito quale Procuratore della Repubblica di Marsala – caso raro al Consiglio Superiore della Magistratura, che fonda le sue valutazioni sull’anzianità – di Paolo Borsellino.
Lo scrittore siciliano si scagliò contro questa nomina invitando il lettore a prendere atto che "nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso".
Borsellino commentò (o lo citò) solo dopo la morte di Falcone: "Tutto incominciò con quell’articolo sui professionisti dell'antimafia". Bella carriera, dico io, hanno fatto Chinnici, Falcone e Borsellino!

Caterina Chinnici
Un altro punto interessante che Caterina Chinnici sottolinea nel suo libro è la consapevolezza del padre nella necessità di coinvolgere gli studenti: "Divulgando la sua attività intendeva sensibilizzare la cittadinanza, spiegare cos'è la mafia, raccontare i pericoli connessi all'uso della droga...e bisognava combatterla a livello sociale, portando in Sicilia lavoro e cultura. Diceva spesso che la cultura è libertà. L'illegalità trova terreno fertile dove prosperano l'ignoranza e la povertà, dove i giovani non vedono vie d'uscita: papà credeva nei ragazzi, diceva che, se li si mette in condizione di studiare, basta la forza della loro intelligenza a farne cittadini consapevoli, in grado di esercitare i propri diritti e di fare le proprie scelte".

Chinnici andava nelle scuole e parlava ai ragazzi dicendo loro che non bisogna avere paura della mafia, ma si deve conoscerla e combatterla insieme. "Lo faceva con il suo vocione e il suo sorriso, per far vedere che era il momento di smettere di avere paura: e se non ne aveva lui, che paura potevano provare gli altri?".
E' la stessa strategia divulgativa e di consapevolezza che seguì il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che a Giorgio Bocca, pochi giorni prima di essere ammazzato (3 settembre 1982) disse: “Ho capito una cosa, molto semplice ma forse decisiva: gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi caramente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia, facciamo dei suoi dipendenti i nostri alleati”.

Invece di sparare a Chinnici, come in precedenza era stato fatto per Gaetano Costa, Cesare Terranova e Boris Giuliano, la mafia allestì la morte di Rocco Chinnici come se fosse uno spettacolo, per impressionare l'opinione pubblica e far arrivare il messaggio della sua potenza di fuoco.
Una volta che Chinnici si apprestava ad entrare nell'auto blindata, un'autobomba carica di tritolo scavò un cratere in mezzo alla strada: finestre rotte nel giro di 400 metri, alberi divelti, corpi sfigurati e mutilati. Uno scenario di Guerra. L'Ora di Palermo titolò Palermo come Beirut. Persero la vita, oltre a Chinnici, il portinaio dello stabile Stefano Li Sacchi e due uomini della scorta Salvatore Bartolotti e Mario Trapassi, che lasciarono orfani i loro bambini di tenera età.

Come dico spesso ai miei studenti, studiate, impegnatevi seriamente affinchè il futuro, con la memoria dei migliori dentro di noi, sia luminoso.

1 commento:

  1. Ricevo e pubblico: Caro Beniamino,

    Grazie per il tuo libro. Condivido pienamente il tuo pensiero che l'approfondimento e la curiosità siano il sale della vita.
    Quando poi, come nel tuo caso, contribuiscono a tenere viva la memoria su tanti eroi borghesi del nostro paese troppo spesso dimenticati diventano anche vero impegno civile.
    Con i migliori saluti,

    Alessandro

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