mercoledì 21 dicembre 2016

La cloaca grillina in Campidoglio, uno scempio senza fine. Dopo l'arresto di Marra, aspettiamo le dimissioni di Virginia Raggi?

Virginia Raggi
Virginia Raggi del Movimento 5 Stelle è stata eletta nel giugno scorso sindaco di Roma con un plebiscito. Dopo l'esperienza tragica di Gianni Alemanno e dell'ingenuo Ignazio Marino, i romani si sono buttati tra le braccia di Virginia Raggi, fin da subito inadeguata e inadatta al ruolo. Come fa un avvocato che viene dallo Studio Previti - il cui dominus Cesare Previti faceva l'avvocato pagando i magistrati (sentenza IMI_SIR e Mondadori passate in giudicato) - brandire in mano la spada dell'onestà?
Per fare il sindaco sono richiesta capacità organizzative, di management, di gestione delle persone, di conoscenza dei diversi dossier, che Virginia Raggi non è assolutamente in grado di dominare. Non è assolutamente un caso che la sindaca si sia rivolta all'avvocato difensore di Previti, notoriamente di destra, per farsi consigliare sulle nomine. La prima è stata subito esemplare. Fatto fuori il bravissimo capo dei vigili (nominato da Marino) Raffaele Clemente così da far subito capire che la buona amministrazione era un mero sogno. Le dimissioni dopo solo 32 del capo di gabinetto Carla Maineri - scavalcata e bypassata, combinate con le dimissioni dell'assessore al bilancio Marcello Minenna, dovevano mettere tutti sull'avviso: la destra è tornata al potere, con i suoi uomini e le sue logiche.
Giuseppe Pignatone
Fortunatamente a capo della Procura non c'è più Achille Gallucci, definito dal governatore Paolo Baffi "grande uomo di panza" (ossia capo di una cosca mafiosa, secondo il dizionario Hoepli), ma l'ottimo Pignatone, che sta facendo scordare i tempi del "porto delle nebbie". Questa indagine è seguita dal pm Paolo Ielo - si è fatto le ossa alla Procura di Milano - che ben si relaziona con la UIF.
La procura, supportata dall'UIF - Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, guidata dal serio Claudio Clemente (già protagonista in positivo alla Vigilanza in Banca d'Italia quando diede parere negativo all'operazione di acquisizione di Antonveneta da parte di Giampiero Fiorani di Banca Popolare di Lodi, supportata da Antonio Fazio) - ha prodotto una quantità di prove tali che il gip non ha potuto far altro che approvare l'arresto di Raffaele Marra, capo del personale del Comune di Roma.
Virginia Raggi durante la conferenza stampa senza domande (sic!) ha dichiarato che Marra era solo uno dei 23mila (quanti, eh!) dipendenti del Comune di Roma, nascondendo il fatto che fosse il suo braccio destro (vicecapo di gabinetto nei primi mesi del mandato), appoggiata in questo da Luigi di Maio, che dimostra l'esattezza del giudizio di Vincenzo de Luca: "Una mezza pippa" (da vedere il video su youtube).
Dicevamo il ruolo dell'UIF, l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. La UIF ha dimostrato con i documenti alla mano ("follow the money", sosteneva Giovanni Falcone) che l’abitazione comprata nel 2013 da Marra è stata pagata con assegni circolari (intestati alla moglie, che peraltro preleva in continuazione al bancomat di Malta, dove è residente, con carte intestate a società dei fratelli Marra, che comprano e vendono yacht!) per un valore di 367 mila 850 euro forniti dal costruttore Sergio Scarpellini. In più, non è provata la restituzione della somma da parte del funzionario. Marra si mette a disposizione di Scarpellini, come emerge dalle intercettazioni. Con tutti gli immobili che ha, il Comune di Roma ne affitta a bizzeffe dal costruttore a canoni da capogiro.
Raffaele Marra
Cosa dice Scarpellini agli inquirenti? "Marra era influente e pensavo che se avessi rifiutato ci sarebbero state conseguenze sulle mie pratiche".
Senza pudore, Raggi e Marra hanno firmato la nomina - facendo in modo da evitare la procedura di comparazione dei titoli vantati dai candidati - di Renato Marra (raccomandato? Mavalà), fratello di Raffaele alla direzione Turismo del Comune di Roma. Cosa diciamo ai nostri studenti? Che ha senso studiare, scavare (Carlo Azeglio Ciampi, cit.), lavorare con serietà? Quali esempi forniamo loro? Virginia Raggi? Poi ci si meraviglia che i giovani vadano all'estero! Vero ministro Poletti?

Buon Natale a tutto i miei lettori. Appuntamento a gennaio 2017.

venerdì 16 dicembre 2016

Atm sciopera, il cittadino è gabbato e l'azienda risparmia sui costi

Ancora una volta poco spazio viene dato dai media allo sciopero di oggi dei mezzi pubblici milanesi (alias Atm, Azienda Trasporti Milanesi, interamente controllata dal Comune di Milano). Sempre al venerdì o al lunedì, chissà perchè.
Lo sciopero è attuato dai COBAS, ma si sa che può paralizzare tutto il trasporto pubblico, è impossibile prevederne l'estensione, il che di per sè è un fortissimo danno agli utenti.

Martedì a Roma è accaduto lo stesso: città paralizzata da uno sciopero prima annunciato (= tutti in macchina) e poi revocato all'ultimo momento.

E' evidente la situazione di netto vantaggio degli scioperanti delle aziende municipalizzate: se scioperano dei poveracci nel settore privato rischiano il posto, rischia l'impresa, e nessuno se ne interessa (id est ci sono alternative).

Se sciopera il Trasporto Pubblico Locale (TPL) - dove gli stipendi sono molto superiori al settore privato - non possono perdere il posto, l'impresa non può fallire, e sono danneggiati SOLO gli utenti (i costi del lavoro risparmiati superano gli introiti persi, date le tariffe...).
Vogliamo scommettere che i dipendenti dell'Atm otterranno un altro aumento fuori mercato, per evitare altri scioperi. E' così, a furia di regalie, che il debito pubblico ha superato il 130% del pil.

