lunedì 30 giugno 2014

La maestria di Mario #Draghi, che surclassa Jean-Claude Trichet 4 a 0


Nel luglio 2012 Mario Draghi salvò l'euro e l'Unione Europea dichiarando che avrebbe fatto tutto il possibile come banchiere centrale per rinsaldare la fiducia nell'euro. E ci riuscì. Basto l'annuncio "whatever it takes".
Il 5 giugno 2014 Draghi si è ripetuto. Nell'assenza di politica fiscale comune, tocca alla politica monetaria prendere provvedimenti per combattere la deflazione europea.
Draghi in conferenza stampa ha sorpreso tutti dicendo: "We are not finished here". In altre parole, il nostro lavoro è appena iniziato e andremo avanti fino a che le aspettative inflazionistiche si siano portate verso l'alto.
E' un lavoro difficile perchè i banchieri centrali sono abituati a sconfiggere l'inflazione. La Bundesbank è sempre stata considerata un "inflation buster", un cacciatore di inflazione. Ora che l'inflazione - ampiamente sotto il 2% - la si deve alimentare, i banchieri si sentono un po' spiazzati.

Jean-Claude Trichet
Voglio ricordare un epidodio che fa capire la gravità di questa deflazione. Solo qualche anno fa, il 23 luglio 2010, il predecessore di Draghi, il francese Jean-Claude Trichet in un articolo sul Financial Times dal titolo "Stimulate no more. It is now time for all to tighten" disse che era tempo di abbandonare le politiche monetarie accomodanti e alzare i tassi di interesse. Quanta acqua è passata sotto i ponti!
Vale la pena di rileggere Trichet: "With hindsight, we see how unfortunate was the oversimplified message of fiscal stimulus given to all industrial economies under the motto: "stimulate", "activate", "spend"!. A large number fortunately had room for menoeuvre; other had little room. And some had no room, at all and should have already started to consolidate. Specific strategies should be tailored to individual economies. But there is little doubt that the need to implement a credible medium-term fiscal consolidation strategy is valid for all countries now".

Non dobbiamo dimenticare l'enorme errore che fece la Banca centrale europea quando il 2 luglio 2008, per paura di un rialzo ulteriore dell'inflazione via prezzo del petrolio, alzò i tassi di interesse al 4,25%, solo due mesi prima del collasso di Lehman Brothers.

Trichet è un allievo dell'ENA, l'Ecole National di Administration fondata da Charles De Gaulle. Ma non è stato fortunato come Draghi che ha avuto come maestri Paolo Baffi e Federico Caffè.
Visto che ci sono i Mondiali di calcio in corso, ci permettiamo di usare il gergo calcistico: Draghi batte Trichet 4 a 0.

mercoledì 25 giugno 2014

Wimbledon, fragole con panna, fair play e gesti bianchi

Per chi come me è stato più volte sul Campo Centrale di Wimbledon, l'inizio del torneo di tennis più antico del mondo è fonte di ricordi, emozioni, nostalgia.

Entrare sul Centrale toglie il fiato. Un momento magico. Il manto erboso curato dai migliori giardinieri del mondo, gli inchini al Royal Box, le code all’alba, gli Honorary Stewart con il cappello ornato di verde e viola - i colori del Club - le fragole con panna, l’educazione del pubblico e dei giocatori in campo, con le dovute eccezioni per miti assoluti come John McEnroe, The Genius. Stiamo parlando dei Gesti Bianchi (Baldini e Castoldi, 1995), libro meraviglioso del nostro amato Gianni Clerici.

Il torneo più antico del mondo è iniziato qualche giorno fa con Andy Murray, scozzese, campione uscente, che ha nella sorpresa generale ingaggiato una coach donna, la tostissima Amelie Mauresmo.
Il favorito del torneo è Nole Djokovic, testa di serie n. 1, che si fa forza della nuova dieta, che non comprende la presenza di glutine, contenuto in pane, pizze e pasta, mangiate da bambino e adolescente a Kopaonik, una località sciistica dove trascorreva l'estate e i genitori avevano una pizzeria.

Per entrare nel clima dell'All England Lawn Tennis and Croquet Club, vi segnalo un mirabile racconto sul capo giardiniere del torneo,  Robert Twynam (all'interno del volume - a cura di Matteo Codignola - di John Mcphee, Tennis, Adelphi, 2013), il quale, secondo un membro del Wimbledon's Committee of Management "considera ogni filo d'erba un individuo, con le sue esigenze, un suo destino, e soprattutto il diritto inalienabile di crescere su quel prato benedetto".
Secondo Twynam "questi non sono prati ornamentali. E' una bella superficie dura, fatta per giocarci a tennis. L'erba che viene su è vera, e come cresce, la tagliamo. Qui non c'è niente da guardare. Qui si gioca il campionato del mondo".
L'erba, per la cronaca, è tagliata a 8 millimetri e seminata solo a loglio per favorire il rimbalzo più alto, compatto e commestibile anche dai tennisti meno vegetariani (Rafa Nadal, per esempio).

Per chiudere, credo che la cosa migliore sia riprendere in mano una poesia dello Scriba, al secolo Gianni Clerici, il più grande giornalista di tennis al mondo, premiato anni fa e insignito della Hall of Fame of tennis, massimo riconoscimento mondiale, autore - tra i diversi volume - degli imprescindibili Divina. Suzanne Lenglen, la più grande tennista del mondo 500 anni di tennis.

Nel suo Il suono del colore (Fandango libri, 2011), Clerici dedica un sonetto alla bellissima tennista di colore Venus Williams:

Fragole con panna
nella tua bocca rosa
tra le tue labbra
Venus
tornata a dominare
su chi ti rese schiava
ti imprigionò su navi
destinate al cotone
Riscattata dal genio
di gesti bianchi usciti
dalla tue mani nere
Tu Venere regale
prodigio suscitato
dalla schiuma del mare

Carissimi lettori, buona visione di Wimbledon!

lunedì 9 giugno 2014

Cricche e tangenti: la storia dell'austerità è una favola

Come ci ha insegnato Nanni Moretti in Palombella Rossa - "chi parla male, pensa male e vive male" - l'uso delle parole è decisivo. Per cui ritengo opportuno analizzare con attenzione la parola austerità, che la stampa nazionale ha ormai tradotto in austerity, perchè fa tendenza.

In passato ho scritto chiaramente da che parte sto, dalla parte di Angela Merkel e quindi #austerity tutta la vita.

