Vallanzasca e Turatello |
Successivamente, dopo aver frequentato le bande del Giambellino, la "ligéra", la vecchia mala milanese, decide di mettersi in proprio e fonda la Banda della Comasina, che diventa il più feroce gruppo criminale di Milano, contrapponendosi alla banda di Francis Turatello.
Sono oltre settanta le rapine che Vallanzasca e la sua banda mettono a frutto, senza contare i sequestri di persona (famoso quello a Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese). Nel 1977 al casello di Dalmine, fermati a un posto di blocco Vallanzasca, con Michele Giglio e Antonio Furlato, spara. Nello scontro a fuoco muoiono i due agenti di polizia Luigi D'Andrea e Renato Barborini.
Seguono arresti e fughe. Risse in carcere, vendette e addirittura decapitazioni (Massimo Loi, che aveva deciso di collaborare con Achille Serra), evasioni e catture. Un'epopea. Criminale.
Il sistema carcerario italiano prevede l'ergastolo effettivo solo in un numero limitato di casi. Infatti l'articolo 27 della Costituzione prevede espressamente che la pena debba mirare alla rieducazione del condannato.
Il giudice di sorveglianza nel 2010 diede parere favorevole a concedere a Vallanzasca il regime di semilibertà. Il 13 giugno 2014 Renato viene sorpreso in un supermercato a Milano con in una borsa biancheria intima e materiale da giardinaggio (non pagata, trattasi di taccheggio). Arrestato, processato per direttissima per il reato di rapina impropria, condannato a 10 mesi e 330 euro di multa. Gli viene revocata la semilibertà.
Attualmente Vallanzasca è recluso nel carcere di Bollate (uno dei migliori in Italia, grazie anche all'egregio lavoro compiuto da Lucia Castellano).
Vallanzasca, dopo l'ennesimo arresto |
- Vallanzasca ha trascorso, seppur con qualche breve intervallo, l'intera propria esistenza in carcere: 45 anni di detenzione su 68 di vita;
- "La sua prima funzione della pena è certamente quella di assolvere ad una necessità afflittiva e in qualche modo "retributiva" del vulnus arrecato alla collettività, mentre la seconda, di non minore importanza, è invece quella di consentire e favorire in tutti i modi il successivo "recupero" sociale del reo deviante, finalizzandola al suo successivo reinserimento in quella comunità in precedenza vulnerata";
- in passato il ravvedimento non era necessario, era sufficiente la buona condotta. Qui Steccanella mostra la sua cultura storica citando Antonio Gramsci, che potè - per ragioni di salute - uscire dal carcere fascista nel 1934 senza abiurare (morirà nel 1937);
- sta al magistrato di sorveglianza valutare se il condannato è realmente cambiato;
- Vallanzasca ha iniziato nel febbraio 2017, su sua richiesta, un percorso di "mediazione" coordinato dall'equipe guidata dal criminologo prof. Adolfo Ceretti (di cui si segnala il volume a cura di G. Bertagna, A. Ceretti, C. Mazzuccato, Il libro dell'incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto, il Saggiatore, 2015);
- I mediatori hanno fatto incontrare a Vallanzasca il figlio di un agente di polizia ucciso e la reazione è stata positiva, "essendo stato capace - anche oltre le aspettative - di creare un dialogo possibile e aperto intorno alla questione della responsabilità";
Vallanzasca oggi |
- il prof. Ceretti conclude che "ravvisando un adeguato livello di ravvedimento, tenuto conto del percorso di mediazione penale, vista la rete esterna (lavoro, volontariato, affetti), si ritiene che il soggetto possa essere ammesso alla liberazione condizionale (o on subordine alla semilibertà".
Venerdì 20 aprile la procura generale di Milano non ravvisa un "sicuro ravvedimento" e respinge la richiesta di Vallanzasca.
Tempo fa ero rimasto molto colpito dal volume "Fine pena: ora" (Sellerio, 2015) scritto dal giudice Elvio Fassone sulla base della sua corrispondenza con l'ergastolano che aveva condannato. Non si può fermarsi a pensare quando Salvatore gli scrive: "Le volevo dire che se suo figlio nasceva dove sono nato io, adesso era lui nella gabbia; e se io nascevo dove è nato suo figlio, magari facevo l'avvocato, ed ero pure bravo".
Fassone parla di "quella maledizione che lo ha timbrato fin dalla nascita, che costringe i nati nel suo Bronx a svolazzare e divincolarsi intorno al filo mortale per brevi anni di violenza, sino a che una scarica li raggiunge e li seppellisce".
Nelle pagine finali Fassone scrive: "Nessun individuo, noi compresi, è uguale a quell"'io" che era venti o trenta anni fa, e perciò è ragionevole che il nostro giudizio sia diverso a seconda che si appunti su quella o su questa figura. Nessuno - è stato scritto - è mai tutto in un gesto che compie, buono o cattivo che sia . Ciò che oggi sembra indegno di qualsiasi atteggiamento benevolo, può diventare creditore dopo molto tempo e moltissimo patire".
Io credo che il diniego dei benefici a Vallanzasca possa essere dovuto, come suggerisce Fassone nel capitolo "Abolire l'ergastolo?" ai media, che ci mettono sotto gli occhi qualche crimine particolarmente efferato e le emozioni negative susseguenti insorgano con intensità ancora più forte travolgendo lo sforzo di riflessione e il senso di umanità.
Chi non è d'accordo, commenti. Grazie. Non esistono verità rivelate.