Nel 2018 il Comune di Milano, per adeguarsi alle norme europee (benedette) ha promesso l'apertura di una gara pubblica dove si metteranno in competizione i diversi operatori. Potrebbe entrare in gioco la società francese Ratp che gestisce i bus in Toscana. Il cittadino ne guadagnerebbe perchè il costo del servizio scenderebbe, senza perdere in qualità. Con più operatori, siamo certi che gli scioperi diminuirebbero perchè aumenterebbe l'enforcement.
Purtroppo sulle gare europee legate al TPL, si parla di competizione, ma l'asta per essere vera deve prevedere la suddivisione in lotti (su Milano, secondo gli esperti, almeno 6). In caso contrario, nel caso di lotto unico, il vincente sarebbe sicuramente Atm.
La giunta guidata da Beppe Sala - oggi autosospeso per le vicende legate alla piastra di Expo - sarà capace di fare le cose sul serio? Temiamo purtroppo di no.
La concorrenza, secondo i manager del TPL, è bella, ma solo a parole; nei fatti deve riguardare solo gli altri settori e non il proprio. E ricordiamoci che Carlo Cottarelli - ex commissario straordinario alla spending review - è caduto proprio sulle munipalizzate, feudo corporativo fonte di prebende per tutti i partiti dell'arco costituzionale.
 

mercoledì 14 dicembre 2016

Che ingenui coloro che pensano di diventare ricchi votando un ricco

Sono molti i cittadini americani che hanno votato Donald Trump attribuendogli doti taumaturgiche in relazione alla deflagrante disparità di redditi e ricchezza all'interno degli Stati Uniti. Così come molti italiani si sono fatti abbindolare dalle promesse di Berlusconi, gli americani, per una volta follower di noi italiani.

Le prime mosse di Trump fanno emergere con chiarezza come l'interesse dei ricchi è diventare ancora più ricchi. Il popolino deve essere illuso, così da perpetuare il "rentier capitalism".

Poniamo al vaglio tre significative nomine di Trump:

1) Al ministero del Tesoro the "Donald" ha voluto tenacemente Steven Mnuchin, in precedenza manager per lunghi anni (dal 1994 al 2002) di Goldman Sachs. In campagna elettorale Trump si era distinto tratteggiando malignamente le banche d'affari, accusate di aver impoverito la classe media. Passate le elezioni, ecco qui un rappresentante dell'establishment.
Il Financial Times, in un editoriale non firmato ("Swamp or no swamp, Goldman swims on"), quindi il punto di vista del giornale, del 3 dicembre scrive: "No other company can boast such an alumni network with anywhere near this level of influence on world affairs. It seems the pattern will be not brokeb under a Trump administration". L'FT cita Robert Rubin (ministro del Tesoro con Bill Clinton), Hank Paulson (Treasury Secretary con George W. Bush), Mark Carney (attuale governatore della Bank of England), Mario Draghi , Romano Prodi, Bill Dudley (Federal Reserve NY), Robert Zoellick (già presidente della Banca Mondiale).
Trump attaccò violentemente Hillary Clinton per aver parlato, in cambio di compensi favolosi, a convention organizzate da Goldman Sachs. Che faccia di tolla! CorriereEconomia ha titolato "Banca d'Affari Goldman Trump".

Steven Mnuchin
Saranno da osservare con attenzione gli scaglioni che beneficeranno del taglio fiscale e dell'eventuale taglio delle imposte di successione. Intanto si vogliono ridurre dal 35% al 15% le aliquote societarie e ridurre drasticamente le aliquote per il rientro dei capitali.
Mnuchin intende ridurre molte regole imposte dal Dodd Frank Act, introdotto dopo la crisi finanziaria del 2008. La riforma di Wall Street nota come Dodd-Frank Act è un complesso intervento voluto dall’amministrazione di Barack Obama per promuovere una più stretta e completa regolazione della finanza statunitense incentivando al tempo stesso una tutela dei consumatori e del sistema economico statunitensi.

2) Al Ministero del Commercio Trump ha nominato Wibur Ross, altro miliardario, che ha accumulato una fortuna (bravo, eh) nel vulture (avvoltoio, ndr) capital, ossia acquistando e poi ristrutturando società semi fallite.

3) Al Ministero del Lavoro è stato scelto Andrew Puzder, manager di una grande catena di fast food poco generoso con le retribuzioni dei suoi dipendenti. E' noto per la sua opposizione feroce al rialzo del salario minimo orario e a ogni altra protezione sociale per i lavoratori. Il ceto medio bianco impoverito e sottoproletarizzato sarà ben felice!

Il "colletto blu" del Michigan sognava persone che lo aiutassero a ritrovare un lavoro. Chissà se questi soggetti avranno tempo per occuparsi anche del "particulare" degli altri. Mettiamoli alla prova. E' lecito dubitare.

Una prossima nomina da porre al vaglio di un attento discernimento (Vittorio Coda, cit.) sarà il capo della Securities & Exchange Commission, la SEC, che è il principale regulator sulle materie di corporate governance, oltre a essere l'avvocato del risparmiatore, come è scritto sul sito ufficiale: "The mission of the U.S. Securities and Exchange Commission is to protect investors, maintain fair, orderly, and efficient markets, and facilitate capital formation".

venerdì 2 dicembre 2016

Omaggio ad Adolfo Beria di Argentine, formidabile magistrato

In questi giorni cade l'anniversario della nascita di Adolfo Beria di Argentine, magistrato italiano che merita di essere ricordato. Nato il 5 dicembre 1920, quattro giorni prima di Carlo Azeglio Ciampi, Beria, come sintetizzato da Giuseppe De Rita, "è stato un grande organizzatore di cultura socio-economica, e fu, forse, il più grande di tutti negli anni Cinquanta e Sessanta, quando portò a una fase culturalmente esplosiva il "suo" Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, fucina di un'intera classe dirigente....Beria è stato il più "globalizzato" di tutti gli italiani che si sono occupati di giustizia". E' difficile nella storia della magistratura trovare una personalità così proteiforme: "Vitalissimo organizzatore e solitario giudice, studioso internazionalizzato e riservato nobile piemontese, coraggioso combattente e sereno fatalista". Un uomo di movimento, uno che mette in movimento le cose, non lascia le cose come le ha trovate. Capite che uno così, in un territorio dove si predilige il rinvio e il lasciar le cose come stanno, non ha avuto vita facile.
Ma partiamo dal principio.

