lunedì 19 marzo 2012

Robert Kennedy, il PIL e la ricerca della felicità

La ricerca della felicità
Il 18 Marzo del 1968 - giusto 44 anni fa - Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava - tra l'altro - l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.

Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.

Ecco alcuni passaggi significativi:

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
 Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Il primo in Italia a studiare la qualità del PIL è stato Giorgio Fuà , fondatore dell’ISTAO ad Ancona. Così lo ricorda Carlo Azeglio Ciampi – in Da Livorno al Quirinale (Il Mulino, 2010, p. 96): “Giorgio accoppiava la preparazione solida da economista con la capacità socratica di stimolare, di domandare, di suscitare interesse nei propri allievi, che gli volevano un bene più che filiale, paterno”.

Il Governatore della BCE Mario Draghi ha così ricordato Giorgio Fuà : “Il nome di Giorgio Fuà è intimamente legato agli studi sullo sviluppo economico...Nella Lettura all’Associazione Il Mulino, Fuà osservava che “… oggi, nei paesi ricchi, … dobbiamo smettere di privilegiare il tradizionale tema della quantità di merce prodotta e dedicare maggiore attenzione ad altri temi, che non possono più essere considerati secondari dal punto di vista del benessere collettivo.


Tra gli altri, citava l’equilibrio con l’ambiente naturale, il senso di soddisfazione o alienazione che caratterizza il lavoro. Per Fuà il reddito nazionale e il benessere collettivo non sono la stessa cosa”.

Entriamo in un campo minato. Parliamo di felicità, ricchezza e benessere. Visto che ricordiamo Bob Kennedy, non è inutile ricordare che la Dichiarazione di indipendenza dei tredici Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776 recita che tra gli inalienabili diritti dell’uomo esiste la pursuit of happiness. Non per nulla Will Smith ci ha entusiasmato al cinema con La ricerca della felicità (Muccino style).

Enrico Finzi - uno dei più noti ricercatori sociali italiani - in un libro divertente e interessante - Come siamo felici. L’arte di goderci la vita che il mondo ci invidia (Sperling & Kupfer, 2008) - ci racconta come l’italiano riesca ad essere felice nonostante tutto quello che gli succede intorno.

La felicità non è il conseguimento dell’obiettivo, bensì la spinta verso il fine, il viaggio e non la destinazione.

Oscar Wilde disse: "Ci sono due tragedie nella vita, due drammi che noi viviamo: uno, quello di non avere ciò che desideriamo; l'altro, di aver soddisfatto il nostro desiderio!"

3 commenti:

  1. Ricevo e pubblico:

    Anche se sono passati diversi anni, fa molta paura pensare che un uomo che, in un paese libero, disse "Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni" sia stato ucciso poco dopo. Pelle d'oca.
    Detto questo, la felicità o il desiderio di essa deve essere ciò che spinge ogni uomo ad agire, uscendo dal torpore nel quale ci immerge la comodità, che chiaramente è molto diversa dalla felicità.
    Questo discorso vale soprattutto per un Paese come l'Italia, dove l'immobilisimo, l'accontentarsi facendo poca fatica, la fanno da padroni.
    E' importante anche seguire la propria felicità, non farsela dettare da qualcun altro solo perché è più comodo e comporta meno responsabilità, tutto deve partire da noi. "Se vuoi una cosa vai e inseguila, punto", come dice il film citato in questo post. LA felicità è una delle poche cose che è veramente nostra.
    "Resta in ogni caso il pericolo costituito da chi vuole imporre, a ogni costo, il proprio modello di felicità agli altri. Di solito le conseguenze per chi vorrebbe essere felice a modo suo sono i roghi o i campi di concentramento" [Enzo Biagi]
    Fabio Pedroncelli

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  2. Argomento molto interessante e approfondito nel capitolo 24 "What's wrong with GDP and growth? The need for alternative indicators" contenuto in "A Guide to What’s Wrong with Economics " a cura di Edward Fullbrook.

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  3. federico triolo6 giu 2012, 00:14:00

    Bhè penso che queste lungimiranti parole by Kennedy ci debbano colpire la mente e ancor più il cuore. Mi fermo spesso a pensare cosa realmente possa renderci felici e non solo appagati. Studio economia aziendale all' università di Bergamo. Penso al marketing: possiamo creare stimoli, interessi non naturali e farli percepire solo come mode tanto da poter incrementare il tournover di vendite??Possiamo parlare di Economia pura, banche, assicurazioni, belle parole e frasi e poi si esce e il mondo non è così?? Non sono nella parte del moralizzatore, o del parlare è facile..ma qualcuno si ricorda che siamo figli della vita ed è intrinseco nell' uomo più la solidarietà che l'egoismo??P è pura utopia??????
    Federico Triolo

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