Nella sua ultima relazione da Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi scrive: "Il semestre di presidenza italiana deve essere l'occasione per ridurre gli eccessi di una austerità applicata in modo asimmetrico". Non sono dello stesso avviso. Quale austerità?

Franco Tatò
Io sono d'accordo, invece, che con Franco Tatò, manager di lungo corso, che in un'intervista all'Espresso - Basta, lascio questa Italia malata - scrive: "La storia dell'austerità è una favola. Si è creata artificialmente una dicotomia crescita-austerità. Cos'è l'austerità se non rigore, tenere i conti in ordine, applicare la buona amministrazione, tagliare i costi, non fare spese inutili? Forse sperperando si cresce? Non credo. Allora perchè crescere se non c'è profitto?".

Crescita economica ed equilibrio del bilancio pubblico sono da perseguire congiuntamente. Nella lectio magistralis tenuta a Pavia nel marzo scorso il Governatore Ignazio Visco ha scritto con saggezza: "La politica monetaria unica è in grado di garantire la stabilità solo se i fondamentali economici e l’architettura istituzionale dell’area sono con essa coerenti...
Ignazio Visco
La fragilità delle finanze pubbliche di alcuni paesi è il risultato di politiche di bilancio a lungo imprudenti, di una colpevole sottovalutazione delle conseguenze di ampie, protratte perdite di competitività. La politica di bilancio deve garantire la sostenibilità del debito, il pieno accesso al mercato. Le regole concordate in sede europea sono il mezzo, non il fine.

Per il nostro paese il vero vincolo di bilancio è dato dalla necessità di garantire la sostenibilità del debito pubblico e di mantenere il pieno accesso al mercato finanziario. Ho sottolineato più volte come il ricorso annuo del Tesoro ai mercati sia dell'ordine di 400 miliardi. In un contesto ancora carico di tensioni, basta poco a incrinare la fiducia degli investitori. È successo tra l'estate del 2011 e la primavera del 2012, quando la quota di titoli pubblici italiani in mani estere scese drasticamente...

I ritardi nell’attuazione di riforme strutturali in diversi paesi sono all’origine dell’accumulo degli
squilibri macroeconomici che hanno alimentato la crisi attuale".

Concetto ribadito anche nelle ultime Considerazioni finali, dove si legge: "Crescita economica ed equilibrio del bilancio pubblico non possono che essere perseguiti congiuntamente".

Non diamo sempre la colpa alla Merkel. Guardiamo in casa nostra ai disastri che abbiamo compiuto.

Tatò prosegue la sua analisi: "La pesantissima crisi economica suscita grande apprensione. Ma io sono più preoccupato dai comportamenti della classe dirigente. In situazioni di crisi bisogna lavorare in manierà più che concentrata. Eppure invece di impegnarci puntanto sulle competenze, cercando persone capaci e serie si continua a credere che le aziende possano andare da sole e che la bravura dei manager conti meno del potere di lobby, parentele, nepotismi, cricche. E' un criterio profondamente sbagliato che il Paese non può permettersi più".

I recenti arresti sul colossale magna-magna sul Mose di Venezia sono l'ennesima conferma che cricche e becero capitalismo di relazione sono insostenibili se vogliamo sopravvivere in un mondo supercompetitivo.

martedì 3 giugno 2014

I debitori di riferimento nelle Considerazioni finali del governatore della Banca d'Italia: i non velati riferimenti a #Carige

E' un rito nazionale. Il 31 Maggio di ogni anno - quest'anno il 30 - la Banca d'Italia, rappresentata dal suo massimo esponente, il governatore, esprime le sue valutazioni su crescita economica, intermediari creditizi e finanziari, competitività del sistema Italia,Vigilanza e politica monetaria.

Anche quest'anno l'analisi di Ignazio Visco è stata piena di verità, esattezza, chiarezza, in tempi dove l'opacità, l'ipocrisia, il dire e il non dire ha la meglio.

Tra i tanti messaggi presenti nelle Considerazioni finali, porto alla vostra attenzione un passaggio che necessita di una spiegazione: "Bisogna operare per rafforzare la separazione tra fondazione e banca, non consentendo il passaggio dai vertici dell’una agli organi dell’altra ed estendendo il divieto di controllo ai casi in cui esso è esercitato di fatto, anche congiuntamente con altri azionisti. Rapporti stretti con il territorio di riferimento sono, per molte banche medie e piccole, una fonte di stabilità, che si riverbera a beneficio dell’economia locale. Tuttavia, un’interpretazione fuorviante di questi rapporti può distorcere l’erogazione del credito, mettendo a rischio la solidità dei bilanci bancari e l’allocazione efficiente delle risorse. Casi di questo genere divengono più probabili in presenza di una recessione prolungata come quella che abbiamo attraversato. Operiamo per indurre le banche a rafforzare i presidi aziendali, organizzativi e di governo societario al fine di prevenire degenerazioni nei rapporti di credito con la clientela, a correre ai ripari quando queste si siano manifestate" (a voce Visco li ha definiti "comportamenti inaccettabili").


Ogni riferimento a Banca Carige non è casuale. Lo scandalo della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, dove il settantasettenne Giovanni Berneschi - dominus incontrastato, prima Presidente della Banca e poi della Fondazione - ha fatto quello che ha voluto per trent'anni, è emerso nelle ultime settimane.
Grazie a Berneschi - arrestato con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio - sono stati finanziati senza garanzie gruppi imprenditoriali - "amici" di Berneschi - che non avrebbero superato un'analisi seria di merito di credito. Alcune banche hanno trasformato la bandiera della vocazione trerritoriale nella coperta del peggior capitalismo di relazione.


Solo la consegna in Procura, nell'autunno scorso, della relazione ispettiva di Banca d'Italia ha fatto partire le indagini che in passato erano state bloccate da giudici amici. Visco ha aggiunto: "Nella debita distinzione di funzioni e strumenti, la collaborazione con la magistratura è intensa".

A me è tornata in mente una superba definizione di Sergio Siglienti nel suo mirabile Una privatizzazione molto privata (Mondadori, 1996), dove definì debitori di riferimento i membri dei consigli di amministrazione delle banche a sua volta finanziati dalle banche stesse: "Quando una decisione è affidata (anche a livello di comitato esecutivo) a esponenti di imprese clienti della banca, essa può trovarsi a essere di fatto controllata dai suoi debitori" (p. 95).
Ecco il busillis. Per anni in Italia abbiamo avuto "debitori di riferimento", invece che seri "azionisti di riferimento".