Nato a Torino in una famiglia di magistrati la seconda Guerra mondiale lo costringe subito a un brusco scarto nella sua ordinata esistenza. Nel novembre-dicembre 1944 il Servizio informazioni militari (sim) e la Special Force n. 1 (struttura dell'intelligence britannica per i territori occupati dai tedeschi) affidarono a Beria una delicatissima missione di spionaggio miliare sul fronte delle Alpi Occidentali. Un'operazione ad alto rischio (se fosse stato scoperto la pena sarebbe stata la fucilazione) che prevedeva il lavoro del giornalismo di Guerra. Beria se la cavò e il 1° Maggio 1945 si incontrò a Milano con Edgardo Sogno (che successivamente radicalizzò le sue vedute in senso marcatamente anticomunista), Ferruccio Parri e Raffaele Cadorna.

Nel 1947 Beria entra in magistratura e contestualmente (1948) dà vita al Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale - che esiste ancora oggi, diretto dalla figlia Camilla Beria - che animerà un dibattito sulle scienze sociali di altissimo livello, con protagonisti di prim'ordine. Alla riunione costitutiva presenziarono tra gli altri, Giovanni Demaria (tra i pochi a criticare apertamente la politica economica corporativa di Mussolini) , Antonio Greppi (sindaco di Milano), Ferruccio Parri, Riccardo Bauer, Umberto Terracini. A Milano la stagione del rinnovamento e della speranza è più robusta che altrove.
Salvatore Satta, maestro di Beria, scrive: "Il passaggio dal tempo del lutto e della distruzione a quello della ripresa e della ricostruzione si realizza, diversamente che nel primo dopoguerra, all'insegna di uno slancio ottimistico, di una voglia di riscatto non solo economico, ma anche morale". Quel che contava era la competenza e l'appartenenza alla comunità scientifica, non la collocazione o l'orientamento ideologico.
Beria dimostra con i fatti, con gli eventi culturali che il Centro è in grado di organizzare, una capacità strordinaria di coinvolgere le persone, di galvanizzarle. Una persona piena di idee, di energia, di voglia di discutere al fine di realizzare una migliore convivenza civile.
Parteciperanno ai dibattiti Giandomenico Pisapia, Giovanni Conso, Cesare Musatti, Enrico De Nicola, Lelio Basso, Ugo La Malfa, Bresciani Turroni, Zanotti Bianco, Riccardo Lombardi, Sebregondi, Rosenstein-Rodan, Nino Andreatta, Pasinetti, Gino Martinoli, Myrdal, il giovane Zygmunt Bauman, Giovanni Spadolini. Insomma, è corretto definire Adolfo Beria di Argentine un "imprenditore delle scienze sociali", che contribuisce a svecchiare la cultura italiana.

Oggi, dopo 68 anni, il Centro è ancora attivissimo. Lo scorso 4 novembre ha organizzato una giornata di dibattito dal titolo "Sistemi di protezione sociale e universalità dei diritti nei sistemi di welfare". Tema quanto mai attuale. La qualità dei relatori - David Garland, Tito Boeri, Guido Calabresi, Adolfo Ceretti, Tiziano Treu - conferma l'alta qualità degli incontri del CNDPS. Partecipate, cari lettori, perchè ne vale la pena.

Dopo una breve esperienza a Busto Arsizio, nel 1948 Beria diventa giudice istruttore presso il Tribunale di Milano. Liberal-riformista, con idee fortemente innovatrici, Beria si scontra con i giudici della Cassazione che contestano l'impegno di Beria per carriere meno basate sull'anzianità e più sul merito. Giusto ricordare che nel 1968 tutti i 524 giudici di Cassazione erano entrati in servizio in epoca fascista, prima del 1944. Naturalmente Beria si scontrò anche con i giudici piduisti (come Carmelo Spagnuolo, che firmò l'affidavit a favore di Michele Sindona), o con giudici molto vicini alla politica (nel manuale Cencelli, il procuratore capo di Roma valeva due ministeri), come Giovanni di Matteo (che poi verrà trasferito, dopo averne combinate parecchie). Erano lotte di potere terribili. Da una parte un uomo di potere come Beria per cui il potere non è mai un fine, bensì un mezzo per realizzare fini condivisi da una parte notevole dei giudici. Dall'altra magistrati vicinissimi al potere, anche corrotti, dove l'obiettivo è servire il potere per avere ancora più potere. Il caso Baffi-Sarcinelli è emblematico.
Giuseppe Pignatone
Se mi è permessa una digressione, noto come sono cambiate le cose al "porto delle nebbie" della procura di Roma, quando è arrivato Giuseppe Pignatone, magistrato di grande qualità, che sta valorizzando altri procuratori di grande talento come Paolo Ielo.

Nel 1968 Beria di Argentine viene eletto al Consiglio Superiore della Magistratura. Nell'estate 1969 è sua l'iniziativa per la costituzione dell'Ufficio Studi e documentazione del Csm, tra i cui compiti rientrava la redazione di una relazione annuale sullo stato della giustizia, da presentarsi al Parlamento, che prima di allora non aveva alcun documento conoscitivo sulla macchina della giustizia. Beria introdusse il tema dell'efficienza della giustizia, ma le forze conservative ebbero la meglio. Beria era convinto che le istituzioni dovessero rendere al cittadino un servizio doveroso, all'altezza delle aspettative. I principi del diritto restano lettera morta se poi manca l'aspetto organizzativo.
Una società calda, secondo Beria, richiede istituzioni fredde, ancorate unicamente alla legge. Purtroppo la procura di Milano, dopo la strage di Piazza Fontana del dicembre 1969, fu spossessata dell'inchiesta. Il procuratore di Milano Enrico De Peppo, solerte agli ordini di Roma, trasmise gli atti a Roma, dove nell'Ufficio Affari riservati del ministero dell'Interno veniva "cucinata" la pista anarchica (e a Milano arrestato Valpreda, che non c'entrava un bel nulla). Intanto i responsabili della strage, appartenenti alla destra eversiva (Giorgio Freda e Giovanni Ventura), venivano protetti dai servizi segreti. Il processo venne trasferito a Catanzaro (comodo, eh, per i testimoni!). Beria cercò di contrastare l'avocazione in Cassazione, ma la ragione del provvedimento era squisitamente politica. Milano dipinta come turbolenta e faziosa sconcertò amaramente Beria. Addirittura il giudice Guido Galli, ammazzato poi nel marzo 1980 da un commando di Prima Linea (tra cui Marco Donat Cattin, figlio del ministro del Lavoro di allora), subì un procedimento disciplinare poichè la sezione Milanese dell'Associazione Nazionale Magistrati (di cui poi Beria diventerà presidente dal 1980 al 1987) stigmatizzò la decisione della Cassazione.

