Le ricerche di numerosi economisti e giuristi hanno dimostrato la correlazione diretta tra Investimenti Diretti Esteri (IDE) ed enforcement delle regole.
Il primo che vogliamo citare è Pietro Ichino – a cui va tutta la nostra solidarietà per i deliranti e minacciosi discorsi del brigatista Davanzo.
Qui allego una presentazione svolta da Ichino per Confindustria.
Così Ichino : “Dopo la Grecia, l’Italia è il Paese europeo meno capace di attirare investimenti stranieri. Secondo il Comitato Investitori Esteri di Confindustria, se il nostro Paese riuscisse ad allinearsi per questo aspetto con la media europea, ne risulterebbe un flusso di investimenti in entrata pari a circa 30-35 miliardi l’anno.
Pietro Ichino |
L’economista Barba Navaretti ha scritto: “Durante la crisi del 2008 e 2009 gli investimenti diretti esteri (Ide) sono crollati dal 3,5% del Pil globale al 1,8% nel 2010. Nell’area dell’euro sono addirittura scesi dal 5% all’1,8%. Non abbiamo ancora dati per valutare gli effetti della crisi del debito sovrano, ma molto probabilmente vanno nella stessa direzione.
Se va male per tutti, per l’Italia va peggio. Nel 2008 ci sono stati addirittura più disinvestimenti che nuovi investimenti e nel 2010 il saldo era positivo per un misero 0,46% del Pil".
Nel suo ultimo libro Roger Abravanel – coadiuvato da Luca D’Agnese – torna dopo i precedenti volumi Meritocrazia – vedi post La battaglia di Roger Abravanel per un’Italia più meritocratica - e Regole – vedi post Le regole e la felicità - sul tema della giustizia civile.
Negli scorsi anni - complice anche l’ex Presidente del Consiglio – l’interesse è stato concentrato sulla giustizia penale. Ma è la giustizia civile la piaga biblica dell'Italia.
Così Abravanel: “L’amministrazione della giustizia civile è la funzione dello stato di gran lunga più fallimentare del nostro paese. I tempi di un processo sono interminabili, i tribunali ingolfati, veder ristabilite le proprie ragioni per chi ha subito un torto resta spesso una chimera.
Nelle classifiche internazionali sull’efficiacia della gisutizia civile l’Italia è al centoventiseiesimo posto, lontanissimo dal resto dell’Occidente. La giustizia civile è lenta come quella del Gabon. L’economia paga un prezzo enorme per il fallimento della giustizia”
Mario Draghi |
funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia. Nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”.
La macchina della giustizia italiana ha accumulato modelli organizzativi, cultura, leadership da terzo mondo: per molti magistrati “giudicare velocemente” è sinonimo di “giudicare male” e quindi la qualità della sentenza diviene sinonimo di tempi lunghi.
Nel libro Abravanel dà giustamente molto spazio a Mario Barbuto, tostissimo presidente della Corte d’Appello di Torino, che è riuscito a ridurre drasticamente i tempi delle cause civili e a dimezzare l’arretrato con un semplice doppio decalogo – 20 regole – e metodi manageriali per misurare il tempo delle cause - targando l'anno di inizio del processo.
Mario Barbuto |
Estendere il successo torinese sarebbe ovvio ma in Italia le cose che funzionano sembrano non piacere. Il vero cambiamento deve avvenire nella mentalità dei magistrati, che devono capire l’essenzialità della velocità. Fare giustizia a distanza di lustri non è giustizia.
Ben ci ricordiamo del giudice di Gela che impiegò 8 otta otto per scrivere le motivazioni di una sentenza. E i boss mafiosi ovviamente in libertà. Meglio una sentenza di tre pagine pronta subito che una sentenza scritta benissimo, pubblicata sulle riviste di diritto e i delinquenti in libertà.
Chiudo con un punto importante sottolineato da Roger Abravanel: la necessità dei cittadini di tornare a interessarsi della cosa pubblica. Abbiamo visto che la delega in bianco, l’illusione che qualcuno venga dal cielo a risolvere i nostri problemi non è nelle cose.
Urge quindi una reazione dei cittadini italiani.
La crisi fa scoprire il valore della cittadinanza. Il cittadino deve uscire dalla sudditanza, farsi sentire e dare il suo contributo.
Per capie di quale pasta è fatta il dott. Mario Barbuto, vi riporto l'attacco del suo intervento all'Assemblea Generale di Corte d'Appello a Torino il 31.1.2010: "Autorità, Gentili Ospiti, Signore e Signori,
RispondiEliminasono onorato di partecipare a questa cerimonia che si rinnova di anno in anno con
un rito pressoché immutato.
Da circa un decennio la cerimonia si svolge in questa aula solenne dedicata
all’Avvocato Fulvio CROCE, cuore di un palazzo intestato al magistrato Bruno
CACCIA, che è ubicato in una strada intitolata ai magistrati Giovanni FALCONE
e Paolo BORSELLINO (sebbene ragioni burocratiche, a mio parere superabili,
indichino l’indirizzo ufficiale dell’edificio in Corso Vittorio Emanuele). E’ inutile
che Vi dica quale sia la mia emozione".
Sempre Mario Barbuto nello stesso intervento: "il fattore-tempo è essenziale per il servizio
RispondiEliminapubblico dell’informazione; come lo è per la sanità, l’istruzione, la libertà di
circolazione, valori garantiti tutti dalla Costituzione.
B) Fuor di metafora. E’ mai possibile che nel servizio giustizia il “fattore tempo”
sia sottovalutato e considerato quasi una variabile indipendente della sentenza?
La scarsa attenzione ai “tempi del processo” è uno dei motivi che ha portato la
magistratura, decennio dopo decennio, ai livelli odierni di impopolarità.
Mi permetto una digressione sul panorama nazionale. E’ importante per quanto
dirò oltre sul distretto (cfr. punto D).
C) Nel discorso inaugurale dello scorso anno il Presidente della Cassazione
CARBONE ha avuto il merito di scoprire il rapporto Doing Business-2008 della
World Bank e i suoi sondaggi. Da allora la stampa non fa che parlarne.
Si legge nella sua relazione del 2009 che in quel rapporto vi era la classifica degli
Stati in base a diversi parametri; tra questi la durata di un “processo di tipo
commerciale” (“causa per il recupero di una somma in una lite tra imprenditori”).
L’Italia era al 156° posto sui 181 Stati analizzati, dopo Gabon e Guinea; prima di
Gibuti. Subito dopo Afghanistan, Timor Est e paesi simili che hanno altro da
pensare che alla giustizia per imprenditori commerciali.
L’anno precedente, nel 2008, l’Italia era al 154° posto.
Dall'Address di Mario Draghi il 15.6.12: "Product market regulations can be streamlined so as to foster competition, particularly in sheltered professions and the services sector. Extensive administrative reforms should facilitate the start-up of new firms. Moreover, judicial systems can be adjusted so as to resolve and avoid court backlogs, which hamper the conduct of business activities. Once a critical mass for such reforms is achieved, they will considerably strengthen economic dynamism, innovation and employment.". Intervento completo al seguente link http://www.ecb.int/press/key/date/2012/html/sp120615.en.html
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