Le Considerazioni finali si chiudono sempre con un messaggio di speranza. L'anno scorso era un invito agli imprenditori a tornare ad investire. Quest'anno il Governatore ha sottolineato l'importanza della dinamica delle aspettative e della fiducia nel futuro:
"La via della ripresa, non solo economica, non sarà breve, né facile. L’incertezza è insita nella transizione, rapida, verso un mondo molto diverso, più mobile e aperto, dove la tutela dei deboli deve coniugarsi con l’offerta di opportunità per i giovani. Politiche di ampio respiro vanno inserite in un quadro chiaro e organico di interventi. Chi investe, chi lavora e consuma, deve potersi confrontare con un programma che consideri tutti gli aspetti da riformare nella società e nell’economia, che promuova l’innovazione e il rispetto della legge, ispirandosi a principi di efficienza ed equità, che premi il merito e la responsabilità. Anche se le singole misure potranno essere attuate
in tempi diversi, non solo per i vincoli di bilancio, la visibilità di un disegno coerente rassicurerà i cittadini, rafforzerà quella fiducia nel futuro senza di cui ogni progresso è impossibile" (sottolineature mie, ndr).

Caro #Renzi, il Governatore ti ha passato la palla, ora devi fare goal con le riforme strutturali.

mercoledì 28 maggio 2014

L'insuccesso dei fondi pensioni nell'ultima relazione COVIP. Necessario puntare sull'educazione finanziaria

L'odierna relazione dell'autorità di vigilanza sui fondi pensione, la COVIP, è piena di informazioni utili per chiunque, ma soprattutto per coloro che sanno che la pensione calcolata con il metodo contributivo sarà nell'intorno del 50% dell'ultimo stipendio (se il Pil riprende a crescere, poichè i contribute maturati sono rivalutati alla crescita media del pil degli ultimi 5 anni). E quindi è assolutamente rilevante pensarci presto per evitare di subire un calo del tenore di vita al momento della pensione.
I fondi pensione sono uno strumento formidabile, a basso costo, con un forte credito fiscale, per tutti i lavoratori italiani. Peccato che solo pochi li utilizzino.

Qualche informazione di base.

Quanto gestiscono complessivamente i fondi pensione italiani?

"Alla fine del 2013, le risorse destinate alle prestazioni erano pari a 116,4 miliardi di euro, l’11,6 per cento in più rispetto al 2012; esse si ragguagliavano al 7,5 per cento del PIL e al 3 per cento delle attività finanziarie delle famiglie".

Dove è investito il patrimonio dei fondi pensione?


Soprattutto in obbligazioni governative. La storica avversione al rischio dei lavoratori italiani porta ad avere dei portafogli dove i titoli di Stato la fanno da padrone.

"Alla fine del 2013 il patrimonio delle forme pensionistiche complementari era per il 61 per cento impiegato in titoli di debito, percentuale stabile rispetto al 2012; i quattro quinti delle obbligazioni totali era formato da titoli di Stato.
L’esposizione azionaria, calcolata includendo anche i titoli di capitale detenuti per il tramite degli OICR, è salita al 24,9 per cento". Sempre poco rispetto ai fondi pensione di matrice anglosassone.
Con il forte calo dei rendimenti delle obbligazioni degli ultimi anni, nel prossimo futuro i fondi pensione avranno grossi problemi nel garantire un rendimento soddisfacente. Solo con quote maggiori di azioni, sarà possibile avere delle pensioni degne di questo nome.

Che rendimenti hanno dato i fondi pensione nel 2012?

"I rendimenti sono stati pari al 5,4 per cento nei fondi pensione negoziali e all’8,1 nei fondi pensione aperti. I PIP attuati tramite prodotti unit linked di ramo III hanno reso il 12,2 per cento mentre un risultato inferiore, pari al 3,6 per cento, è stato registrato dalle gestioni separate di ramo I, caratterizzate tipicamente da una gestione prudenziale degli investimenti.

A fronte di rendimenti complessivamente positivi, le differenze riscontrabili nelle performance delle diverse forme pensionistiche complementari sono state determinate soprattutto dalla diversa asset allocation adottata. Risultati migliori sono stati conseguiti dalle forme pensionistiche con una maggiore esposizione azionaria, sostenute dal buon andamento dei principali mercati azionari mondiali: l’indice delle azioni mondiali in valuta locale, calcolato tenendo conto dei dividendi, è cresciuto del 21,9 per cento".
 
Credo che il dato più rilevante presente nella relazione COVIP sia la bassa partecipazione dei giovani: "Soltanto il 15 per cento delle forze di lavoro con meno di 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare. Il tasso di partecipazione sale al 23 per cento per i lavoratori di età compresa tra 35 e 44 anni e al 30 per cento per quelli tra 45 e 64 anni. Nel complesso, l’età media degli aderenti è di 45,2 anni, rispetto ai 42,1 delle forze di lavoro".


Le cause di questo disastro?
1. scarsa conoscenza della previdenza complementare;
2. bassissima cultura finanziaria;
3. incapacità di risparmiare con contratti a tempo determinato;
4. diffidenza atavica verso i mercati finanziari;
5. mancata conoscenza dell'incredibile beneficio fiscale.

In relazione alla cultura finanziaria, io faccio il possibile partendo dal basso e andando nelle scuole elementari e medie - oltrechè in Università - per portare un po' di consapevolezza finanziaria in un Paese crescituo troppo rapidamente come reddito e ricchezza per poter studiare in modo accorto il mondo della finanza complementare.


Sul tema dei benefici fiscali, il lavoratore non si deve focalizzare sull'andamento dei mercati, ma sulla deducibilità fiscale del contributo annuo che ha un limite annuo di 5.165 euro. Con un'aliquota media del 35%, significa che ogni anno, se si versano 5.165 euro in un fondo pensione aperto, il beneficio fiscale cash è 1.807 euro, senza contare la crescita degli asset all'interno del fondo. Anche la tassazione al momento del riscatto è molto più favorevole rispetto ad altre forme di risparmio.
Analoghe considerazioni valgono per il TFR, ma rimando a post precedenti.

Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Quindi stasera a cena, subito discutetene con il vostro partner. Chi pensa in advance, si regalerà una pensione piena di viaggi in giro per il mondo.

giovedì 22 maggio 2014

#ElezioniEuropee2014: "Nel Paese della bugia, la verità è una malattia"

Domenica 25 maggio l'italiano, spesso in altre faccende affacendato, sarà tenuto - votare è un dovere civico - a recarsi alle urne per le elezioni del Parlamento Europeo.

In Lombardia, inoltre, si torna alle urne per eleggere nuove amministrazioni. Saranno coinvolti 1.144 Comuni. I votanti potenziali saranno 4.240.000 persone. Segnalo che si vota nei capoluoghi di Bergamo, Cremona e Pavia.

Ricordiamo a questo proposito che la percentuale minima indispensabile da raggiungere affinchè una lista possa entrare nel Parlamento europeo conquistando almeno 1 seggio, è pari al 4%, la cosiddetta soglia di sbarramento.

Sarà possibile esprimere le preferenze ai candidati, il massimo consentito è quello di indicare tre nomi, in questo caso entra in gioco la parità di genere, per cui non si potranno votare tre uomini ma neanche tre donne. In caso di violazione della norma, il 3° candidato sarà annullato. Il nome del candidato deve essere scritto (basta il cognome).


Elezioni Europee 2014: seggi totali e seggi assegnati all'Italia

Il Parlamento europeo sarà composto da 751 seggi, quelli disponibili per l'Italia sono 73. E' importante precisare che nel nostro Paese si voterà per circoscrizioni, ecco il numero di seggi che ognuna potrà designare, sono cinque in totale.
Nord-Est 14
Nord-Ovest 20
Centro 14
Sud 17
Isole 8

La legge elettorale vigente per le Elezioni Europee 2014 in Italia è il sistema proporzionale, per cui a seconda della quantità di voti ci sarà in proporzione l'assegnazione dei seggi.

Visto che a ridosso delle elezioni, l'elettore si distrae, meglio prepararsi in anticipo, studiando i programmi e il profilo delle persone candidate.

Torna attuale Gianni Rodari.

Sempre, no: alla fine del libro anche Pinocchio impara a dire la verità, che è la cosa più bella del mondo. E poi, povero sfortunato, quando diceva una bugia tutti potevano accorgersene perchè gli si allungava il naso...

Se a tutti i bugiardi, come Pinocchio, crescesse il naso a vista d'occhio, come farebbero certi oratori a fare i discorsi agli elettori?

Sempre Rodari in un altro passaggio scrisse: "Nel Paese della bugia, la verità è una malattia". Stava per caso parlando dell'Italia?

Buon voto.

lunedì 19 maggio 2014

L'attualità del pensiero di Carlo Cattaneo, formidabile maestro: "Non v’è lavoro, non v’è capitale, che non cominci con un atto d’intelligenza"

E' da due anni che insegno Sistema Finanziario all’Università Carlo Cattaneo LIUC di Castellanza. La LIUC è stata fondata nel 1991 per iniziativa di 300 imprenditori della Provincia di Varese e dell’Alto Milanese che desideravano una università in grado di coniugare le esigenze del mondo del lavoro con la cultura e il sapere accademico. E' un'università privata, efficiente, attenta alla didattica, dove il merito ha una valenza assoluta.
L'intitolazione a Cattaneo è quanto mai azzeccata. L’economista d’impresa Marco Vitale, tra i promotori della Carlo Cattaneo LIUC, non manca mai di citarlo. Pochi, purtroppo, conoscono Cattaneo, figura poliedrica: patriota, scrittore, insegnante, federalista, pensatore. Allora cerchiamo di colmare una lacuna e parliamone.

Cattaneo, verso la fine del 1820, “trovandosi per sopravvenute angustie di famiglia impotente a proseguire la già tanto avanzata carriera degli studi”, rinunziò a frequentare l’Università di Pavia ed entrò insegnante di grammatica latina in una scuola comunale di Milano.

Nel 1839 fondò, in compagnia di alcuni amici, la rivista "Il Politecnico" e ne fu redattore e direttore per tutti i cinque anni di vita.

Il Politecnico voleva diffondere la cultura scientifica (quanto ne abbiamo ancora bisogno in questo Paese dove ancora in molti credono al Prof. Vannoni e alla cura Di Bella) e promuovere le applicazioni pratiche della scienza. Cattaneo pensava che le discipline che riguardano la società non debbano essere escluse. E la letteratura non era esclusa.

Quando nel 1860 riprese la pubblicazione del “Politecnico”, scrisse mirabilmente: “Ragionar di scienza e d’arte non è sviare le menti dal supremo pensiero della salvezza e dell’onore della patria. La legislazione è scienza; la milizia è scienza; la navigazione è scienza. L’agricoltura, vetusta madre della nostra nazione, sta per tradursi tutta in calcolo scientifico. Scienza è forza”.

E’ da rileggersi con attenzione, quando la finanza viene attaccata, questo passaggio di Cattaneo sull'abolizione del capitale:

Immaginatevi che oggidì d’un sol colpo si annullassero tutti i prestiti, le accomandite, le ipoteche, i vitalizi, gli sconti, i respiri, i cambi marittimi, le assicurazioni, le sicurtà dei fittajuoli, le sovvenzioni ai possidenti ed ai filatori, le operazioni bancarie, le casse di risparmio, i monti di pietà. Che avverrebbe nelle nostre case mercantili, delle banche, delle manifatture, degli affitti rurali, delle costruzioni e delle speculazioni d’ogni sorta? Si arresterebbe ogni circolazione; la vita economica della società rimarrebbe spunta; una irruzione orrenda di miseria e disperazione divorerebbe i popoli e ridurrebbe in poche generazioni l’Europa a una landa inculta sparsa di ruinosi abituri”.

Quando si entra al bar della LIUC si viene subito colpiti dalle citazioni a muro di Cattaneo, che considerava giustamente l’intelligenza e la volontà come fonti di ricchezza: "Non v’è lavoro, non v’è capitale, che non cominci con un atto d’intelligenza. Prima d’ogni lavoro, prima d’ogni capitale, quando le cose giacciono ancora non curate e ignote in seno alla natura, è l’intelligenza che comincia l’opera, e imprime in esse per la prima volta il carattere di ricchezza":

Cattaneo invita ad osservare la storia e spesso, la ricchezza è cresciuta in ragione inversa dalla fatica, se prima c’è stato un atto d’intelligenza: "Ricchezza e riposo sono frutti d’un atto di intelligenza. Se il pastore è più agiato del selvaggio, ciò avvenne solamente per la scoperta deli animali pastorecci. La nuova ricchezza fu dunque il frutto d’un nuovo atto d’intelligenza. E nuovamente la ricchezza crebbe in ragione inversa del lavoro".