Tra il 1973 e il 1975 Beria - convinto che di debba essere nei luoghi dove si può fare - fu capo di gabinetto al ministero di Grazia e Giustizia, dove creò gruppi di studio e conquistò la fiducia di tutti coloro con cui venne in contatto.
Alla fine degli anni Settanta Beria costituì presso il CNPDS un gruppo di lavoro su "Violenza armata e terrorismo come mezzi di lotta politica", coordinato dai magistrati milanesi Emilio Alessandrini (poi assassinato da Prima Linea nel gennaio 1979) e Guido Galli. Così come furono ammazzati dale BR altri magistrati presenti nel gruppo come Girolamo Tartaglione e Girolamo Minervini. Beria, come un antropologo, voleva capire, andare in profondità: costituì una banca dati, non si accontentò di analisi superficiali.
 Il gruppo di studio si allargò con la presenza dei sociologi Martinotti e Alberoni, di Giancarlo Caselli, Gerardo D'Ambrosio e Guido Viola.
Il 23 giugno 1980 a Roma viene ucciso (killer fu Pierluigi Concutelli) il giudice Mario Amato, che indagava sul terrorismo nero, su Ordine Nuovo, sui Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), di cui faceva parte Alessandro Alibrandi, figlio del magistrato romano Antonio Alibrandi, lo stesso che accuserà Baffi e Sarcinelli. Ad Amato, il procuratore Giovanni Di Matteo negò la scorta e lo lasciò in perfetta solitudine accusandolo di essere un pericoloso visionario. Così Beria ricorda l'ultimo incontro con Amato: "Me la porterò sempre dentro quella rabbia di Mario Amato poco prima di essere ucciso dai terroristi neri. E mi è molto difficile perdonare chi, a vario livello, ci ha dato e ci dà cordiali e partecipi assicurazioni senza far sì che esse abbiano un seguito operativo".
Anche Beria, come tutti i riformisti illuminati, era tra i possibili bersagli delle Brigate Rosse (arrestarono alcuni brigatisti prima che potessero ucciderlo), interessate a far fuori gli uomini di mediazione con l'obiettivo di alzare il livello dello scontro e fomentare la rivoluzione.

Sulla necessità che si debbano modificare i sistemi di reclutamento, che i magistrati debbano essere sottoposti ad una prova attitudinale, rimandiamo a un post dove ne abbiamo parlato diffusamente.

Giovanni Falcone
Come sul fronte del terrorismo così sul fronte dell'antimafia, al Centro di prevenzione e difesa sociale transitarono i migliori cervelli italiani: Rocco Chinnici, Giacomo Ciaccio Montalto, Giovanni Falcone, uomini che lo Stato non è stato in grado di proteggere. Beria era fortemente convinto dell'efficacia dei pool, della specializzazione dei giudici, coordinati insieme per mettere a fattor comune le competenze al fine di sconfiggere la criminalità organizzata. Nel marzo 1992 Beria e Falcone si incontrarono a Vienna alla Conferenza Mondiale del riciclaggio. Pochi mesi dopo Falcone viene ammazzano con la moglie e gli uomini della scorta.

Ci si chiede come alcuni uomini possano realizzare tutte queste cose in una sola vita. Sicuramente Beria di Argentine dormiva poco, perchè nel lavoro era di un'efficienza incredibile. La sua produttività era tra le più alte in assoluto.
Alcuni ricordano anche l'intuizione di Beria di considerare in modo combinato il diritto e l'economia. La corruzione non andava, secondo Beria, pensata solo un reato contro la pubblica amministrazione, bensì un delitto contro l'economia, contro lo sviluppo economico, contro la concorrenza e la libertà economica. Ne ha proprio parlato il mese scorso Ignazio Visco alla Giornata Ambrosoli. L'attualità del pensiero di Beria è mirabile: "La corruzione forte e perverse di questo period è dovuta al peso troppo invasive che nella società ha assunto lo Stato: la macchina dello Stato, come i finanziamenti dello Stato, come i permessi e i controlli dello Stato....il potere corrompe ed è corrotto".

Mai domo, Beria di Argentine ha dedicato gli ultimi anni della sua carriera nella magistratura (1978-87) ai minori, in qualità di presidente del Tribunale per i minorenni. Dall'affido all'adozione internazionale, ai diritti dei minori, allo studio delle cause della devianza. Non c'è anfratto del sapere non analizzato in profondità.
Dal 1987 al 1990 Beria chiude la sua vita in magistratura come procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello. In uno dei suoi ultimi interventi Beria citò il filosofo francese Mounier, secondo cui "la più grande virtù di un uomo pubblico è quella di non perdere il senso dell'insieme".

Di uomini così ne nascono pochi. Carlo Azeglio Ciampi volle ricordarlo così: "Uomo di profonda cultura e umanità, esempio e guida per generazioni di magistrati, interpret il suo alto e delicate compito come missione di servizio per la Nazione. La figura di Adolfo Beria di Argentine rappresenta per tutti una testimonianza di moralità e dedizione ai valori fondamentali della Giustizia e della Democrazia".

Che la terra ti sia lieve, caro Adolfo Beria di Argentine.

P.S.: per approfondimenti si consiglia M. Franzinelli, P. P. Poggio, Storia di un giudice italiano, Rizzoli, 2004

venerdì 25 novembre 2016

Chi alleva cani da combattimento danneggia se stesso e gli altri

Ogni anno in Italia sono ben 70 mila le aggressioni di cani a danno dell’uomo. Quindi c’è poco da sorprendersi, purtroppo, se a metà agosto due cani di razza dogo argentino hanno attaccato il piccolo Giorgio Crisafulli in località Mascalucia, in provincia di Catania.

