mercoledì 2 maggio 2018

La Battaglia d'Inghilterra, Schuman e il 9 maggio dell'Europa: perchè non organizziamo un "No Europe Day"?

Europa e Zeus
Quando mi invitano nelle scuole medie milanesi a parlare di Europa, per stimolare all'ascolto i ragazzi, mi collego con youtube e faccio partire un emozionante racconto video realizzato dalla Banca Centrale Europea (e tradotto in tutte le lingue della UE) dove si traccia a grandi linee la storia della BCE, l'organo che definisce la politica monetaria dell'Eurozona.
Qual è la prima immagine del filmato? Gli aerei sopra i cieli d'Europa (della Luftwaffe o della Royal Air Force-RAF) che resistono da eroi nella famosissima Battaglia d'Inghilterra (1940). Non si può capire la storia dell'Europa se non si torna ai tragici eventi e ai milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale. La voce sotto le immagini spiega così: "Dopo due guerre mondiali in meno di un secolo, molti politici europei tentarono di individuare i mezzi per il ripetersi di tale catastrofe.
Sono tanti i politici in Europa (in Italia abbiamo dei veri e propri campioni) che hanno approfittato della crisi economica mondiale per dare la colpa alle autorità europee. Sono in molti che vogliono tornare indietro, al cosiddetto sovranismo (si consiglia la lettura di Stefano Feltri, Populismo sovrano, Einaudi), alla politica della spesa infinita, alle svalutazioni competitive, all'inflazione a due cifre che falcidiava i risparmi ma beneficiava chi si poteva indebitare con le banche e comprare immobili a leva.
Siamo così abituati ai vantaggi che ci vengono dall'Unione Europea, che facciamo finta che non esistano. Ha fatto molto bene Beppe Severgnini sulla prima pagina del New York Times dello scorso 27 aprile a rimarcare quanto siamo fortunati a vivere pacificamente in Europa. L'Unione Europea è stata pensata e costruita per evitare altre guerre, ve lo volete mettere in testa? Quanta lungimiranza in Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, che al confino all'Isola di Ventotene elaborarono nel 1941 (sotto ancora il regime fascista) il Manifesto per un'Europa libera e unita!
Ci ricordiamo eccome del comico (oggi politico) Beppe Grillo che invoca l'uscita dell'Italia dall'Euro, che avrebbe distrutto l'economia italiana. Cosa senza senso visto che l'Italia ha iniziato ad arrancare dalla fine degli anni Ottanta, molti prima dell'ingresso nell'euro (virtuale) il 1° gennaio 1999 (questo grazie alla formidabile "performance of his life" di Carlo Azeglio Ciampi all'Ecofin del 24 novembre 1996). La realtà raccontata dai clown è molto diversa dalla realtà vera.
Severgnini scrive: "For almost 60 years, Italian voters had seen the European Union as a dull but reliable babysitter who would ultimately take care of those rowdy Italian politicians". .Gli italiani hanno bisogno di una badante, perché altrimenti spendono e sprecano tutto quello che hanno.
Siamo sempre pronti a criticare l'Europa che invoca il rispetto dei Trattati, dimentichiamo in un attimo tutti i vantaggi creati dall'Unione. Severgnini efficacemente spiega: "What about the union’s very substantial achievements? It’s created common standards in areas from home safety to cellphone roaming; it’s allowed people to trade, work and live where they please; it protects agriculture and fishing; it’s helped millions of students spend time abroad. And it’s enabled 28 countries to speak with one voice and be respected — as Microsoft, Google and Facebook know well".