Infatti Cattaneo scrive: “Falso è dunque che il lavoro per sé sia il padre della ricchezza, come pensò Adamo Smith e come dopo di lui viene ripetuto dal vulgo. La vita del selvaggio è sommamente faticosa e sommamente povera. La fonte d’ogni progressiva ricchezza è l’intelligenza: l’intelligenza tende con perpetuo sforzo a procacciare a un dato numero d’uomini una maggior quantità di cose utili, o la stessa quantità di cose utili a un numero d’uomini sempre maggiore”.

 
Nelle lezioni tenute al Liceo cantonale di Lugano nel 1853-54 Cattaneo esaltò l’intelligenza come “la fonte d’ogni progressiva ricchezza”. Come scrisse nel 1857, nei trattati d’economia gli atti d’intelligenza avrebbero dovuto essere classificati come atti “di valore per sé, quanto il lavoro e il capitale”.

Il capitale, quindi , non è frutto del risparmio, ma di atti d’intelligenza. Il lavoro, senza l’intelligenza è impotente a creare nuovo valore senza l’applicazione del pensiero creativo.

Quindi vediamo quanto sia erroneo il detto comune degli economisti che il capitale si forma con il risparmio. Egli è come dire il frumento nasce sul granaio. Se l’atto d’intelligenza non avesse dato l’acquisto del capitale, non si avrebbe avuto l’occasione di farne risparmio. Il risparmio conserva ciò che l’intelligenza acquista”.

Nulla accade nella sfera delle ricchezza che non riverberi in essa dalla sfera delle idee”.

 Per approfondimenti si consiglia:

Luca Meldolesi, Carlo Cattaneo e lo spirito italiano, Rubbettino, 2013
Carlo Cattaneo, Le più belle pagine scelte da Gaetano Salvemini, Donzelli, 1993
Franco Della Peruta, Carlo Cattaneo politico, Franco Angeli, 2001 

lunedì 12 maggio 2014

Dopo gli arresti di #Expo2015, di Scajola e C., che dire? La corruzione è il male del Paese. Il merito è l'unica arma in mano a poveri per riscattarsi.

Nel dicembre 2013 Transparency International - l'organizzazione non governativa che si propone di combattere la corruzione - ha pubblicato il rapporto sulla corruzione nel mondo, che sinteticamente illustra il grado di corruzione dei singoli Paesi. L'indice costruito da TI è stato chiamato Corruption perceptions index.
Tra i Paesi più virtuosi che si collocano nelle prime posizioni della classifica troviamo i Paesi del Nord Europa (Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia) e la Nuova Zelanda. L'Italia risulta soltanto al 69° posto, dietro Ghana, Arabia Saudita e Giordania. Nel 1995 eravano al 33esimo posto.

Chi legge come me i report di Transparency e legge con attenzione la stampa quotidiana da anni e anni, non può certo dirsi sorpreso per gli ultimi arresti avvenuti settimana scorsa. Che in Lombardia si rubi a man salva nel mondo della sanità (vorremmo vedere le immagini in aula del processo per associazione a delinquere ai fini di corruzione contro il Celeste Formigoni, ma Roby ha detto di essere "puro come l'acqua di fonte" ma di non volere le telecamere, bontà sua) e delle infrastrutture regionali è cosa nota. Solo i gonzi o le anime belle possono far finta di sorprendersi.

Gian Antonio Stella sul Corriere di venerdì scorso scrive "Come prima, più di prima": "Il solito copione. Recitato per i Mondiali di nuoto, le Universiadi, la World Cup di calico, l'Anno Santo...Anni perduti nei preliminari, discussioni infinite sui progetti, liti e ripicche sulla gestione e poi, di copo, l'allarme: oddio, non ce la faremo mai! Ed ecco l'affannosa accelerazione, le deroghe, le scorciatoie per aggirare lacci e lacciuoli, le commesse strapagate, i costosissimi cantieri notturni non stop".

Piero Bassetti fa notare, con giustezza, che la moltiplicazione normativa per contrastare la corruzione ci ha portato dentro una spirale del tutto inefficace.

Fa sorridere vedere che le persone coinvolte sono le stesse di 20 anni fa, ai tempi di Tangentopoli. Gian Stefano Frigerio era il segretario della Dc lombarda negli anni '80 e Primo Greganti il collettore delle tangenti rosse. Un altro politico imputato è Luigi Grillo, ex deputato Dc e strenuo difensore dell'indifendibile governatore Fazio, amicissimo di Gianpy Fiorani, ai tempi dei "furbetti del quartierino", sui cui abbiamo scritto anni fa.
Sembra che il tempo non passi in Italia, che tutto si ripeta. Non è vero che a volte ritornano. E' che non se ne sono mai andati. Esattamente come l'onorevole Scajola, forse tornando in galera (nel 1983 fu emesso un ordine di cattura da parte del giudice Davigo) a sua insaputa.

Che dire, a parte il disgusto, l'amarezza? Valgono le affermazioni nette del magistrato Roberto Scarpinato in Il ritorno del Principe (con Saverio Lodato, Chiarelettere, 2008): "L'abolizione della selezione per meriti sostituita da quella per cooptazione collusiva e per fedeltà sta creando una società di sudditi, cortigiani e giullari (anticipava già #BeppeGrillo?, ndr), riportando indietro l'orologio della storia e precludendo ai poveri qualsiasi possibilità di riscatto sociale. Il merito infatti è l'unica carta che i poveri hanno per riscattarsi".

lunedì 5 maggio 2014

Usain Bolt, la competition e la forza della concorrenza

Nella sua autobiografia, Usain Bolt. Come un fulmine (Tre60 Tea Editore, 2014), il formidabile velocista giamaicano scrive (o meglio, detta al suo ghostwriter Matt Allen): "Datemi un grande palcoscenico, una gara una sfida da vincere, e allora sì che faccio sul serio. Drizzo le spalle e accelero il passo. Sarei disposto a infortunarmi pur di vincere la gara. Piazzatemi davanti un ostacolo - magari un titolo olimpico, o un avversario difficile come lo sprinter giamaicano Yohan Blake - e io mi faccio Avanti: divento famelico".