La madre Stefania, indagata per omicidio colposo, così racconta: “Avevo il bambino in mano quando uno dei cani, il maschio, l’unico libero in giardino, all’improvviso ha aggredito il piccolo cercando di portarmelo via. L’ho difeso, ho combattuto, ma mi ha trascinata”. I due cani erano lì teoricamente per difendere la famiglia. Quando il veterinario, dott. Macrì, è arrivato alla villa il bimbo era già morto perchè addentato al collo. Il suo racconto è terribile: “Quando siamo arrivati sul posto, i due cani erano eccitati e aggressivi, siringhe di xilazina non sono bastati a calmarli. Gli occhi esaltati, il muso e il pelo bianco insozzati di sangue, schizzi per terra e sui muri; ma soprattutto ci hanno turbato le scarpette del bimbo che nessuno potrà mai più rimettere in ordine”.

Il 30 ottobre scorso un 43enne è stato attaccato con violenza da 4 rottweiler che gli hanno azzannato entrambi gli arti inferiori. I medici sono stati costretti ad amputare.

A Pescara poco tempo fa un bambino di 19 mesi, Ferdinando Di Di Rocco, 19 mesi, è sttao sbranato dal cane - corso il cui nome deriva dal latino cohors, scorta, un molosso da difesa- di famiglia che il padre aveva legato con una catena a un albero vicino a casa.

Fortunamente su 7 milioni cani in Italia, sono una minoranza quelli pericolosi. Ma spesso, in giro per la città, si vedono dei cani aggressivi senza guinzaglio e senza museruola. Come solitamente avviene le norme non vengono rispettate. Peraltro le disposizioni sono poco chiare. Nel 2003 l’allora ministro della Sanità Girolamo Sirchia emanò saggiamente un’ordinanza per la “tutela dell’incolumità pubblica dal rischio di aggressioni di cani potenzialmente pericolosi”. Al contempo venne stilato un elenco di razze canine a rischio aggressività, tra cui american bulldog, dogo argentino, pastore dell’Anatolia, pit bull rottweiler.

Ma nel 2009, il sottosegretario alla Salute Francesca Martini – ahinoi – abolì l’elenco e annunziò un patentino per proprietari che non è stato mai istituito. Alcuni cani sono vere e proprie macchine da guerra. E’ preoccupante non obbligare i proprietari dei cani – in alcuni casi veri e propri invasati – a tutelare l’incolumità delle persone. Quando un bimbo viene azzannato tutti a chiedersi come mai. Agiamo prima, che è meglio. Cosa aspetta il ministro della Beatrice Lorenzin (unico caso al mondo di ministro della Sanità non laureato) ad prendere gli opportuni provvedimenti?

venerdì 18 novembre 2016

Il welfare italiano è disegnato per un mondo che non esiste più #Cnpds #Boeri

Milano è una città straordinaria. Gli eventi e gli incontri culturali si susseguono a ritmo serrato. E' difficile partecipare a tutti, ma alcuni dibattiti meritano di essere raccontati per intero. La giornata che vi voglio raccontare si è svolta lo scorso 4 novembre - organizzata dalla Fondazione Centro Nazionale di prevenzione e difesa sociale (CNPDS). Titolo del convegno: "Sistemi di protezione sociale e universalità di diritti nei sistemi di welfare".

Il CNPDS è nato nel 1948 grazie all'energia e alla forza intellettuale e di pensiero di Adolfo Beria di Argentine, magistrato formidabile, con una capacità di lavoro difficilmente eguagliabile. La figlia di Beria, Camilla, ha preso il testimone e sta svolgendo un lavoro egregio a beneficio della cittadinanza.

Dopo il benvenuto del prof. Adolfo Ceretti e un breve indirizzo di saluto del sempiterno Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, la parola è stata data al prof. David Garland, che insegna sia Legge che Sociologia a New York University (di cui vi consiglio il volume Welfare State. A very short introduction, Oxford University press). Garland puntualizza in partenza che è necessario specificare cosa significa welfare state. Ci sono molte distorsioni già a livello definitorio. Possiamo avere diverse concezioni: 

1. Welfare for the poors, social assistance, safety net. Narrow definition.

2. Entitlement program: education,  pensioni.

3. Programmi governativi ampi per inclusione sociale, crescita economica, riduzione disoccupazione. Questa è la visione ampia.  

Il welfare è la forma moderna di un capitalismo che ponendo freni e limiti può ritrovare legittimazione sociale. La distruzione creativa esiste, soprattutto in sistemi economici concorrenziali. Capitalismo produce pesanti "side effects".

"Capitalism is a self destruction system". Paradossalmente, se vuole sopravvivere, il sistema deve sostenere i costi degli impatti sociali della distruzione creativa, del "boom and bust",  della naturale tendenza del capitalismo ad essere instabile (qui bisognerebbe rifarsi al bel volume di Pierluigi Ciocca, La banca che ci manca, Donzelli, 2015).

I "welfare state programs" non sono alternativi al capitalismo e non potranno mai eliminare l'esclusione sociale e la povertà, bensì ridurle. E come le imprese falliscono, le imprese chiudono, anche il welfare può non essere perfetto, visto che la società cambia. In US e UK negli anni Settanta i sistemi di welfare state sono stati messi sotto accusa, di interferire con l'economia di mercato.
Si è dimenticato che il successo del mercato era dovuto anche al welfare state. Si è passati al welfare con benefit condizionati (vedi il bel film di Ken Loach, Io ,Daniel Blake).


Nonostante siano in tanti ad aver messo in discussione il welfare, in tutto il mondo, vedasi il "combined generosity index", le somme date in benefit nelle aree di forte disoccupazione convergono negli ultimi decenni.

William Beveridge e il New Deal prevedevano più persone negli schemi di disoccupazione che fuori. Oggi è diverso. Sono da aiutare di più coloro che sono fuori dal sistema (gli outsider), che sono disoccupati da molto tempo, e per lo più senza competenze distintive, ossia "unskilled". Per non parlare dei "working poors.", ossia di coloro che lavorano ma non guadagnano a sufficienza per una vita dignitosa.  

Insicurezza del part time o del lavoro precario, single parent family, minori, immigrants sono i nuovi obiettivi del welfare.
Così come è da valutare la solvibilità del sistema pensionistico. In Italia con l'introduzione negli anni Sessanta (che disgraziati!) del sistema retributivo (sussidi anche ai ricchi!!!), quando era in vigore il più corretto sistema contributivo, è stato l'inizio della fine.

