I giornali hanno dato notizia dei costi assurdi ed esorbitanti dei giornalisti Rai al seguito del presidente del Consiglio Matteo Renzi al G20 a Brisbane in Australia. Sono partite - come I socialisti al seguito di Craxi in Cina negli anni Ottanta - tutte le 5 troupe di Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews24, RadioRai, come se non facessero parte della stessa azienda.
Costo della "gita turistica"? 60mila euro. Chi paga? (Ugo La Malfa, cit.) Il contribuente, ovvio. Infatti ogni anno il deficit della Rai viene finanziato - tramite il trasferimento compiuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanza (Mef, azionista di maggioranza della Rai), che prende parte delle nostre imposte e le versa sul conto corrente Rai, una sanguisuga.
L'altro giorno ascoltavo l'ottima Radio24, dove Giovanni Minoli raccontava la storia giudiziaria - terribile - di Enzo Tortora, accusato da sedicenti pentiti - le cui dichiarazioni non furono malauguratamente ed inopinatamente passate al vaglio di (pessimi) magistrati, che poi hanno fatto carriera - di spacciare droga per conto della camorra. Tortora, dopo una condanna in primo grado, fu poi assolto in appello e in Cassazione.
A un certo punto Minoli, che compie un'opera meritoria riportando all'attenzione molte storie del passato, ha ricordato che Tortora fu licenziato in tronco dalla Rai dopo una sua intervista al settimanale "Oggi" in cui definiva l'ente radiotelevisivo come "un jet supersonico pilotato da un gruppo di boy scout che litigano ai comandi, rischiando di mandarlo a schiantarsi sulle montagne". Che lungimiranza, caro Enzo!
Un'analisi dell'anno scorso di Riccardo Gallo sull'Espresso evidenziava come il costo del lavoro medio di un dipendente Rai è di 93mila euro, quasi il doppio di quello delle medie e grandi società italiane. Siccome il servizio pubblico nel 2013 è costato 346 milioni più degli introiti da abbonamento (1.737 milioni), ne deriva che il numero dei dipendenti in esubero per riquilibrare il servizio pubblico è di 3.733 dipendenti. Chiosa Gallo: "Ecco, in Rai uno su tre è obiettivamente di troppo".
Nonostante le redazioni dei Tg Rai siano ancora strutturate come prima della caduta del Muro di Berlino, le resistenze al piano di riforma disegnato dal direttore generale della Rai Luigi Gubitosi sono fortissime.
Renzi ha tutto il sostegno delle persone dotate di raziocinio. Vada avanti nella riforma della governance della Rai, il cui consiglio di amministrazione è nominato non dall'azionista (Ministero dell'Economia), ma dai presidenti delle Camere. Siamo nel mondo dell'assurdo.
Le prime proposte di riforma del governo societario della Rai risalgono ai tempi di Claudio Demattè, (mio professore di laurea in Bocconi) nominato (da Napolitano, allora presidente della Camera) presidente della Rai nel 1993 - ai tempi della cosiddetta "Rai dei professori" (Elvira Sellerio, Murialdi, Benvenuti, Gregory)
Un bel ricordo del prof. Demattè - professore eccelso, le sue lezioni me le ricordo ancora oggi -, prematuramente scomparso a 62 anni nel 1994, è stato scritto da Francesco Giavazzi e si chiudeva così: "L'impegno civile era per Demattè una passione, e forse anche un divertimento. Di persone così, capaci di coniugare lavoro e partecipazione attiva, a Milano se serviranno tante".
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