Un passaggio del libro mi ha particolarmente colpito: "Un grande atleta non può presentarsi ai blocchi di partenza e aspettarsi di vincere senza essersi preparato a dovere. Senza disciplina non si vincono medaglie d'oro e non si stabiliscono primati...Il peggior nemico di me stesso ero io".

E' così per tutti, la disciplina e la consistency sono imprescindibili. Ne abbiamo parlato poco tempo fa nel post sulla perserveranza.
Bolt racconta come dovesse fare 700 addominali al giorno col suo allenatore-sergente Mr Barnett. Un massacro.

Nel caso delle imprese il nemico è l'assenza di concorrenza. Omnitel in Italia non sarebbe diventata la costola fondamentale di Vodafone se non ci fosse stata l'incumbent TIM. E viceversa Mediaset è stata ampiamente danneggiata dall'oligopolio collusive con la RAI.

Per compiere una valutazione dei benefici possibili di una maggior concorrenza nel nostro Paese ci affidiamo all’efficiente Servizio Studi di Banca d’Italia, che ha pubblicato nei Temi di Discussione (Working Paper n. 709) uno studio dal titolo: “Macroeconomic effects of greater competition in the service sector: the case of Italy”.


Gli autori - Lorenzo Forni, Andrea Gerali e Massimiliano Pisani - forniscono una valutazione quantitativa degli effetti macroeconomici di un incremento in Italia del grado di concorrenza nei settori dei servizi non commerciabili internazionalmente. La sintesi è così chiara che la pubblichiamo integralmente.


In Italia i settori che producono servizi non commerciabili internazionalmente commercio, trasporti e comunicazioni, credito e assicurazioni,costruzioni, elettricità, gas, acqua, hotel e ristoranti) rappresentano circa il 50 per cento del valore aggiunto complessivo. In questi settori il grado di concorrenza, sulla base di confronti tra paesi OCSE, è relativamente basso. Barriere all’entrata, regolamentazioni sui prezzi e/o limitazioni alle forme di impresa garantiscono alle imprese potere di mercato, permettendo loro di applicare margini di profitto (markup) elevati rispetto ai costi. Secondo i dati OCSE, per l’Italia il markup medio nei settori dei servizi sarebbe pari al 61 per cento, contro il 35 per cento nel resto dell’area dell’euro e il 17 per cento nei settori che producono beni e servizi sottoposti alla concorrenza internazionale.
La presenza di un elevato potere di mercato costituisce una distorsione alla concorrenza,
con conseguenze sulle variabili macroeconomiche ben note in letteratura: prezzi più elevati e livelli di produzione, consumo, investimento e occupazione più bassi rispetto a quelli conseguibili con mercati più concorrenziali.
Sulla base delle simulazioni presentate nel lavoro, un aumento del grado di concorrenza
che porti il markup nel settore dei servizi in Italia al livello medio del resto dell’area – attuato gradualmente in un periodo di cinque anni – avrebbe effetti macroeconomici significativi.
Nel lungo periodo il prodotto crescerebbe di quasi l’11 per cento, il consumo privato e
l’occupazione dell’8, gli investimenti del 18; i salari reali ne beneficerebbero significativamente, con un incremento di quasi il 12 per cento. Si registrerebbe un forte aumento delle esportazioni (favorito dal calo dei prezzi italiani rispetto a quelli del resto dell’area) a fronte di un modesto incremento delle importazioni (dovuto all’aumento della domanda aggregata). Gli effetti sul benessere delle famiglie italiane sarebbero positivi e consistenti. Tali effetti benèfici sarebbero rilevanti anche nel breve periodo
”.


Draghi in passato ha citato il grandissimo storico pavese Carlo Maria Cipolla, il quale riferendosi al periodo di “grande gelo” dell’economia italiana tra l’inizio del 1600 e il 1820 – in cui il PIL pro capite rimase fermo – scrive: “Il potere e il conservatorismo caratteristici delle corporazioni in Italia bloccarono i necessari mutamenti tecnologici e di qualità che avrebbero potuto permettere alle aziende italiane di competere con la concorrenza straniera”.
Se l'Italia vuole tornare a crescere deve rompere le incrostazioni, aumentare il grado di concorrenza nei settori dove il mark-up stellare è indice di oligopolio collusivo. Infatti quando c'è da competere, non siamo secondi a nessuno nei settori aperti alla concorrenza internazionale. Lì le imprese italiane si sono fatte le ossa e sono diventate le multinazionali tascabili che il mondo ci invidia.

martedì 29 aprile 2014

Perchè insegnare Educazione Finanziaria nelle scuole? Si prevengono le crisi e i genitori imparano dai figli

Si studia latino e greco, ma si ignorano l'inglese, il cinese e il russo. Si imparano a memoria le formule di fisica ma non si spiega come funziona veramente un laboratorio di ricerca. Si sa tutto degli Assiri Babilonesi ma non viene spiegato agli studenti cosa sono le imprese e l'organizzazione del lavoro.
La vita è complessa e scegliere è sempre più difficile. La vita è una continua sfida all'uso intelligente delle risorse. Ma se non si ha la giusta cassetta degli attrezzi per compiere le scelte corrette, i nostri ragazzi non sono in grado di affrontare le sfide della globalizzazione.

Gli economisti di Banca d'Italia Chionsini e Trifilidis, nel paper Educazione finanziaria: l'utilità di una strategia unitaria, scrivono: "Nel corso degli ultimi anni, l’offerta da parte degli intermediari di prodotti e servizi è divenuta sempre più ampia e sofisticata. L’invecchiamento demografico e le conseguenti riforme dei sistemi pensionistici e sanitari, fattori comuni a molti paesi, hanno spostato dal settore pubblico a quello privato i rischi legati alla copertura di costi sociali e reso ancor più determinati le scelte delle famiglie sulle loro capacità di spesa non solo attuali ma anche prospettiche. Di conseguenza, sono aumentate la complessità e la numerosità delle scelte finanziarie che gli individui devono fronteggiare, le cui conseguenze possono incidere in misura rilevante sul tenore di vita delle famiglie".

A fronte della maggiore complessità delle scelte, non è cresciuta in ugual misura la conoscenza finanziaria dei cittadini, che sono affetti da gravi deficit cognitivi, che li inducono a indirizzarsi verso soluzioni non ottimali.
E' per questo motivo, per far entrare il risparmio e gli investimenti nella cultura dei giovani che è nato anni fa il progetto di Educazione Finanziaria, sempre più considerate come parte integrante delle politiche di protezione dei risparmiatori.
 I giovani si trovano oggi a dover fronteggiare situazioni e scelte finanziarie più impegnative di quelle vissute alla stessa età dai loro genitori. L’educazione finanziaria nelle scuole può produrre anche benefici "indiretti" per le famiglie: i giovani possono trasmettere in maniera più o meno volontaria le abilità e il senso di familiarità acquisiti anche ai genitori.