Il keynote speaker Tito Boeri, presidente dell'Inps (prima c'era l'orripilante Mastrapasqua, l'uomo dei 100 incarichi, compresa la direzione di un ospedale (sic!) ve lo ricordate?), che sta dando tutto se stesso per riformare un carrozzone pubblico come l'INPS, con la ferma opposizione - bien sur - di sindacalisti e nullafacenti. Il mio appoggio a Tito Boeri è incondizionato. Vada avanti spedito.

Tito Boeri
Boeri ha preparato delle slides e le scorre velocemente. Eccone una sintesi.
Eichengreen e O'Rourke, dimostrano che per l'Italia la Grande Recessione (2008-2014) è stata la crisi più forte e dura della Grande Depressione. Per la Germania non è stato così. Interessante la slide con la foto di uomini eleganti in fila a Battery Park che nei primi anni '30 chiedono un piatto di minestra. Oggi i sistemi di protezione sociale hanno ridotto questi bisogni. 

Funzioni stato sociale:

- ridurre la povertà (più che le disuguaglianze);
- Proteggere contro rischio di mercato non assicurabile;
- Promuovere la partecipazione al mercato del lavoro.

 In questi anni la distribuzione del reddito non è mutata, è aumentata la povertà,  ma non le disuguaglianze. Le famiglie  in povertà assoluta sono salite nelle diverse fasce di età, tranne il capofamiglia ha più di 65 anni. In Italia sistema protezione aiuta chi ha più di 65 anni. Problema serio.  Poveri assoluti 2015 sono 4,6 milioni (7,6%), in grave deprivazione materiale 2015, 7 milioni 11,5%.
 
E' stato eseguito uno stress test (come per le banche) dei sistemi di protezione sociale. Nel sud Europa è sufficiente un calo del PIL dello 0,5% (succede spesso) per aumentare gli indici di povertà. Non così nel nord Europa. 

Cosa rileva? 1. Ruolo di istituzioni mercato del lavoro, dualismo contrattuale; 2. supporto a chi perde il lavoro. Accesso ai sussidi e formazione. Bisogna lavorare sull'employability.

Dove c'è più dualismo contrattuale c'è maggiore elasticità della disoccupazione al calo del PIL (tipicamente i giovani). Il profilo di vulnerabilità alle recessione è simile nei paesi del nord e del sud.

Nel sud Europa sempre più disoccupati non coperti da tutele. Italia come è noto spende poco per le tutele disoccupazione.  

Conclusioni:

1. Non è solo il dualismo del mercato del lavoro che crea aumento povertà 

2. Manca rete di protezione sociale

3. Molta selettività (categoriale) spesso arbitraria, poco universali smontare

4. L'universalismo selettivo può essere basato su parametri oggettivi (Isee, e non santi in paradiso). No reddito di cittadinanza,  ossia a tutti. Non è fattibile. Aiutare chi ha davvero bisogno, come I minori in stato di povertà.

5. Migliorerebbe anche rapporto tra cittadini e PA.

Una domanda rimane insoluta: come riformare il sistema pensionistico in un Paese con la piramide demografica rovesciata? La decisione del 1966 di cambiare il sistema pensionistico da contributivo a retributivo proprio quando le nascite iniziavano a declinare è stata una delle decisioni peggiori prese dalla classe politica italiana.

venerdì 11 novembre 2016

In un Paese immobile come l'Italia, votare SI' al referendum per velocizzare il processo legislativo ha veramente senso

Nel suo intervento del 9 novembre all'Università Bocconi, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha definito l'Italia un Paese immobile. Noi in passato l'abbiamo considerato una palude (come quella di Michele Strogoff). L'ex capo economista del fondo Monetario internazionale Olivier Blanchard ci ha definito "in stato vegetativo".
Tra le cause di questo lento declino italiano - che parte alla fine degli anni Ottanta - un ruolo significativo ha giocato l'incapacità del sistema politico di adeguarsi alla 1) globalizzazione; 2) demografia; 3) innovazione tecnologica.

Sono numerosissime le analisi italiane (Sabino Cassese, per esempio) e internazionali (Acemoglu/RobinsonWhy Nation fail, uno su tutte) che certificano come il basso rendimento (eufemismo) delle istituzioni italiani è una delle cause (e non l’ultima) del declino ormai venticinquennale dell’Italia. Consiglio la lettura di Storia Economica d’Italia di Emanuele Felice (Il Mulino, 2015) che spiega come la storia dei cicli di crescita/decrescita italiana sia strettamente legata al modello inclusivo e/o estrattivo. Siccome l’Italia ha nel suo Dna dei forti geni corporativi – invece di averne a favore della concorrenza e della competition  - eccoci qua con una crisi strutturale (per ulteriori approfondimenti consiglio di leggere Hernando de Soto, Il mistero del capitale. Perché il capitalismo ha trionfato in Occidente e ha fallito nel resto del mondo (Milano, Garzanti, 2001)).

Ebbene, siamo chiamati come cittadini il prossimo 4 dicembre a votare per confermare la modifica costituzionale portata avanti dal Parlamento negli ultimi 3 anni. Qual è il principale quesito del referendum? La fine del bicameralismo paritario, ossia il fatto che ogni proposta di legge deve essere votata sia dalla Camera che dal Senato, nella stessa identica formulazione. Spessissimo questi ripetuti passaggi sono oggetto di ricatti, lungaggini, rinvii a babbo morto (sono migliaia i progetti di legge fermi da anni in Parlamento, tra cui anche la legge sulla concorrenza, che giace bloccata da ben 600 giorni).

I governi si basano sulla fiducia di Camera e Senato. Con la modifica costituzionale il Senato non scompare ma cambiano le sue funzioni, per cui la fiducia sarà votata solo dalla Camera. L'esistenza di un processo legislativo farraginoso ha reso breve la storia dei numerosi governi (troppi, ben 73 governi in 60 anni) che si sono succeduti nella storia della Repubblica. Vi ricordate quando cadde il governo Prodi (un gigante) quando non ottenne la fiducia all Senato? Alla Camera Prodi la fiducia ce l'aveva (sia nel 1998 che nel 2008). Tranne che la composizione politica di Camera e Senato è stato sempre diversa (sia per la diversa legge elettorale sia per la differenza nella composizione dell'elettorato attivo).

