sabato 16 novembre 2019

Omaggio a Mario Cotelli, un grande uomo di sport

Mario Cotelli
Alla fine dei febbrili anni Ottanta l'Italia tutta rimase affascinata dalle gesta sugli sci di Alberto Tomba, atleta formidabile, che da San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna - non proprio una località montana - riuscì a conquistare vittorie in slalom speciale e gigante, fino a vincere la Coppa del Mondo.
Ricordo che erano in molti, compreso me, a smettere di sciare e guardare la seconda manche, dove Alberto spesso compiva miracolosi recuperi. I commentatori erano - su Telemontecarlo - Bruno Gattai - avvocato di fama, e Mario Cotelli. Erano racconti concitati ed emozionanti. La lucidità di Cotelli mi affascinò fin da subito e volli approfondire la sua figura. Non vedevo l'ora di leggere i suoi commenti sul Corriere della Sera.
Ricordo come fosse ieri il soprannome "Alberto a quattro ruote motrici", che Cotelli diede a Tomba, capace con l'incredibile forza muscolare di frantumare ogni record.
Essendo nato nel 1970 non ero a conoscenza delle imprese di Cotelli, giovanissimo (si fece crescere i baffi - come più tardi fece lo "zio" Bergomi - per dimostrare una maggiore età) direttore tecnico della "Valanga Azzurra" di Gustavo Thoeni, Piero Gros e Paolo De Chiesa dal 1969 al 1978.

Proprio qualche giorno fa, purtroppo, Mario Cotelli si è spento per sempre. Nato a Tirano in Valtellina nel 1943, ha fin da subito grande capacità di guida, di leadership. De Chiesa racconta: "Lo ascoltavi, magari non eri d'accordo, ma alla fine facevi quello che diceva lui". Memorabili le litigate con i suoi uomini. I regolamenti di conti verbali. Ma Cotelli era un eccellente gestore di campioni.
Nei suoi nove anni da d.t. l'Italia conquistò 5 Coppe del Mondo assolute (4 con Thoeni, 1 con Gros), e 12 medaglie tra Mondiali e Giochi, dominando le discipline tecniche e lanciando anche discesisti come Herbert Plank.
Leonardo David
Con l'irrompere di Ingemar Stenmark a metà degli anni Settanta, Cotelli capì che la pacchia era finita. Lo svedese sarebbe diventato imbattibile. Forse ce l'avrebbe fatta Leonardo David, grande promessa dello sci italiano, campione sfortunato, ridotto in stato vegetativo in un letto tra Gressoney e Innsbruck, dopo una brutta caduta nelle prove di discesa libera di Cortina (poi fece l'ultima gara a Lake Placid il 3 marzo 1979, dove all'arrivo crollò tra le braccia di Piero Gros per non risvegliarsi più).
David avrebbe potuto essere il trait d'union tra la Valanga Azzurra e Tomba. Mario Cotelli citava spesso il povero Leo. E gli veniva un groppo in gola.

E' riuscito, vincendo moltissimo, a trasformare gli slalom in un fenomeno televisivo di massa. Lo sci è diventato con lui un argomento di discussione, da bar. E ancora negli anni Novanta, con Tomba sugli scudi, sentire le sue telecronache era come ascoltare la coppia Rino Tommasi e Gianni Clerici.
Una volta lasciata la Valanga Azzurra, Cotelli ha continuato a dare molto allo sport italiano, in qualità di commentatore, giornalista, organizzatore, manager, pioniere del marketing sportivo.

Caro Mario Cotelli, la terra ti sia lieve.

2 commenti:

  1. Buongiorno Beniamino, bell'articolo. Ricordo anche io il soprannome - efficacissimo - affibbiato a Tomba.

    Un altro pezzetto della nostra giovinezza che se ne va.

    A presto,

    Andrea Giovannelli

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    1. Giuseppe Grassano18 nov 2019, 14:39:00

      Caro Beniamino, hai ricordato molto bene la figura di un grande uomo di sport che, dall'agonismo, si è trasformato in manager guidando la valanga azzurra ai grandi successi internazionali: Toccante poi il ricordo della prematura scomparsa del campione in erba, Leo David: la sua lunga sofferenza ha tenuto in ansia un Paese intero.
      Se hai necessità o desiderio di approfondire ulteriormente la figura di Cotelli ti segnalo i nomi di Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis: dispongono di interessante materiale d'archivio.
      Un cordiale saluto.
      Giuseppe

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