lunedì 15 novembre 2010

Gli italiani e il tempo: lentezza e velocità

Enrico Finzi
Settimana scorsa ho avuto la fortuna di ascoltare alla Kimbo Lounge in via Borgonuovo Enrico Finzi – uno dei più noti ricercatori sociali italiani. Ci sono persone – ed Enrico Finzi è tra queste – che in modo brillante, ironico, suadente, ci portano per mano nei meandri della conoscenza – e noi non ne usciamo “vergini e puri” come Mike Bongiorno (Fenomenologia di Mike Bongiorno, all’interno di Diario Minimo, Umberto Eco, Mondadori, 1963). Allora ho deciso di condividere con voi le mie note.

Il tema della Lectio Magistralis era “Assaporare o ingurgitare la vita. In questi tempi di elogio della lentezza scopriamo come in realtà il segreto della felicità sia poter vivere a due velocità”.

Esistono due tipologie di povertà. Di reddito e di tempo. Concentriamoci sulla seconda.

1. Il 42% degli italiani (dai 18 anni in su) denota un peggioramento della salute negli ultimi 5 anni. Ma è solo una percezione soggettiva. Perchè? Hanno risposto che la causa di tutto è lo stress, la mancanza di tempo.

Ma gli italiani vorrebbero veramente rallentare?

2. il 7% non sa rispondere: una fetta degli italiani non è in grado di comprendere frasi semplici. Non è analfabetismo di ritorno. E’ analfabetismo e basta.

3. il 18% vuol vivere più velocemente. Le donne in particolare – soprattutto al Sud - vorrebbero una vita meno ripetitiva, più eccitante, meno soffocata dalla famiglia e dall’ambiente sociale. Al "padre padrone" in alcuni casi si sostituisce il "marito padrone". La lentezza della vita è sofferta. Allora ci si concentra sui nipoti.

4. il 2% sono handicappati provvisori; se uno si rompe la gamba sciando, impazzisce a stare in casa e quindi vorrebbe accelerare, e di molto;

5. l’11% vivono sempre di fretta – i milanesi, per esempio – drogati, addicted dalla fretta, ma non saprebbero vivere altrimenti. Sono sempre connessi, always on, con il blackberry o l’I-phone in mano. La vera amante spesso è l’azienda;

Chiara Saraceno
6. il 40% vorrebbe vivere più lentamente. Le donne – sulle quali ricadono ancora la quasi totalità dei lavori di casa, la cura dei bambini e l’assistenza agli anziani – sono i soggetti deboli. Dove l’occupazione femminile è più alta e sui livelli europei – Emilia Romagna e Toscana – il livello di stress è molto alto. E qui bisogna rifarsi a Chiara Saraceno, la più grande studiosa di questi fenomeni. Questi sono alcuni stralci tratti dal suo ultimo articolo “Una tradizionale famiglia italiana” http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002002-351.html : “Manca, per altro, l’indicazione che i servizi per l’infanzia dovrebbero rientrare nei livelli essenziali dei servizi e manca, soprattutto, una riflessione sulla qualità e la dimensione educativa dei servizi per la prima infanzia, che non può essere garantita nello stesso modo da questo insieme variegato di servizi. Forse perché si vuole, come è scritto, “investire sulla famiglia”, non sugli individui, in primis i bambini. Bambini le cui necessità di cura, sorveglianza, organizzazione del tempo, per altro scompaiono una volta superati i tre anni. In particolare, nulla si dice degli orari delle scuole dell’obbligo… Più ancora della cura dei bambini, la cura degli anziani rimane un “affare di famiglia”, o meglio di donne nella famiglia”.

Poi ci si domanda perchè noi italiani facciamo pochi figli! Le donne sono sole. Se al Centro-Nord i servizi per le famiglie sono insufficienti, al Sud semplicemente non ci sono. Punto. Non esistono servizi, consultori, voucher per baby-sitter (come in Francia).

