Ma cos’è lo spread BTP-BUND? Cosa rappresenta? Perchè è così importante?
Lo spread BTP-BUND a 10 anni, da sempre il miglior termometro per valutare l'affidabilità finanziaria dell'Italia sui mercati internazionali. E’ il risultato della differenza tra rendimento del titolo a 10 anni tedesco (il riferimento europeo e mondiale) e il rendimento del titolo italiano (sempre a 10 anni, BTP sta per Buono Poliennale del Tesoro).
Lo spread o differenziale BTP-BUND si può ampliare o ridurre. L'ampliarsi dello spread si ha quando la preferenza degli investitori si dirige verso titoli di Stati ritenuti più affidabili, come la Germania, rispetto a quelli emessi dai paesi periferici (come l’Italia) e con rating inferiore. Il ridursi dello spread significa il miglioramento della percezione del rischio paese Italia da parte degli investitori.
Nel marzo 1995 l’Italia attraversò una grave crisi finanziaria, il marco tedesco raggiunse livelli prossimi a 1.250 lire, lo spread BTP-BUND toccò quasi 7 punti percentuali (i.e. quasi 700 basis point). Venerdì scorso il titolo a 10 anni dell’Irlanda - in difficoltà a seguito della bolla immobiliare scoppiata in mano alle banche irlandesi - ha raggiunto uno spread contro il bund di 5,68%. La Grecia viaggia su uno spread verso il Bund di 8,97%. Auguri!
Nel grafico sottostante trovate la storia dello spread italiano dal 1990 al 2004.
Nell’aprile 1996 a seguito delle elezioni si insedia a Palazzo Chigi il Governo Prodi, che vede Ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi. Ciampi – europeista convinto – contribuì in maniera decisiva con la sua enorme credibilità - a convincere i mercati finanziari che l’Italia sarebbe entrata nell’Unione Economica e Monetaria e avrebbe rispettato i parametri di Maastricht.
Come evidenziano Spaventa e Chiorazzo - Astuzia o virtù?: come accadde che l'Italia fu ammessa all'Unione monetaria (Donzelli Editore, 2000) l’indicatore più significativo del processo di convergenza tra il tasso di rendimento italiano e quello tedesco di pari durata può essere separata in due componenti: una che riflette il rischio di cambio, ovvero le attese di svalutazione della lira rispetto al marco; un’altra imputabile al cosiddetto “rischio paese”, ovvero la percezione del mercato di un rischio che il debitore (pubblico) possa in futuro non fare fronte ai propri impegni.
Come si può apprezzare in Figura, con l’Unione monetaria – 1.1.1999 - si azzera per definizione il rischio di cambio: lira e marco sono in rapporto fisso con l’euro. Il rischio di cambio inizia a ridursi sin dal 1996, si approssima allo zero nel corso del 1998, quando diviene certa l’ammissione dell’Italia, e si annulla dalla data di inizio della moneta unica.
Per quasi tre anni, dal 1996 al 1999 i tassi di interesse tedeschi a lungo termine decrebbero con continuità, con una riduzione di quasi tre punti fra la metà del 1996 e il primo quadrimestre del 1999. Questo andamento agevolò il processo di convergenza.
La componente che rimane oggi dopo l'ingresso della lira nell'euro (grazie Ciampi!) è legata esclusivamente al “rischio paese”.
Nel dicembre del 1998 il differenziale tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi giunse a sfiorare i 2 centesimi di punto: «Un risultato storico», commentò a buon diritto l'allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi. Nello stesso mese di dicembre del 1998, il giorno 23, il BTp maggio 2009 regalò all'Italia un clamoroso sorpasso, portando lo spread a 4 centesimi di punto sotto il pari durata tedesco.
A domani per la seconda parte. Clicca qui per vederla.
Per leggere la terza parte cliccare qui.
Per leggere la quarta parte cliccare qui.
Nessun commento:
Posta un commento