mercoledì 19 settembre 2012

A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti: Paolo Baffi

Il 20 settembre non è solo l'anniversario di Porta Pia e la fine dello Stato Pontificio - 1870 - ma anche il giorno in cui Paolo Baffi si dimise da Governatore della Banca d’Italia, carica che ricopriva dall'agosto 1975. Le dimissioni di Baffi furono accolte dal Consiglio Superiore "con effetto a partire dalle ore 24 del 7 ottobre 1979". Cogliamo quindi l’occasione per ricordare una persona modello, un meraviglioso civil servant.

Proveniente da una famiglia con pochi mezzi economici - il padre Giovanni emigrò in Argentina, “donde rientrò qualche tempo dopo per difetto di fortuna” - la madre vedova all’età di 22 anni allevò il figlio Paolo fino alla laurea (raggiunta nel 1932 anche grazie a una borsa di studio) lavorando come sarta.

Allievo di Giorgio Mortara all’Università Bocconi, nel 1936 - anno in cui fu approvata la Legge Bancaria che attribuiva a Bankitalia nuove funzioni di vigilanza - entra in Banca d’Italia.

Nel dopoguerra Baffi contribuì a disegnare la “linea Einaudi” di riequilibrio monetario. Fu l’anima intellettuale ma anche l’organizzatore e la guida del Servizio Studi.

Dal 1960 al 1975, quando le crescenti difficoltà dell’economia chiamarono la politica monetaria a compiti nuovi, Baffi - in qualità di direttore generale - operò per adeguare gli strumenti e la struttura interna della Banca, per elevare il livello professionale del personale.

Nel 1975, nominato Governatore, all’inizio di quello che avrebbe ricordato come “il mio quinquennio di fuoco”, si dispiegarono gli effetti recessivi dei rincaro dei prezzi petroliferi: per la prima volta dal dopoguerra il reddito nazionale diminuì. Baffi era preoccupato che la restrizione monetaria provocasse effetti rovinosi sull’economia.

Il cuore della sua analisi è enunciato nelle sue prime Considerazioni finali - lette il 31 maggio 1976: "Dall’inosservanza, nella politica di bilancio e in quella retributiva, di regole compatibili con la stabilità monetaria, derivano due conseguenze. La prima, che la capacità del sistema creditizio di operare come meccanismo di allocazione delle risorse è menomata; la seconda, che l’autorità è indotta a tentare di ristabilire quella compatibilità mediante interventi di carattere amministrativo”.

Baffi contribuì a guidare l’economia verso il riequilibrio dei conti con l’estero e il ripristino del merito di credito. Ciampi ricorda: “Nei consessi internazionali, il Suo prestigio aiutò a ristabilire un clima di fiducia; accrebbe la disposizione della comunità internazionale a sostenere lo sforzo dell’Italia verso condizioni economiche e finanziarie più ordinate”. Il contenimento dell’inflazione e il riequilibrio dei conti con l’estero permisero di non mancare, nel 1978-79, l’appuntamento con il Sistema Monetario Europeo - in cui entrammo con la banda larga del 6%. Storiche furono le negoziazioni di Baffi con il Governatore della Bundesbank Emminger.

Il 1979 è un anno terribile. Il 29 gennaio a Milano viene assassinato dai terroristi di Prima Linea il giudice Emilio Alessandrini. Il 20 marzo Michele Sindona viene incriminato dalla magistratura americana per la bancarotta della Franklin National Bank. Sempre il 20 marzo viene assassinato a Roma Mino Pecorelli, direttore dell’Agenzia “OP”, specialista in scandali, depistaggi, in combutta con i servizi segreti. Il 24 marzo Ugo La Malfa - che si rifiutò di convocare il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio al fine di bloccare l’aumento di capitale di Finambro di Sindona - viene colpito da un ictus. Morirà due giorni dopo.

Il 24 marzo si presentano in Banca d’Italia i carabinieri e arrestano Mario Sarcinelli, responsabile della Vigilanza e sequestrano il passaporto a Baffi (non lo arrestano solo per limiti di età). A Baffi fu impedito di andare a Basilea ai consueti consessi mensili dei banchieri centrali europei presso la Banca dei Regolamenti Internazionali, dove rappresentava l’Italia con notevole prestigio. Vengono accusati di interessi privati in atti d’ufficio e di favoreggiamento personale.

Carlo Azeglio Ciampi
La verità - si saprà anni dopo - è che la P2 - su pressione della Democrazia Cristiana e dei soggetti economici vicini agli esponenti democristiani (Sindona, Caltagirone, Calvi, Italcasse) organizzò una manovra d’attacco alla Banca d’Italia servendosi di due suoi magistrati amici: il giudice Alibrandi e l’inqualificabile giudice istruttore Infelisi, che si permise di trattare in modo violento e ostile Baffi durante l‘interrogatorio.
Alibrandi allevò “meravigliosamente” il figlio, il quale - eversore di destra e membro dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) verrà ucciso anni dopo in uno scontro a fuoco con la polizia.

Le principali colpe dei due?

1) aver fatto sciogliere il cda dell’Italcasse, cioè del più importante istituto di credito dominato dal potere DC;

2) aver ordinato un’ispezione presso il Banco Ambrosiano guidato da Roberto Calvi;

3) l’opposizione ferrea ai piani di salvataggio delle banche di Sindona, di cui era commissario liquidatore l'avv. Giorgio Ambrosoli.

