lunedì 15 dicembre 2014

Più il prezzo del petrolio scende, più democrazia c'è nel mondo

Il calo verticale del prezzo del petrolio è una buonissima notizia, sia sul fronte economico che su quello dei diritti civili. Infatti esiste una legge sperimentata empiricamente che vede la democrazia rafforzarsi ogni qualvolta il prezzo del petrolio scende.

Come ha meravigliosamente scritto e illustrato Thomas Friedman in "The world is flat, hot and crowded" diritti civili e prezzo del petrolio sono inversamente correlati. Più alto il prezzo del petrolio e più vediamo dittatori arabi arroganti dichiarare la volontà di distruggere Israele. Più è basso il prezzo del petrolio, e più i leader dei paese detentori di petrolio diventano improvvisamente buoni e mansueti.

Friedman ha chiamato questa regola FLOP: "First Law of Petropolitics". Secondo Friedman,

Grafico tratto dal sito www.thomaslfriedman.com
as oil prices went down in the early 1990s, competition, transparency, political participation, and accountability of those in office all tended to go up in these countries—as measured by free elections held, newspapers opened, reformers elected, economic reform projects started, and companies privatized. But as oil prices started to soar after 2000, free speech, free press, fair elections and freedom to form political parties and NGOs tended to erode in these countries.

Vi ricordate l'ex presidente (dal 2005 al 2013) dell'Iran Mahmud Ahmadinejad ululare contro il mondo quando il petrolio toccava i 150 dollari al barile? Ve lo ricordo io.
Durante la conferenza internazionale Il mondo senza sionismo, tenutasi nell'ottobre 2005, Mahmud Ahmadinejād, citando Khomeini, affermò con riferimento allo Stato di Israele: «... questo regime occupante Gerusalemme è destinato a scomparire dalla pagina del tempo... ».

Ulteriori affermazioni in tal senso sono state fatte in occasione del congresso della FAO svoltosi a Roma in data 3 giugno 2008, quando Ahmadinejad disse: «...per quanto concerne le atrocità israeliane nei territori occupati, il regime criminale che sta sfruttando la ricchezza dell'oppressa nazione palestinese e sta uccidendo innocenti da 60 anni, ha raggiunto la sua fine e sparirà dalla scena politica...» («...as to the Israeli atrocity in the occupied lands, the criminal regime which has been plundering the wealth of the oppressed Palestinian nation and has been murdering innocent people in the past 60 years, has reached its end and will disappear from the political scene...»).

Anche Putin nel corso del 2014 ha dimostrato più volte di voler alzare il livello dello scontro diplomatico con l'Unione Europea. Le sue mosse per la conquista della Crimea sono state il prologo per il tentativo di annessione dell'Ucraina. La UE ha reagito duramente imponendo delle sanzioni economiche che stanno pesantemente colpendo la popolazione russa.

Vladimir Putin
L'economia russa dipende fortemente dall'esportazione di energia, sia petrolio che gas. Il prezzo del petrolio è determinante per la Russia. Sono sicuro che Putin con questi livelli di prezzo abbasserà la cresta e clamerà i suoi propositi di Guerra.

Come ha scritto il Financial Times l'8 novembre scorso il calo del rublo non è solo guidato dall'economia ma anche da fattori geopolitici: "It is no coincidence that the rouble sell-off has intensified amid fears that the ceasefire in Ukraine is unraveling, and that Russian-backed forces may be preparing a new offensive".
E' opportuno sapere che il rublo ha perso oltre 40% da metà giugno e la prima settimana di novembre è calato dell'8%, il più forte ribasso settimanale degli ultimi 11 anni.

Siamo d'accordo con il Financial Times che conclude così: "Mr Putin may have become a hostage of his own policy, unleashing nationalist demons for short-term political gain which he cannot now quiet. Sticking to his belligerent path risks locking Russia into a vicious cycle of escalating tensions, sanctions and economic difficulties".
Speriamo non abbia ragione Leonardo Maugeri - uno dei massimi esperti di petrolio e autore di L'era del petrolio (Feltrinelli) - che sul Sole 24 ore scrive: "La crescita del malcontento tra i russi potrebbe spingere Putin a un atteggiamento ancor più aggressivo, sia in patria che all'estero, nel tentativo di sedare sul nascere il malessere dei suoi concittadini e attribuire a nemici esterni i guai della Russia, così da tener vivo il consenso".

