lunedì 24 febbraio 2014

Il successo di Facebook e WhatsApp, l'assenza del venture capital nostrano e l'Economico di Senofonte

Il 4 febbraio di 10 anni fa, Mark Zuckerberg insieme a due co-fondatori, lancia Facebook ad Harvard University.

In Italia nel febbraio 2004 vengono arrestati Sergio Cragnotti e i figli per il crack della Cirio.

In queste due parabole di crescita c'è la differenza tra Italia e Stati Uniti. Noi guardiamo al passato, dando fiducia a persone di dubbia qualità, negli Stati Uniti ferve il mondo del private equity, dei fondi di investimento focalizzati sulle start-up innovative e sul seed financing, sul finanziamento alle imprese promettenti, affinchè crescano a tassi vertiginosi. Come nel caso di Facebook.

Facebook nel dicembre 2004 raggiunge 1 milione di iscritti. Nell'aprile 2006 Facebook è accessibile dal telefonino. E nel 2008 arriva la chat Facebook. Nel Maggio 2012 Facebook goes public, diventa public, ossia una parte delle azioni viene ceduta dagli azionisti della prima ora, per cui attraverso la quotazione le azioni di Facebook diventano negoziabili ogni giorno sul Nasdaq, acronimo di National Association of Securities Dealers Automated Quotation, il mercato delle società high tech più importante del mondo.

Ma Zuckerberg non si ferma mai. Chi lo fa, nel mondo supersonico di oggi, è perduto. Per cui, dopo aver acquistato Instagram per 715 milioni di dollari, ora ha chiuso il deal con WhatsApp - sistema di messaggistica nato 4 anni fa che connette 450 milioni di clienti nel mondo (7.000 miliardi di messaggi inviti solo nel 2013) - con un'operazione record di 19 miliardi di dollari (fatturato è ridicolo, solo 50 milioni). Nota di colore: WhatsApp ha solo 55 dipendenti, il che significa 345 milioni $ a dipendente.

Mentre in Italia le imprese tendono a rimanere piccole, negli States c'è voglia di crescere e di quotarsi. Nel più breve tempo possibile. La velocità della crescita è legata a numerosi fattori, non ultimo la disponibilità di finanziamenti da parte dei private equity.

Come ha scritto l'economista d'impresa Marco Vitale le basi del capitale di rischio e del private equity si trovano nell'Economico di Senofonte, dove il giovane titolare di un’impresa agricola di successo, Iscomaco, spiega a Socrate che, accanto alla buona gestione, uno dei segreti è di acquisire il controllo dei cespiti non valorizzati, di valorizzarli e poi di cederli con un buon guadagno di capitale. Per coloro che sono capaci di darsi da fare e coltivano la terra con ogni sforzo, vi è un modo di far denaro con l’agricoltura, che mio padre praticò personalmente e mi insegnò. Non permise mai che si comprasse della terra già coltivata, ma, quella che, per trascuratezza o l’incapacità dei proprietari, era improduttiva e non aveva piante. Diceva che le terre coltivate costano molto denaro e non possono essere migliorate; riteneva che le terre che non possono essere migliorate non danno altrettanta soddisfazione, e pensava che ogni oggetto di proprietà quando migliora, è una cosa capace di rallegrare moltissimo. Ma nulla presenta un miglioramento maggiore di una terra che da improduttiva diventa fertile. Tu sai bene, Socrate, disse, che noi abbiamo già moltiplicato varie volte il valore originario di molte terre. Udito ciò gli domandai: Iscomaco, le terre che tuo padre aveva dissodato, le teneva per sé o le vendeva, se trovava modo di guadagnarci molto denaro? Le vendeva, disse Iscomaco. Ma subito ne comprava delle altre, improduttive, per il suo amore per il lavoro".
Vale la pena citare il passaggio: "

Quando Facebook si è quotata nel maggio del 2012, si è parlato in Italia per mesi della discesa del prezzo post quotazione. Siamo proprio dei provinciali, guardiamo il dito e perdiamo di vista la luna. Il 21 Maggio 2012 il Sole 24 Ore titolò: Facebook crolla dell'11% sotto il prezzo dell'Ipo (Initial public offering, ndr).
Non si è capito o non si è voluto capire che l'enorme quantità di risorse finanziarie derivanti dalla cessione ha consentito e consente di finanziare altre migliaia di iniziative imprenditoriali che in Italia non si riescono a finanziare per carenza di VC e di finanziamenti di capitale di rischio.
Come ha scritto Leonardo Maugeri sul Sole 24 Ore del 7 febbraio scorso, secondo i dati di Start Up Italia, esistono solo 1.127 start up innovative, di cui solo 113 finanziate, per un misero totale di poco più di 110 milioni di euro investiti nel 2013. Bazzeccole, peanuts rispetto agli oltre 10 miliardi di dollari investiti dai VC statunitensi nel solo 2013.