Sono andato il mese scorso in una scuola secondaria di I° grado di Milano, la Mauri, dove ho cercato di trasmettere un po' di passione e conoscenza.
Per capire qual è il clima e l'humus culturale verso il mondo finanziario delle famiglie, prima di iniziare la lezione, ho posto agli studenti di seconda due domande:
1. che cos'è una banca?
2. la banca è una cosa buona o cattiva?

Le risposte più interessanti sono state le seguenti:

1. La banca è un edificio dove rubano i soldi.

2. Così così;

La banca è una cosa positiva, se non incontri dei ladri.
Negativa perchè ti prendono i soldi.
La banca è cattiva perchè chiede in cambio gli interessi (dimostrazione che nelle famiglie italiane la cultura di mercato lascia a desiderare, ndr)
E’ cattiva perchè devi ridarglieli indietro con l’interesse (e di cosa dovrebbe vivere una banca?, ndr)
E’ buona perchè permette alle persone di comprare qualcosa che non riescono a comprare con il loro stipendio.
Prima del 2001 era cattiva, ora è abbastanza brava.
La banca è una cosa positiva perchè ti approva ogni volta quello che richiedi (magari!, avere credito NON è un diritto, ndr)
E’ una cosa positiva se compie il suo lavoro correttamente altrimenti non lo è.
Positiva ma le persone devono essere consapevoli di ridare i soldi con gli interessi.
Dipende dal bancario, se tu sei ignorante, lui ti può prendere più soldi del dovuto".

Insomma, dal tono delle risposte, la strada da compiere è ancora molta. Ma non per questo dobbiamo abbatterci. Speriamo che in futuro Educazione Finanziaria diventi materia scolastica.

P.S.: stampatevi e leggetevi i Quaderni didattici ideati e realizzati dalla Banca d'Italia. Sono proprio fatti bene.


lunedì 14 aprile 2014

I grillini sono inscalfibili nelle loro certezze. Come Mike Bongiorno nella Fenomenologia di Umberto Eco

Quando si accende la tv e ci si imbatte nei talk show nostrani, si viene presi dopo poco dallo sconforto. Il dibattito è debole, le argomentazioni fragili, e - siccome il mezzo non si presta - la logica non la fa da padrone, anzi, e solo i più forti e urlanti escono vincenti.

Quando l'altra sera ho sentito la parlamentare del Movimento 5 Stelle Paola Taverna mi è tornato in mente un passaggio di Umberto Eco nella Fenomenologia di Mike Bongiorno (Diario Minimo, Mondadori, 1963): "Il caso più vistoso di riduzione del superman all'everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio a cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita ad un fascino immediato e spontaneo...egli si vende per quello che è, e quello che è tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore".

Non infieriamo sull'ignoranza del deputato del M5S Davide Tripiedi che - in un intervento alla Camera - ha detto "Sarò breve e circonciso".

Con i grillini valgono ben poco paper, ragionamenti economici, conoscenza della storia. Sono dei Signor NO, come il notaio di Mike. Qualsiasi proposta non va bene. Ce n'è una migliore subito a portata di mano. Peccato che questo sia il tratto tipico dei rivoluzionari, che non gradiscono cambiamenti graduali ma solo ghigliottine e tagliole.
E' il riformismo che è mancato in questo Paese. Non per nulla l'economista Federico Caffè sfogo la sua insoddisfazione nella Solitudine del riformista (Bollati Boringhieri, 1990).

In occasione del compleanno (90 primavere, auguri!), di Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, lo psicanalista Massimo Recalcati ha scritto un pezzo meraviglioso e commovente che si chiude così: "Per lui riformismo è una forza ricompositiva che non cede al compromesso, ma che avvicina elementi apparentemente opposti, sordi, finanche ostili. E' quello che assume le forme di una vera e propria strategia politica nello sforzo di avvicinare il liberalismo repubblicano di La Malfa con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer negli anni più bui della nostra vita collettiva che culminarono con l'assassinio di Moro....Riformismo per Scalfari ha sempre voluto dire possibilità di ricomporre produttivamente le differenze, di evitare che la separazione risulti solo sterile e traumatica".

I grillini, che rispondono come il cane di Pavlov ai diktat di Grillo e Casaleggio sono come Mike: "Mike non si vergogna di essere ignorante e non prova bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale" (Eco, cit.).

mercoledì 9 aprile 2014

Tenacia, testardaggine o perseveranza? La testimonianza di un imprenditore

Dopo il grande successo del post su #MarioDraghi e la perseveranza, visto che molti lettori del Faust hanno una vena filosofica, sono ben lieto di pubblicare integralmente una lettera che mi è giunta da un lettore amico.

Caro professore,
In merito alla menzione presente nel suo blog riguardante il saggio del filosofo Perseveranza di Salvatore Natoli m'é venuta spontanea dal cuore un'amara riflessione, di cui peraltro le ho già parlato diffusamente nelle nostre piacevoli conversazioni sulle seggiovie scassate di Champoluc.

In qualità di piccolo imprenditore di nicchia in luogo altrettanto di nicchia quale é il Principato di Monaco, mi trovo mio malgrado a dover vivere periodo di difficoltà gestionali dell'impresa, operante nel settore delle costruzioni, a causa della crisi globale.


Difficoltà gestionali significa che faccio fatica a fine mese a mettere insieme incassi che paghino i fornitori dei cantieri in corso, che ricompensino i miei peraltro pochi dipendenti e che garantiscano all'impresa la costruzione di un piccolo tesoretto per i futuri investimenti.
Già perché un'impresa ha senso, a mio avviso, solo se ha la possibilità di crescere, investire e ingrandirsi per accrescere il suo know how e garantire benessere ad un numero sempre più esteso di persone.
Siccome a me fare l'imprenditore piace, anche nel piccolissimo mondo del Principato, non capisco perché nel mondo attuale, tale figura sia cosi' poco di moda: perché va di moda Guido Maria (Brera, gestore di un hedge fund, ora anche romanziere con I Diavoli, Rizzoli, 2014, ndr) e non vanno di moda gli imprenditori che alla fine del mese si devono pagare le spese dell'impresa col frutto del loro lavoro facendo salti mortali e essendo brutalizzati dagli istituti di credito? Perché non viene introdotto il reato di "maltrattamento da parte di direttore di filiale" con l'istituzione di telefono dedicato per l'imprenditore vessato?



