mercoledì 3 novembre 2010

Le violazioni dello IOR, la mafia, la reazione di Bankitalia

In un precedente post - Lo Ior e il purgatorio dei conti off-shore - abbiamo parlato delle disavventure giudiziarie dello IOR (Istituto per le Opere di Religione, la Banca Vaticana), che - secondo la magistratura e la Banca d’Italia - non rispetta le disposizioni previste dalla Legge 231/2007 sul riciclaggio.

In otto cartelle intestate “Banca d’Italia” e depositate nel procedimento in corso a Roma nei confronti del Presidente Ettore Gotti Tedeschi e del direttore generale dello IOR Roberto Cipriani, si spiega lucidamente la violazione da parte dello IOR degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa antiriciclaggio del 2007.

Secondo la Banca d’Italia, lo IOR è una “Banca insediata in un paese extracomunitario a regime antiriciclaggio equivalente”. Ma c’è un ma. Lo IOR si comporta ora come ente ecclesiastico, ora come banca, poi ancora come ente ecclesiastico. Esiste quindi una discontinuità che non consente di risolvere le criticità emerse nelle ispezioni – la prima nell’ottobre 2008 – presso vari istituti di credito aventi rapporti con lo IOR.

A fronte del rapporto di Bankitalia, gli inquirenti non possono che scrivere che questa discontinuità sulla natura giuridica dell’Istituto, lo IOR continua ad essere uno “schermo opaco” per alcuni titolari di conti “protetti”.

Lo IOR promette, ma non rispetta le scadenze. Bankitalia chiede tempi rapidi, mentre quelli dello IOR sembrano biblici.

Entriamo nel dettaglio e ripercorriamo i fatti, leggendo insieme la relazione di Palazzo Koch.

In una prima fase gli esponenti dello IOR hanno sostenuto la natura di ente ecclesiastico dell’Istituto, ma poi “sembravano riconoscere, nelle modalità di svolgimento delle operazioni, la natura di soggetto bancario”. Infatti il 18 gennaio 2010 Bankitalia diramò uno schema per allineare l’operatività dello IOR – banca di un paese extracomunitario a regime antiriciclaggio non “equivalente” - alle norme antiricilaggio valide per le banche italiane.

Successivamente lo IOR dichiara di voler regolarizzare la propria posizione, ma ha nuovamente sostenuto di essere un ente ecclesiastico, appartenente alla Santa Sede, ente centrale della Chiesa cattolica, autonomo rispetto allo stato Città del Vaticano. Nel marzo 2010 il Presidente Gotti tedeschi trasmette una memoria secondo la quale lo IOR non può considerarsi una banca in quanto non esercita attività creditizia. Bensì “provvede alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati all’Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e di carità”.

Il 12 maggio 2010 la Banca d’Italia scrive che la qualifica di ente ecclesiastico “muterebbe drasticamente” il regime dei rapporti con lo IOR, in quanto l’assoggettamento alle disposizioni antiricilaggio avverrebbe solo su base volontaria, senza controlli.

Ettore Gotti Tedeschi
Il 25 maggio 2010 lo IOR scrive a Bankitalia e fa sapere di aver avviato la procedura di inserimento della Santa Sede – non dello Stato Città del Vaticano – nella white list (comprende gli Stati rispettosi delle norme sulla trasparenza; si parla di black list per i Paesi esclusi dalla white list), ma la lista è quella dell’OCSE sullo scambio di informazioni a fini fiscali, NON quella comunitaria prevista dalle norme antiriciclaggio.

Di fronte a questa discontinuità – se il grande Ugo Tognazzi fosse ancora vivo direbbe “Come fosse Antani supercazzola a sinistra, con scappellamento a destra” – il 9 settembre 2010 Bankitalia ribadisce che, nei rapporti con lo IOR, si applicano gli obblighi “rafforzati” di adeguata verifica previsti dal decreto 231/2007. Va acquisito l’impegno dello IOR a identificare i clienti e a fornire un flusso informativo periodico che consenta di associare alla clientela le seguenti operazioni:

1. movimentazione di assegni;
2. esecuzione di bonifici;
3. operazioni in contanti.