Non solo per la Russia, ma anche per altri produttori, i tempi si fanno difficili. Le finanze di Paesi come la Libia, l'Iraq e l'Iran hanno bilanci appesantiti anche da guerre e sanzioni. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale sono una ventina i paesi al mondo che derivano oltre metà delle entrate statali dal petrolio e altre dieci che ne derivano tra il 25% e il 50% (la Russia nel 2015 avrà 50 miliardi $ in meno di entrate su un budget di 400 miliardi).

Secondo una ricerca di Paribas, per la prima volta da diciott'anni i Paesi esportatori di greggio importeranno invece di esportare capitale in valuta pregiata. Il saldo negativo per il 2014 dovrebbe essere di 7,6 miliardi di dollari.

Maggior ragione per confidare in più giudiziosi comportamenti di questi paesi sul fronte dei diritti umani e della democrazia in generale.  Indicativo il titolo del Financial Times del 10 novembre: Teheran under pressure to strike nuclear deal as oil price plunges.
Quando il petrolio scende, i giovani iraniani festeggiano.

6 commenti:

  1. Ricevo e pubblico:

    Molto originale la tua riflessione di inizio settimana.
    Conferma una mia personalissima idea. Ti ringrazio per avermi dato - come al solito - un support teorico a delle mie personali considerazioni.

    Alessandro

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  2. Ricevo e pubblico:

    Bello, bravo!

    Matteo

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  3. Ricevo e pubblico:

    ho appena letto il tuo articolo su petrolio and freedom. Spero proprio che sia come dici tu.
    Fai bene ad menzionare anche l'ipotesi opposta, ovvero un'aggressività ancora più marcata da parte di Putin contro l'occidente. Non vedo comunque come la Russia possa evitare il default se il prezzo rimane così basso! Potrebbe essere facile per Putin vendere la guerra all'occidente in quanto quest'ultimo é stato il fautore della crisi economica russa (sanzioni)...
    Aldilà di tutto resto dubbioso sull'utilizzo delle sanzioni. Credo che colpiscano la pancia del popolo Russo e non l'establishment. In più appesantiscono le relazioni internazionali. Ma ovviamente non so quale possa essere una soluzione migliore..
    Paolo

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  4. Grazie per questa interessante analisi della relazione prezzo del petrolio e democrazia. Non la conoscevo. Se i dati di fatto statistici e le affermazioni di leader autoritari ( ad es Ahmadinejad) sono una conferma della tesi esposta, personalmente sono anche contento che un maggior livello di democrazia possa essere raggiunto un aree del mondo che oggi ne soffrono per sua assenza.
    Resta alquanto problematico capire come questa guerra al ribasso del prezzo del petrolio , scatenata dalla decisione dell’Arabia Saudita , maggior produttore mondiale di petrolio, di non ridurre la propria produzione di petrolio a fronte di una domanda mondiale ristagnante , e quindi sopportando anche la riduzione dei propri margini di utili, solo per il fatto di voler mettere fuori gioco l’autonomia degli Usa, ormai autosufficienti nella produzione di petrolio ( autonomia conquistata in forza delle nuove tecnologhe di fracking) si possa conciliare con il disegno di far aumentare nel mondo la democrazia. Non mi risulta per altro che l’Arabia Saudita ne sia il campione d’esempio. Forse la Storia procede nel senso che gli attori protagonisti non immaginano?

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  5. Analisi interessante. Dimentichi però di menzionare la causa principale della riduzione del prezzo del petrolio: lo shale gas americano. Gli Stati Uniti sono tornati all'indipendenza energetica. Non hanno più bisogno del petrolio del Middle East, hanno aumentato la loro competitività grazie a costi dell'energia molto più bassi, stanno già rimpatriando produzioni che avevano portato nei paesi in via di sviluppo. Da una parte gli americani saranno sempre meno preoccupati di quanto accade fuori dai loro confini (niente più interesse per l'Iraq e l'Afganistan: un bene o un male?). Dall'altra stanno aumentando la loro forza commerciale rispetto all'Europa. La povera Europa, che paga di tasca propria la crisi con la Russia (quante aziende italiane e tedesche stanno soffrendo per l'embargo a Mosca!) dalla quale dipende per il gas, mentre si trova in prima fila a combattere contro l'Isis e l'estremismo islamico. Estremismo che è guidato tanto dall'arroganza dei dittatori quanto dalla povertà dei popoli: se il petrolio scenderà troppo si potrebbe arrivare ad un punto di rottura.
    E l'Europa pagherà il prezzo.
    La democrazia è legata a sottili equilibri, se qualcosa si spezza non sai come finisce...

    Ziobott

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  6. Bella lettura, concordo!
    Unica cosa, non pensa che se il prezzo del petrolio scende, ne aumenta il consumo e quindi l'impatto ambientale?

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