La natalità in Italia ha toccato il punto massimo nel lontano 1964 con 1.065.000 bambini nati. Nel 2010 saremo nell’intorno del 550.000, grazie all’apporto significativo degli immigrati;

Fausto Coppi
7. Il 12% vive una situazione insostenibile, sta letteralmente schiattando. Spesso si ammala, il corpo si mette a riposo come meccanismo di difesa. Mi sovviene un passaggio meraviglioso di Gianni Brera – il più grande giornalista italiano di ogni tempo - a proposito degli infortuni di Fausto Coppi, il Campionissimo di Castellania (AL): ”A mezzogiorno passa la corriera di Tortona: porta a Fausto la Gazzetta quotidiana. Una volta che si attarda in casa e teme che l’autista se ne riparta senza lasciargli il giornale, Fausto balza dalla soglia direttamente sulla strada fatta vetrosa dal gelo e ruzzolando si rompe il malleolo destro. E’ la prima frattura funzionale della sua vita. Deve ricaricarsi i nervi in pace accanto alla stufa...
Fausto Coppi a riposo
Riprende anche al Nord il Carro di Tespi degli arrotini. Tutti su un camioncino, con le macchine addosso. Centomila secche per riunione. Prendere o lasciare. E poi si spartisce. Fausto non azzecca una volata a spingerlo. Dicono che la guerra l’abbia svuotato. E’ vero al contrario, ma non si sa ancora. La guerra gli ha salvato la vita, come le fratture. Quando stava per ammattire sotto sforzo, un guaio che lo faceva scendere dalla bicicletta-tigre. E si ricaricava i nervi aspettando” (Gianni Brera, Coppi e il diavolo, Baldini e Castoldi, 2000, p. 56 e p. 77).

8. Il 10% non si pronuncia o non dà alcuna importanza alla questione del tempo.

Finzi fa una pausa, si concentra e torna a spiegare: “Non è vero che la lentezza è felicità. E’ vero piuttosto che la felicità è basata sull’alternarsi tra tempo veloce e tempo lento, sull’equilibrio tra la corsa e la riflessione”.

Le pause sono molto importanti. Gli italiani – anche con il famoso invito “Vieni a bere un caffè ?” – sono i più grandi consumatori di pause.

Viviamo di pause. E poi ripartiamo. Guai a stare “always connected” con il palmare in mano. Rischiamo di sbarellare.

La felicità è alternanza, tra momenti vissuti di corsa e momenti assaporati con calma, tra “pieno” e “vuoto”.
Il gioioso succedersi di sprint e stasi ci regala:

- flessibilità;
- momenti di relax;
- una vità più intensa: ti godi di più la partita allo stadio se dopo leggi un bel libro davanti al camino acceso; si frequentano persone diverse nella loro varietà;
- l’autonomia personale. E’ noto come potere significa controllo del tempo degli altri;
- l'allenamento per il prossimo invecchiamento.

Felicità è poter scegliere. E’ essere liberi. O come dice Layard – Felicità, la nuova scienza del benessere comune (Rizzoli, 2005) – “La felicità inizia dove finisce l’infelicità”.

Chiudiamo con il poeta W.H. Davies (Leisure, 1911): “Che cosa è mai questa vita se, pieni di preoccupazioni, non troviamo il tempo di fermarci a contemplare”.

1 commento:

  1. Il tempo è la risorsa più scarsa con cui abbiamo a che fare, su questo non ci piove.
    Tuttavia, "ricerche" come queste hanno IMHO poco o nessun significato. Potrebbero avere valore se confrontate con analoghe iniziative in altri paesi. Ad es., gli italiani hanno troppi giorni di vacanza se confrontati con gli anglosassoni (gli americani hanno mediamente 10gg/anno), e nonostante ciò la produttività è di gran lunga inferiore. Come coniugare questo dato con quello della "ricerca" di cui sopra? La sola risposta che mi viene in mente è che una piccola percentuale di italiani ha elevatissima produttività (10-15% degli attivi, a naso), mentre il restante è sostanzialmente improduttivo/lavativo. E questo è comprensibile, considerando che oltre 50% del GDP viene intermediato da un soggetto per il fattore tempo non ha alcun valore, ovvero lo stato.
    In sostanza, la quantità di criceti che girano a vuoto sulla ruota è molto elevata.

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