Nel settore in cui opero, le fondazioni speciali (micropali e affini), a Milano sono scomparse negli ultimi tre anni quasi tutte le imprese storiche e nel Principato e costa azzurra la situazione é allarmante.

Ecco allora torno a Natoli, io mi sento più testardo che perseverante, perché stupidamente penso di poter continuare in questa attività che trovo affascinante, perché stupidamente penso che sia bellissimo vedere i frutti del proprio lavoro e poterli toccare con le proprie mani, perché i frutti del proprio lavoro son fatti di ferro e cemento, perché stupidamente amo il rumore delle macchine da cantiere, prodigi di tecnologia e ingegno umano, perché stupidamente penso che sia bello lavorare tutti insieme, dal più umile dei manovali al più brillante degli ingegneri per un unico scopo e che alla fine tutti, secondo la loro funzione, sono responsabili e artefici di un risultato straordinario.
 
Sto iniziando a commuovermi e quindi adesso mi congedo da lei che immagino stia muovendo con il tasto del mouse in un secondo molti più soldi di quelli che ho potuto muovere io in un anno con l'attività più rumorosa e polverosa nel settore delle costruzioni. 
Pero' le chiedo di ricordarsi, nelle sue future trattazioni sul suo prestigioso blog, della figura dell'imprenditore, e non solo di personaggi mitici e appartenenti al passato come ha fatto meritoriamente parlando di Olivetti, ma anche di giovani imprenditori, anonimi e magari non geniali, che tutti i giorni (testardi o perseveranti lo decida lei) combattono per mantenere vivo il loro piccolo sogno. 

Garantendole la mia sempiterna ammirazione mi congedo lacrimante da lei e le auguro una splendida giornata ricca di commissioni derivanti da rutilanti operazioni!
Cielo sereno, nuvole a sprazzi, un abbraccio sincero da Leonardo Pedrazzi

PS: allego al presente foto di cantiere realizzato dall'impresa di cui son fondatore per farle capire la poesia recondita del micropalo.

Cari lettori, ringrazio Leo per il contributo fattivo alla discussione. Il dibattito è ufficialmente aperto. Scatenatevi nei commenti, come al solito benvenuti.   

lunedì 7 aprile 2014

Il valore della consistenza e della perseveranza nelle parole di #MarioDraghi


Nel luglio del 2012 la credibilità delle parole del Governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha salvato l'Unione Economica e Monetaria. Con l'ormai famosa espressione "Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough, (ossia qualunque cosa succeda, la BCE interverrà, e credetemi, sarà sufficiente), Draghi ha comprato tempo e ha dato la possibilità ai politici per agire, sia sul fronte delle riforme strutturali domestiche che nel creare le infrastrutture europee (Banking Union, Single Supervisory Mechanism, Single Resolution Fund) per prevenire ulteriori crisi o per difenderci in modo ordinato nel caso, in future, si verifichino altre crisi bancarie.

Il 25 marzo scorso, il presidente della BCE ha tenuto una lezione a Parigi a Sciences Po dal titolo "A consistent strategy for a sustained recovery". E' una relazione di una pregnanza assoluta. La lettura integrale è consigliata.

Vorrei sottoporre alla vostra attenzione un passaggio in particolare: "The crisis is not over. To be successful, the recovery strategy is being, and must continue to be executed with commitment and perseverance".

Che bella parola è perseveranza! Ne parla con contezza, lucidità e passione il filosofo Salvatore Natoli nel suo recente Perseveranza (il Mulino, 2014): "Per far sì che la speranza da generico sentimento si trasformi in effettiva possibilità bisogna coltivarla nel presente, farla germogliare nel qui e ora, in mezzo ai disagi e alle difficoltà. Essere perseveranti significa proprio questo: se, infatti, sperare è un sentire, perseverare è un agire e come tale è una virtù".

Mentre nel mondo anglosassone il termine consistent ha valenza positiva, in Italia si sente dire che "errare è umano, perseverare è diabolico". Invece il perseverare, se non si viene presi dal delirio della presunzione, esige l'essere forte ma nel senso di mantenersi saldo, di durare nel tempo, superando gli ostacoli esterni ma soprattutto i limiti interiori. La perseveranza è dunque un agire faticoso e quotidiano dentro e contro le difficoltà.

Gli impedimenti interiori spesso sono superiori a quelli esteriori. Natoli osserva: "La perseveranza deve fare i conti con l'ogni giorno e soprattutto con e contro se stessi, contro la propria propensione all'indolenza", che si batte se il valore cognitivo ed etico delle idee/ideali in gioco è forte.
Inoltre bisogna sconfiggere l'assuefazione che è inerziale e passiva. Di qui la necessità di tenacia per mantenere la rotta e non perdersi d'animo davanti alle difficoltà che ognuno di noi deve affrontare.

Più avanti nel suo intervento, Draghi torna sull'importanza della continuità e della consistenza: "We need to be consistent across pace, and we need to be consistent across time. There are indeed two inescapable lessons from the account of events that I have presented to you today". Non bisogna mollare. Gli sforzi riformatori devono avere continuità, altrimenti l'effort è vano.

Draghi conclude richiamando l'importanza del fattore temporale: "Winston Churchill said that "to achieve great things, two things are needed: a plan, and not quite enough time".
Draghi ribadisce con ottimismo: "I hope that I have made clear today that we do have a plan. And since we certainly have no time to spare, I trust that, if we remain resolute, great things for the euro area and its citizens can become possible".

Non c'è tempo da perdere, bisogna agire. La parola passa ai politici (statisti non se ne vedono). E qui viene il bello (o il brutto).

P.S.: il Wall Street Journal ha raccontato una recente performance di Draghi che si è cimentato in una barzelletta divertente.
"Un uomo ha bisogno di un trapianto di cuore. Dice il dottore: "Posso darti il cuore di un bambino di cinque anni". "Troppo giovane". "Che ne dici di quello di un banchiere d’affari quarantenne?" "Non hanno cuore". "E un banchiere centrale settantenne?". "Lo prenderò". "Ma perché?". "Non è mai stato usato!".