In caso di mancato rispetto delle norme antiriciclaggio, le banche italiane devono astenersi dal dare seguito e segnalare le operazioni sospette. Che l’UIF segnala alle Procure. Che nel nostro caso hanno proceduto al sequestro delle somme – diversi milioni di euro - presso il Credito Artigiano di Roma.

E’ notizia del 28 ottobre scorso – http://www.banchedati.ilsole24ore.com/doc.get?uid=sole-SS20101028001EAA , Il Sole 24 Ore 28 ottobre 2010, Così il prete ricilava sul conto dello Ior - che a Catania la Procura distrettuale antimafia sta indagando dal 2006 su un’operazione di riciclaggio della famiglia Bonaccorsi, che attraverso Orazio Bonaccorsi – sacerdote – “ha ripulito” 250mila Euro.

I fatti. Nel 2006 Vincenzo (condannato in Cassazione per associazione mafiosa) e il fratello Antonino Bonaccorsi organizzano una truffa ai danni della Regione Sicilia (dove regnano complicità perchè tra la data di presentazione della richiesta e il rilascio del finanziamento - a fronte di fatture marcatamente false – passa un giorno), che finanzia con i Fondi strutturali europei un allevamento di trote e di pesca sportiva, che naturalmente non verrà mai costituito.

Il 3 gennaio 2006 la Regione Sicilia bonifica una prima tranche del finanziamento pari a 300mila euro a favore del conto n. 1511 della filiale di Catania della Banca Popolare di Novara, intestato a Antonino Bonaccorsi. Il 18 gennaio 250mila euro vengono bonificati alla filiale n. 15 della BNL di Roma dove il nipote “padre” Orazio Bonaccorsi ha un conto personale, n. 12138. Causale del bonifico? Indovinate un po’: “Beneficienza”. Il sacerdote emette un assegno di 245mila euro intestato a sè stesso, lo presenta all’incasso alla Banca di Roma, dove lo IOR ha un conto, il n. 2838150, su cui ha la delega ad operare. Il gioco è fatto. Nelle parole del procuratore capo di Catania Vincenzo D’Agata: “Lo Ior non ha sportelli in Italia e opera aprendo conti bancari come se fosse un singolo cliente e tutto quanto arriva sul suo conto si confonde e non dà la possibilità di essere ricondotto ai singoli soggetti che hanno operato. E questo rappresenta una violazione delle norme bancarie e delle leggi antiriciclaggio”.

L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di Banca d’Italia non crede alla causale. E segnala l’operazione sospetta alla Procura di Catania. Che scopre che dei 245mila arrivati, Antonino – con i codici avuti dal figlio Orazio – bonifica in tranche diverse un totale di 225mila euro a favore del conto aperto alla Banca Popolare di Novara di Catania, punto di partenza dell’operazione di riciclaggio. Poco dopo il pregiudicato mafioso Vincenzo Bonaccorsi passa in banca e preleva in contanti. Tutto in famiglia.

Porgiamo un quesito al portavoce dello IOR Federico Lombardi, che in una lettera al Financial Times – in relazione ad un articolo di prima pagina del 22 settembre scorso “Vatican bankers in laundering inquiry” – rispondeva il giorno dopo parlando di "misunderstandings between the IOR and the bank which receives the transfer order". Incomprensioni. Suvvia, ne è ancora convinto?

E ancora. Cosa aspetta l’Università Gregoriana - frequentata da padre Orazio Bonaccorsi – a espellere un così bravo discepolo di Gesù, che aiuta i mafiosi a riciclare il denaro frutto di truffe?

1 commento:

  1. visti gli ultimi sviluppi ci sarebbe da scrivere un vero e proprio romanzo sui rapporti tra stato italiano e chiesa cattolica. Emblematico l'articolo sul Sole24ore di oggi, dove il presidente dello IOR, Gotti Tedeschi, prima di essere sentito dalla commissione di sorveglianza della Banca d'Italia, ammette che ha avuto fortissime pressioni interne per non presentarsi a tale incontro. Dimostrazione della grande ambiguità che ancora regna tra le mura dei sacri palazzi romani.
    Sandro Bagatti

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