lunedì 29 novembre 2010

La globalizzazione funziona! Le due Coree a confronto


I dati economici diffusi nel mondo confermano il decoupling tra Oriente e Occidente: il primo contraddistinto da una forte crescita economica, il secondo caratterizzato da crescita anemica.

Settimana scorsa il guest speaker all’inaugurazione dell'anno accademico all'Università Bocconi è stato Kishore Mahbubani - professore della Lee Kuan Yew School of Public Policy di Singapore – che ha detto: “La crisi ha accelerato il cambiamento, ma sarebbe ora di cambiare definizione. Il nome giusto è crisi finanziaria occidentale...In passato, quando le economie occidentali rallentavano, si fermava anche l’economia mondiale. Non è più così. L’economia occidentale è ferma, mentre l’India cresce del’8 o 9%, la Cina del 9 o 10% e Singapore del 15%. Sapete che Singapore ha un Pil procapite superiore a quello della Gran Bretagna?”

Kishore Mahbubani
Purtroppo per ragioni storiche, mentre la Corea del Sud è un Paese tra i più ricchi del mondo, la Corea del Nord è un Paese disgraziato, governato da un dittatore fuori di testa. La popolazione nord coreana vive di stenti e si nutre di erbacce. Numerose sono le missioni dell’ONU per intervenire sul fronte alimentare. Ma entrare in Corea del Nord è impervio.

L’altro giorno abbiamo assistito al bombardamento da parte della Corea del Nord dell’isola sudcoreana di Yeonpyeong, al confine tra i due paesi. Due soldati sudcoreani sono morti, i feriti sono una ventina tra soldati e civili. L’isola, abitata da 1600 persone, è stata evacuata. Seul ha risposto immediatamente all’aggressione mobilitando le sue forze armate e alzando in volo i suoi caccia.

Non si può assolutamente sottovalutare una dittatura paranoica, che guida con il terrore un Paese che va in pezzi ma che è armata fino ai denti e ha potenzialità atomiche. Kim-Jong Il al potere in Corea del Nord sta compiendo il classico gioco della brinkmanship, dello spingere le crisi croniche sul brink, sull’orlo acuto della catastrofe per strappare successi, concessioni, effetti propagandistici prima di ritrarsi dalla soglia dell’abisso.

Kim Jong-Il
Un po’ di storia. Nel 1950 la Corea del Nord invade la Corea del Sud, segue la guerra delle due Coree, muoiono due milioni di civili, 1,5 milioni di militari nordcoreani, 400mila sudcoreani, 30mila soldati americani e 1000 britannici. Il 27 luglio 1953 viene firmato l’armistizio che sancisce la tregua militare tra le due Coree. L’ultimo episodio è indicativo del fatto che la tregua è stata infranta più volte.

Ma come è possibile che due Paesi che sono partiti da situazioni economiche simili siano oggi tanto diversi. La mia risposta? La globalizzazione. Che funziona.

Per dimostrare come la globalizzazione sia molto positiva - si consiglia la lettura di J. Bhagwati, Contro il protezionismo, Laterza, 2005; J. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Einaudi, 2006 - e consenta ai Paesi Emergenti di diventare Paesi Avanzati – vediamo come comparando la Corea del Sud – Tigre Asiatica con una crescita elevatissima degli ultimi 40 anni – e la Corea del Nord, da una parte abbiamo un paese aperto agli scambi con l’estero, in forte crescita, con un pil pro-capite su livelli occidentali, grandi imprese multinazionali (LG e Samsung su tutte), export fortissimo e dall’altra abbiamo un dittatore megalomane, un paese chiuso con l’estero, arretrato, dove la popolazione soffre di malnutrizione e con un bassissimo tenore di vita.

Vi racconto un episodio emblematico. Al termine dei Mondiali di calcio (dove la Corea del Nord è stata sconfitta da Brasile, Costa d’Avorio e Portogallo), tutta la squadra (per il commissario tecnico della Corea del Nord, Kim Song Hun è stato previsto anche un periodo di lavori forzati) è stata messa alla gogna. Sono dovuti stare sei ore in piedi, immobili, su un palco – allestito dai dirigenti del partito comunista - insultati da 400 tifosi agguerriti che hanno continuato ad insultare il team calcistico. Hanno avuto una sola colpa: aver tradito la fiducia del “caro leader” (così lo chiamano) Kim Jong Il, che governa la Corea del Nord dal 1994, succedendo al padre Kim Il Sung.