Facebook ha fissato il presso di Ipo a 38 dollari. Gli investitori hanno cercato di capire se il modello di business avrebbe retto. Lo scetticismo ha avuto la meglio - nel breve termine - e il prezzo è sceso fino a 22,67$. Oggi, che vale nell'intorno di 64$, tutti i soloni che hanno accusato il capitalismo anglosassone di "fregare" gli investitori, si trovano a vedere il prezzo di FB in crescita del 68% dalla quotazione.
Un miliardo e 230 milioni di utenti, ogni secondo 41mila persone aggiornano il loro status, raccontano come stanno. Ogni minuto ci sono 1,8 milioni di "Mi piace". Solo in Italia sono 17 milioni coloro che visitano Facebook almeno una volta al giorno.

La capitalizzazione di FB ha raggiunto livelli incredibili, 176 miliardi di dollari, considerando che è nata 10 anni fa. Zuckerberg non ha ancora 30 anni ed è uno degli uomini più ricchi (e più giovani) del mondo.
Il matematico Odifreddi sarcasticamente ha parlato di Facebook come di "una nuova religione, che in dieci anni ha conquistato un miliardo di fedeli: più o meno quanti il cattolicesimo ne abbia conquistati in due indaffarati millenni".
Chiudiamo con la riflessione che condividiamo del sociologo Magatti sull'Espresso: "C'è la tendenza, tra gli adolescenti, di vivere il momento presente in senso assoluto, senza ieri e senza domani. E' saltata dai nuovi strumenti, dove gli scambi sono effimeri e temporanei. Una delle conseguenze è che le relazioni diventano superficiali e puntiformi. A spingere i giovani a vivere solo nella superficialità del presente, in realtà sono le attuali condizioni socio-economiche. Che impediscono loro di immaginarsi un futuro".
E siamo da capo. Il futuro non è più quello di una volta.

3 commenti:

  1. Luca Bianchetti24 feb 2014, 11:32:00

    In effetti in Italia il panorama del Venture Capital rivolto a queste iniziative è piuttosto limitato. Anche io ho adocchiato la cifra di ca. 110 mln nel 2013, con ca. 1 mln a operazione. Purtroppo l'anno prima, 2012, la cifra era sorprendentemente identica. Eppure nel periodo c'è stata una forte spinta di comunicazione, il decreto Start-up Italia e anche, più operativamente, la nascita di molti spazi di lavoro, alcuni molto ben equipaggiati.
    Dal lato dell'offerta di capitali ci sono sicuramente delle perplessità e delle resistenze, da quello degli imprenditori forse c'è ancora un po' di autoreferenzialità ed è forte la componente movimentista, ardita e un po' romantica.
    Avvicinare le due sponde si può, sono certo, con soddisfazione per tutti. Per chi cerca un investimento rischioso ma con prospettive molto aperte, per chi vuole sentirsi parte del cambiamento di un mondo superato, per chi vuol mettere le energie in un impresa.
    Per farlo bisogna restare su un terreno noto a chi vuole investire e puntare su iniziative che portino, in modo modulare, innovazione su business tradizionali, avvalendosi di figure riconosciute e che diano garanzia.
    Una start-up con l'attivismo della contemporaneità e che possa contare su insider di peso del settore che si vuol cambiare è certamente una bella carta su cui puntare.

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  2. esempio banale della diversità tra USA ed ITA: passeggio per MeatPacking Dist, domenica pomeriggio, vedo un negozio sfitto e prendo nota del numero di tel; mi ferma un aziano signore incuriosito dal fatto che stessi prendendo nota di un numero di telefono e si presenta: a capo del 3° gruppo di RE in NYC stanno cercando nuove idee , su cui investire, per portarli in borsa nell'arco di 2 anni, scambio di biglietti, ed apputnamento nel suo headquarter nella city....ora perchè investire in italia? perchè tentare di raccogliere finanziamenti in una paese "finziariamente" morto ( o forse mai nato?)

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  3. Ricevo e pubblico:

    In largo giro ed andando al senso, ci auspicheremmo tutti un’Italia con una più sana e forte cultura di VC, ma soprattutto un’Italia davvero in grado di proporre e ospitare innovazione. Purtroppo, amaramente, non è questo il caso, mancano le premesse. Gli start upper italiani con le migliori idee cercano sì altre terre per crescere e svilupparsi e, se non lo fanno, si arenano nel labirinto amministrativo, o ancor prima nella ricerca di Incubator locali che stanzieranno il minimo se andrà loro tutto bene. Non possono che pregare i santi e chiedersi dove siano finiti gli Angel o anche solo qualche misero fondo europeo. Lo vedo, ci sono miei compagni d’università che hanno scelto questa strada. Ora vanno via.

    L’acquisizione di Whatsapp, come mossa strategica per allargare il bacino di utenza mobile di Facebook, non stupisce affatto. Condivisibile o meno in termini di valutazione, che si urli alla nuova Internet Bubble o meno, Facebook è figlia di una cultura d’impresa à la Steve Jobs che cerca nell’innovazione e nel trial & error il suo successo. E se la Silicon Valley è certamente un caso unico e raro, una engine del sogno americano, anche senza andare oltreoceano, basti pensare che in UK è sufficiente recarsi alla Company House e con poche sterline e in qualche settimana si mette su una Start Up, beneficiando di bassa fiscalità d’impresa e di un ambiente quanto mai stimolante ed aperto al confronto, in cui gli investitori tra l’altro non fanno fatica a capire ciò di cui parla lo start upper.

    VC

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