Naturalmente Baffi e Sarcinelli vennero scagionati anni dopo per l’assoluta insussistenza delle accuse.

I migliori economisti italiani - Caffè, Andreatta, Spaventa, Savona, Monti, Tarantelli, Reviglio e altri - il 2 aprile 1979 firmano una dichiarazione a favore di Baffi e Sarcinelli e contro l’ignobile attacco.

L'ineffabile Giulio Andreotti
L’ineffabile Andreotti scrive nel suo diario: “Per reagire contro l’arresto di Sarcinelli e l’avviso a Baffi un gruppo di professori firma una dichiarazione-manifesto. Temo che non giovi a trovare una rapida via d’uscita”.

Marco Vitale commenta: “Ho sempre sostenuto che la nomina di Paolo Baffi a Governatore della Banca d’Italia è stata l’unica riforma di struttura degli anni Settanta. Non è dunque un caso che Baffi e Sarcinelli siano trattati come malfattori. Così come non è un caso che tutta l’Italia seria ha subito compreso il significato politico dell’episodio e dice a Baffi e Sarcinelli: resistete….In realtà questa Banca d’Italia seria dava fastidio e meritava una lezione”.

Ma Baffi, dolente figura di uomo di Stato ancorato ai principi della corretta amministrazione, non rimarginò mai più quella sua ferita. Nelle Considerazioni finali del 1979 Baffi scrisse: “Ai detrattori della Banca, auguro che nel morso della coscienza trovino riscatto dal male che hanno compiuto alimentando una campagna di stampa intessuta di argomenti falsi o tendenziosi e mossa da qualche oscuro disegno”. Ma nelle memorie - Cronaca breve di una vicenda giudiziaria - consegnate a Massimo Riva e pubblicate su Panorama l’11 febbraio 1990 - Baffi commentò: “Queste parole piuttosto pacate non danno certo misura dell’amarezza e dello sdegno che io provavo in quei giorni: ma se vi avessi dato sfogo, forse mi sarei procurato nuove incriminazioni".

Tommaso Padoa-Schioppa
Padoa-Schioppa aggiunge: “Proprio quell'urto - che veniva da un uomo schivo, all’antica, profondamente rispettoso dell’autorità dello Stato e del primato della politica - è il servizio che Baffi ha reso all’Italia”.

Ma non vogliamo ridurre la figura di Baffi a questo episodio. Siamo d’accordo con Ciampi: “La dignità di cui Paolo Baffi diede esempio ne ha innalzato la figura; ma farebbe torto all’elevatezza delle Sue doti, alla vastità e molteplicità della sua opera, chi incentrasse su quella dolorosa vicenda la Sua memoria”.

Ecco l’autorevole giudizio di tre Governatori della Banca d‘Italia - tratte dai miei amati ritagli del mio archivio cartaceo.

Mario Draghi: “Per oltre mezzo secolo la vita della Banca d’Italia è stata segnata dall’opera e dal pensiero di Paolo Baffi. Da quando entrò giovanissimo in Banca d’Italia sino agli ultimi anni come Governatore onorario, con il suo esempio contribuì a plasmare questa istituzione con la serietà e il rigore”.

Carlo Azeglio Ciampi: “La sua sola presenza scoraggiava ogni superficialità; innalzava la soglia della valutazione morale e professionale degli uomini; contribuiva a dare un senso sicuro al mandato e alle azioni di chi è chiamato a responsabilità pubbliche…La sua opera fu decisiva, sin dal Suo ingresso nel nostro Istituto, nell’affermare un metodo di lavoro: quello che nel rigore dell’analisi e nell’indipendenza del giudizio vede innanzitutto un dovere, uno dei modi attraverso i quali si estrinseca la funzione della Banca, al servizio della collettività”.

Luigi Einaudi
Luigi Einaudi: “Di Paolo Baffi dirò solo che la stima che di lui hanno gli studiosi di cose economiche è siffatta che reputarono l’anno scorso degno di essere eletto, lui estraneo alla carriera universitaria, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei”.

Quando i tempi sono tristi, come ci ricorda Ugo Foscolo nei Sepolcri - bisogna guardare in alto alla ricerca di esempi positivi "l'urne de' forti". Nel cielo degli onesti e dei competenti è presente di diritto Paolo Baffi, nato a Broni (PV) il 5 agosto 1911 e morto a Roma il 4 agosto 1989.

3 commenti:

  1. Bravo Beniamino, d'altra parte un post su Baffi é per te easy task anche se la partecipazione emotiva traspare vibrante.
    Un abbraccio da Leo dal Principato

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  2. Ricevo e pubblico volentieri:
    Habemus Baffi!!! Congratulazioni Professor Ben, solleviamo gli spiriti evocando i puri.
    Giulia

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  3. Ricevo dalla figlia di Paolo Baffi, Giuseppina, e volentieri pubblico con orgoglio:

    Ti ringrazio molto per il toccante pensiero su mio padre. La tua profonda conoscenza storica e la tua rara sensibilità fanno si che i ricordi siano sempre corretti, puntuali e molto emozionanti. Grazie caro Beniamino per la tua preziosa e tenace memoria! Grazie anche ai gentili commentatori. Un abbraccio.

    Giuseppina Baffi

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