Nella vicina Cina la gogna ha una tradizione millenaria. Imposta in epoca imperiale, è stata rilanciata da Mao Zedong durante la rivoluzione culturale. Nel 2010, dopo qualche anno di interruzione, le campagne di “umiliazione pubblica” sono state ventisei. Recentemente ad Ankang, nello Shanxi, diciassette uomini e donne hanno sfilato in processione davanti a migliaia di contadini. Camminavano con una tavoletta appesa al collo che recava scritto: “Sospetto sabotaggio di costruzione pubblica e disturbo dell’ordine sociale”.

Le autorità hanno spiegato così: “L’umiliazione è una misura speciale che svolge un ruolo importante nell’educazione delle masse”.

Ma questa ennesima dimostrazione di forza della Corea del Nord non è altro che un messaggio all’Occidente della Cina, che protegge la dittatura di Kim Jong Il. Il fallimento dell’ultimo vertice G20 di Seul ha convinto i dirigenti cinesi ad allentare il guinzaglio del mastino nordcoreano, consentodogli di bombardare l’isola di Yeonpyeong, contesa da oltre 50 anni. Fa fede il comunicato cinese del giorno dopo: “La Cina è contraria a tutte le azioni militari non autorizzate all’interno della propria zona economica esclusiva”.

Marta Dassù
La pensiamo come la sinologa Marta Dassù, che ieri sulla Stampa – “Crisi coreana, ora Pechino deve decidere" - ha scritto: “Con le sue mosse militari, infatti, il regime di Pyongyang mette in gioco la credibilità della garanzia americana agli alleati asiatici, spinge la Corea del Sud a decidere misure più rapide di reazione; sottopone a dura prova il rapporto fra Washington e Pechino... Non ci sarà soluzione possibile, ai problemi di sicurezza dell’Asia orientale, senza accordo fra Cina e Stati Uniti: un accordo che la crisi coreana, dopo la crisi finanziaria, rende più difficile. Tuttavia, la provocazione di Pyongyang offre anche, a un mese dal viaggio del presidente cinese Hu Jintao negli Stati Uniti, la possibilità di allargare l’agenda. La speranza, insomma, è che la consapevolezza del rischio coreano aumenti i margini per un qualche tipo di trade-off. La condizione, sul lato americano, è che Washington riesca a combinare la rassicurazione verso Seul con un’apertura seria a Pechino: e seria significa che gli Stati Uniti dovranno anche concedere qualcosa. Sul lato cinese, la condizione è che una leadership pragmatica decida di assumersi finalmente delle responsabilità positive”.

3 commenti:

  1. "La condizione, sul lato americano, è che Washington riesca a combinare la rassicurazione verso Seul con un’apertura seria a Pechino: e seria significa che gli Stati Uniti dovranno anche concedere qualcosa. Sul lato cinese, la condizione è che una leadership pragmatica decida di assumersi finalmente delle responsabilità positive"

    Nonostante sia d'accordo con quanto riportato, dubito che in concreto si giunga ad una "soluzione" di questo tipo. Fino a dove ci si spingerà prima di raggiungere un vero equilibrio?

    Luca A.

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  2. Alessandro Balsotti1 dic 2010, 16:08:00

    un altro esempio di come due paesi simili per potenzialità, risorse, cultura, popolazione possono arrivare a situazioni molto diverse dopo pochi decenni è stato dato dalla situazione delle due Germanie al crollo del muro nell'89. Almeno per quei quarant'anni abbondanti, l'economia di mercato ha dimostrato di saper rendere un servizio assai migliore alla popolazione. Potremmo dire lo stesso dopo altri quarant'anni (largo circa nel 2030) ? vedremo.....

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  3. Mi viene in mente una cosa a leggere questo post..
    Immagino come sarebbe l'Italia se si verificasse quella netta divisione che la Lega più estrema auspica da anni.. Probabilmente la situazione sarebbe molto simile a quella delle due Coree, ma rovesciata: un nord molto sviluppato (magari anche in misura superiore a quella dei maggiori paesi industrializzati), dove il motore dello sviluppo viaggia senza problemi; ma il sud cosa diventerebbe? Come la corea del nord, sarebbe sottoposto a una dittatura, non di un solo uomo, ma di un'intera stirpe di criminali (se non fosse chiaro, parlo della mafia, della 'ndrangheta o come la si voglia chiamare, il concetto non cambia).. Probabilmente tornerebbe a livelli da terzo mondo, dove pochi vivono nel lusso e molti nella miseria..
    Il caso della Corea ci dimostra che non è uno scenario inimmaginabile, ma quello più probabile quando avviene una divisione così netta di un paese..

    Cerf Volant

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