 

Alcuni, a fronte del dato di fatto che due Camere che fanno la stessa cosa non hanno senso, sostengono che non sia vero che il processo per approvare una legge sia lungo. I dati, invece, sono testardi, e dimostrano che, a meno che sia il governo a farsi promotore di un decreto legge, la norma per essere approvata, con la spola di Camera e Senato, ci mette una vita.  Ci vogliono 247 giorni per l’approvazione di una legge: una media tra tempi molto lunghi per le proposte di iniziativa parlamentare (504 giorni) e tempi ben più rapidi per quelle di iniziativa governativa (180 giorni). Ormai si va avanti solo a decreti legge, il parlamento non riesce a funzionare. Mentre in Turchia e Cina realizzano i ponti (magari con la progettazione italiana), noi siamo ancora qua a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina.
 
Non stiamo parlando di una legge perfetta. Non sarà scritta bene, non sarà il migliore dei mondi possibili, ma ci fa fare passi avanti. Il meglio è nemico del bene. Come ha sostenuto il presidente Giorgio Napolitano, se non dovesse passare il referendum, torneremmo indietro di 30 anni. Addirittura patetico è Silvio Berlusconi - siamo ancora qui ap arlare di lui, dopo i disastri che ha combinato, ahinoi - che invita a votare NO perchè lui sa bene come riformare la Carta costituzionale. Ci provò con D'Alema, che ovviamente è per il NO, insieme con Salvini, Grillo e Gasparri. Un'allegra combriccola.
 
In Italia il tempo non ha valore. Bene ha scritto anni fa Salvatore Rossi - oggi direttore generale della Banca d'Italia in relazione alla giustizia, ma le considerazioni possiamo parafrasarle per il processo legislativo, che è intrinsecamente a-economico, una funzione senza costo e senza tempo, in cui ogni singolo passaggio ha un valore assoluto".
Nella proposta di revisione della Costituzione è prevista una novità importante. Il nuovo articolo 72 prevede il voto a data certa: "Il governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo, sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione". Una norma, non utile, utilissima.
 
Maria Elena Boschi
Mi sono incentrato sul bicameralismo paritario, non affronto il CNEL (un ufficio studi pieno di sindacalisti) e il tema del regionalismo, dove si prevede una razionalizzazione sensata del federalismo. Anche qui i vantaggi del SI sono numerosi.
 
Se siete indecisi, venite a sentire il Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi venerdì 18 alle 19 all'Hotel Melià a Milano, via Masaccio 19. Portate un indeciso iscrivendovi qui su doodle.
 
Il mondo va avanti, non fermatevi. Andate al seggio il 4 dicembre e votate SI. 
 


lunedì 7 novembre 2016

La crisi della Banca Popolare di Vicenza è il frutto bacato di un sistema di potere

Due anni fa sono stato invitato dai miei amici di Guanxinet a Valdagno guidati da Maurizio Martini a fare da discussant al volume di Federico Fubini (oggi vicedirettore al Corriere della Sera) La via di Fuga. Il viaggio di Fubini è un viaggio nel tempo, dove le vicende della sua famiglia – con al centro il prozio Renzo Fubini – si intersecano con la crisi greca, e - con la tecnica del flash-back cara al mondo cinematografico – la crisi mondiale degli anni ’30.

In tale occasione conobbi Mario Balbo, una persona che ama ascoltare, distinguendosi rispetto a classico cicaleccio italico. Poche settimane fa Mario mi ha fatto avere un bel volume di Luigi Maistrello "Lo scontro" (prefazione di G.A. Stella, Reverdito editore, 2016), che narra la storia di (don) Bruno Scremin ("il prete ribelle", amico e maestro di Mario Balbo), che si è trovato a scontrarsi negli anni Sessanta/Settanta con il vescovo di Vicenza Mario Zinato ("il principe").

Bruno Scremin è nato povero e ha vissuto in povertà per tutta la fanciullezza. Entrato in seminario (1936-40) comprende fin da subito quale sia il valore principe: l'obbedienza: "E' uno degli aspetti di massima ipocrisia che avrei continuato a incontrare durante tutta la mia vicenda. Per loro l'obbedienza non significava solo negare ogni forma di libertà, a cominciare dalla propria libertà; era ben di più: era un atto di sfiducia verso le persone".

Maistrello, prete dal 1979, attualmente cappellano del carcere di Vicenza, raccoglie pazientemente la testimonianza di Don Bruno: "Si arrivava alla negazione di ogni forma di dialettica. La virtù assoluta era l'obbedienza! Un'obbedienza silenziosa, accettata, subita, voluta, senza dubbi, sempre e solo a senso unico...anche il tenere le mani in tasca...era visto come un gesto pericoloso" (vi ricordate il film "Il nastro bianco" di Michael Haneke?).
Lorenzo Milani
Don Bruno Scremin ricorda Don Lorenzo Milani, messo sotto processo dalle gerarchie vaticane, che non sopportavano la sua franchezza. Secondo Milani - vedasi "L'obbedienza non è più una virtù" - il motivo della discriminazione del povero nasceva dalla sua ignoranza, dal fatto di non conoscere il vocabolario a disposizione del ricco. Anche Don Bruno, quando si legò a Firenze alla Comunità dell'Isolotto, finì accusato: di istigazione a delinquere e turbativa di funzione religiosa del culto cattolico. Fu assolto. Il pubblico ministero era Pierluigi Vigna, che chiese l'assoluzione, dopo l'arringa difensiva di Lelio Basso, leader di PSIUP.

Bruno Scremin prende coscienza che l'obbedienza era usata per altri scopi, per difendere il potere, "un potere che asserviva, si ergeva sui privilegi". Negli anni Cinquanta Vicenza era considerata la "sacrestia d'Italia". In sacrestia veniva deciso tutto, dalle liste elettorali della Democrazia Cristiana alle nomina dei consigli di amministrazione delle banche, dei consorzi, delle azienda pubbliche, delle direzioni sanitarie. Mariano Rumor scalava i vertici della DC nazionale.
Il magnifico romanzo di Goffredo Parise Il prete bello è del 1954. La borghesia vicentina non apprezzò il suo capolavoro. Secondo Scremin i vicentini erano abituati ad avere il "prete di famiglia" devote e silenzioso. Spesso il regno dell'ipocrisia, della falsità, dei sepolcri imbiancati.