Mancano pochi giorni al 9 maggio, una data importante poiché quel giorno del 1950 il ministro degli esteri francese Robert Schuman propose di mettere a fattor comune il carbone e l'acciaio di Francia e Germania, i motori della macchina da guerra. Da lì a poco (1951) nascerà la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (Ceca).
Severgnini propone provocatoriamente che il 9 maggio venga proclamato il "No Europe Day", per cui quel giorno vengano sospesi tutti i risultati dell'Unione Europea: reintrodotte le bariiere ai confini di ogni Stato, roaming e cellulari che non funzionano, calciatori che non possono giocare se non nel loro Stato, dazi doganali. "One day would be enough to remind its citizens what Europe is about".

In un memorabile discorso nel 1995 davanti al Parlamento Europeo, il presidente della Repubblica francese Francois Mitterand disse che il "Nazionalismo significa guerra", non dimentichiamocelo mai:
"Bisogna vincere i propri pregiudizi, quello che vi domando è quasi impossibile, poiché bisogna superare la nostra storia. Se non riusciremo a superarla bisogna sapere che una regola si imporrà, signore e signori: il nazionalismo è la guerra. La guerra non è solamente il nostro passato, può anche essere il nostro futuro. E siamo noi, siete voi deputati che siete ormai i guardiani della nostra pace, della nostra sicurezza, del nostro futuro".
 
Chissà se Luigi di Maio, col suo uso forbito delle lingue apprese durante l'accompagnamento dei vip allo stadio San Paolo di Napoli abbia mai sentito parlare di Schuman, Monnet, Adenauer. O De Gasperi. Qualcuno glielo spieghi.

1 commento:

  1. Ricevo e pubblico:

    Caro Beniamino,

    Qui mi andava di reagire brevemente a questo tuo articolo. Lo faccio da europeista preoccupato. Trovo nella tua posizione tutti i rischi di una visione agiografica e quindi controproducente ai fini della rimessa in sesto di una Europa in crisi. Io penso che il problema dell’Europa stia proprio nella rinuncia a usare il senso critico su una Unione ormai al collasso, istituzionalmente svuotata, che ha sottratto strumenti alla politica economica degli stati, senza affrettarsi a istituirne di nuovi a livello sovranazionale. Questo assetto istituzionale dell’Unione Europea e dell’euro è profondamente antieuropeista, spinge verso la disintegrazione, ma non in quanto (o non tanto perché) la gente non lo capisca, ma perché non è adatto a governare un sistema di paesi strutturalmente diversi. La rinuncia a un responsabile e radicale senso critico non può non dar spazio a chi invece usa irresponsabilmente la critica radicale. L’Europa, così com’è, è un sistema che genera il populismo, o almeno non lo sa arginare; è ingenuo, arrogante e impotente di fronte alle sfide della globalizzazione. Lo è perché si basa su una articolazione che lega gerarchicamente gli stati nazione. L’organo fondamentale è il Consiglio, non la Commissione, tanto meno il Parlamento europeo. Paolo Baffi, come sai, era un critico dello SME, anche perché lo vedeva come uno strumento che favoriva l’irragionevole accettazione del dominio economico della Germania: ad ogni riallineamento il peso del marco aumentava e Baffi vedeva in questo processo l’affermazione sempre più invasiva della valuta tedesca.
    C’è un bel libro che mi permetto di consigliare ai miei amici, quello di Gian Domenico Majone: “Rethinking the Union of Europe Post-Crisis: Has Integration Gone Too Far?”. Da europeista parla della crisi europea e del deficit democratico che sta corrodendo l’Unione. Sono chiari i vantaggi dello stare in Europa che tu elenchi, certo, ma fanno parte di quella cosiddetta output-legitimacy (concetto che Majone prende a prestito da Fritz Scharpf, “Governing in Europe: Effective and Democratic?”): la legittimazione basata sui risultati e non sul processo democratico per raggiungerli e, soprattutto, per sceglierli. Da liberale e democratico non posso accettare che una istituzione decida per la gente cosa sia meglio e cosa sia peggio. Questa è l’aporia in cui si è cacciata l’Europa. Nasconderselo non può che nuocerle.
    Che ne dici?
    Un caro saluto.
    Alberto

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