giovedì 16 gennaio 2014
A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti
Me lo ricordo come fosse ieri. Prova di maturità, orale. 11 luglio 1989. Il presidente della commissione, attento e scrupoloso, osserva: "Ho letto che suo padre è nato a Grazzano Badoglio nel Monferrato. Mi parli quindi del Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, capo del Governo dal 25 luglio 1943 all’8 giugno del 1944". Vacillo. Tergiverso. Inizio a parlare del Consiglio del fascismo del 25 luglio 1943, di Mussolini portato via in ambulanza. Sulle questioni politiche mi tengo sul vago, per paura di suscitare incomprensioni. Accenno alla Resistenza, poi il Presidente, dice "Molto bene. Adesso, iniziamo con l’esame vero e proprio". Che si concluderà benissimo. Con i complimenti della commissione.
Eh beh, non ho mai studiato in vita mia così tanto come alla maturità. Neanche all’università.
In una recente ricerca su google – che strumento fantastic! - mi sono imbattuto in un saggio dello storico Primo Maioglio, scritto in occasione della commemorazione del Maresciallo Badoglio. In un passaggio significativo si legge: "Concludo questa mia comunicazione ricordando un fatto significativo riguardante Grazzano, paese di Badoglio. Dopo la cattura dei 27 partigiani della banda Lenti aderente alle formazioni Matteotti - cattura avvenuta nel settembre del ‘44 sull’altura grazzanese della Madonna dei Monti - cinque giovani del paese si presentarono al comando della IX Brigata Matteotti, in Moncalvo, per diventare partigiani. Voglio citare i loro nomi a testimonianza di come essi, compaesani ed estimatori di Badoglio, poterono dignitosamente militare in una formazione collegata ad un partito che si proponeva, a liberazione avvenuta, di operare per la edificazione di uno stato di forma repubblicana: Piero Piccone, Giulio Medesani, Bruno Mosso, Aurelio Redoglia, Sandrino Oliaro. Tre di essi (compreso mio padre, ndr) riposano da anni in quello stesso cimitero che il 2 novembre 1956 ha accolto le spoglie del loro illustre compaesano".
Ecco, mio padre - scomparso il 16 gennaio di 24 anni fa - è stato questo, una persona che nel settembre 1944, a soli 18 anni si arruola nelle Brigate partigiane Matteotti. Sente di dover dare un contributo fattivo per la liberazione dell'Italia.
Mio padre la pensava come Giorgio Bocca, anche lui partigiano, che ad un giovanissimo Walter Tobagi, disse: «La nostra democrazia è gracile, compromissoria, ma non è una democrazia trovatella. E se non è trovatella, se ha il minimo indispensabile di legittimità, lo deve alla Resistenza. La quale dà alla democrazia in cui viviamo quella base democratica, quel suffragio popolare sufficientemente grande per essere considerata legittima».
Caro Papi, ti sia lieve la terra.
Ricevo e volentieri pubblico:
RispondiEliminaLa bellezza e l'orgoglio dell'essere italiano fino all'osso lo devo a chi, come suo padre, ha costruito un paese nuovo e speranzoso dalle ceneri di un passato violento e di odio.
Era una gran bell'Italia. Più o meno come la sognavano mio nonno e i suoi genitori, che hanno subito l'umiliazione dell'esilio per motivi politici, salvo poi tornare in patria, combattere e rifare tutto da capo.
Che ci diano la forza di credere sempre che i nostri desideri siano realizzabili e i nostri sogni possibili. Che ci esortino a completare quello che loro non sono riusciti a finire. Che non ci facciano arrendere mai ad un paese corrotto.
Matteo F.
Molto bello
RispondiEliminaAlessandro
Ricevo e volentieri pubblico:
RispondiElimina“Complimenti di vero cuore; quello di tuo padre è una generazione che ha fatto della nostra Italia un Paese democratico. Anche se la situazione è drammatica, mi auguro he la nuova classe dirigente del PD s’ispiri a quelle persone e mettano al primo posto della loro agenda la questione morale che è la pre-condizione per poter ridare dignità alla politica”.
Mario Balbo