Mentre scorrevo le pagine dello "Scontro", mi sembrava di leggere la storia del banchiere Gianni Zonin, che ha costruito negli anni un sistema relazionale così forte (basato sull'obbedienza) da rimandare in lungo la crisi della Banca Popolare di Vicenza, da lui guidata fin dai primi anni Novanta
Me lo immagino Zonin a cena con il vescovo (qui un comunicato della Caritas di Vicenza che celebra un assegno di 50mila euro ricevuto dal vescovo Cesare Nosiglia direttamente dalle mani di Zonin) e qualche magistrato amico della Procura (pronto a evitare di procedere anche in presenza di relazioni ispettive della Banca d'Italia). Un sistema inafferrabile e protetto. Il frutto tardivo della potenza elettorale della Democrazia Cristiana, la "Balena bianca", che in Veneto ha sempre stradominato.


Il vescovo Carlo Zinato (dal 1943 al 1971) usava spostarsi nelle parrocchie della diocesi con una lussuosa Mercedes, dono degli industriali. Ricorda il giudice istruttore Luciano Infelisi, amico dei Caltagirone, che girava con una BMW e radiotelefono, regalatagli dal banchiere Roberto Calvi (secondo la testimonianza al processo della moglie Clara).

Gianni Zonin
Secondo Scremin, "il vescovo non accettava mai i consigli degli altri...era "ontologicamente sordo". Così come Gianni Zonin, che si rifiutava di ascoltare i consigli della Banca d'Italia, che voleva fosse modificato il metodo di calcolo del prezzo della singola azione della Banca (non quotata). Mentre i prezzi delle banche quotate si squagliavano come neve al sole, il prezzo della BPVI cresceva negli anni. E i risparmiatori venivano convinti - ci vuole l'ora di educazione finanziaria obbligatoria nelle scuole -  che una società non quotata è meno rischiosa di una quotata. Rob de matt!
Nel frattempo Zonin - con il fidato parente Samuele Sorato, nominato alla bisogna amministratore delegato - costruiva il sistema delle "operazioni baciate": si finanziava un cliente e in cambio quest'ultimo comprava azioni della Banca. Il tutto senza dedurre l'operazione - illecita - dal patrimonio a fini di Vigilanza della banca. Se si annacqua di proposito il patrimonio dell'istituto di credito, se non si accantona il giusto per i crediti incagliati, se non si svalutano i bad loans (come invitava sempre a fare Luigi Arcuti), se si finanziano operazioni immobiliari senza senso, se non si analizza con serietà il merito di credito, la banca chiude.

Don Bruno Scremin è morto nel 2010, dopo aver curato negli ultimi anni della sua vita i malati terminali di Aids. La sua storia illumina un periodo storico, una logica di potere della Chiesa al servizio di interessi nefasti, che, invece di supportare il territorio - parola abusata -, lo uccidono. Come ha scritto Marco Vitale nel ricordare Ezio Vanoni, "la dottrina sociale della Chiesa è una pratica che la maggior parte della Chiesa ignorerà totalmente, attratta dalle sirene e dalle mode socialistoidi e collettiviste". E dai banchieri incapaci, aggiungo io.

Banca del territorio? Una farsa smascherata.Vi ricordate l'espressione "debitori di riferimento" usata dal banchiere (serissimo) Sergio Siglienti? Ecco, la crisi della BPVI non può essere attribuita solo a Zonin, classico capro espiatorio. Bisogna leggere Goffredo Parise e Luigi Maistrello per capire la vera origine del disastro.

lunedì 31 ottobre 2016

Il caso Ilaria Capua: l'operato di alcuni magistrati lascia molto perplessi

Ilaria Capua
Lo scorso 28 settembre la deputata Ilaria Capua, scienziata di fama mondiale, si è dimessa dal Parlamento (era stata eletta nel 2013 con Scelta Civica). E' una grave perdita per la Camera dei Deputati, che infatti ha approvato le dimissioni senza problemi.
Ilaria Capua è stata vittima di un'inchiesta che per anni l'ha costretta a difendersi da accuse infamanti, "traffico internazionale di virus, associazione a delinquere, epidemia, tentata epidemia".  La cagionata epidemia è punita con l'ergastolo. La storia in dettaglio è raccontata qui.

Dopo anni di inchieste e indagini, la procura di Verona chiude il caso con il classico "Il fatto non sussiste".

Nel suo discorso alla Camera, da leggere per intero, Capua ha definito l'inchiesta “un incubo senza confini e una violenza che non solo mi ha segnata per sempre, ma che ha coinvolto e stravolto anche la mia famiglia”. Ha poi parlato con nettezza del fattore tempo e della dignità.

"Nell’affrontare ogni giorno in questa Camera la mia nuova condizione di «persona non credibile», e oltretutto accusata di crimini gravissimi, ho vissuto sulla mia pelle per oltre due anni, come la mancanza di credibilità non mi stesse permettendo di portare avanti quello per cui mi ero impegnata con i miei elettori. E qui torno alla parola rispetto – perché è proprio la combinazione del rispetto per i miei elettori ed il rispetto per me stessa che – come se fossero parte di un algoritmo – mi ha fatto comprendere che in quelle condizioni non stavo utilizzando al meglio il tempo che avevo a disposizione.
Sì, perché non ci piace pensarlo, ma ognuno di noi ha un tempo limitato che gli resta da vivere – e utilizzare al meglio quel tempo è una forma di rispetto verso se stessi e verso gli altri. Anzi un dovere. Ho sentito quindi, che fosse giunto il momento di tornare ad usare il mio tempo al meglio, di tornare nel mondo scientifico, purtroppo non in quello italiano, in un ambiente nel quale non avessi mai perso la credibilità e nel quale fossi riconosciuta ed apprezzata".

Paolo Mieli si illude se pensa che qualcuno chieda scusa.

Oggi Ilaria Capua lavora in Florida, direttrice del centro di eccellenza "One Health". Un'altro cervellone che se ne va dal Belpaese.

Adolfo Beria d'Argentine
Un magistrato di alto livello come Adolfo Beria d'Argentine - consigliere del Csm, giudice istruttore e poi Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Milano - cercò di far sentire la sua voce al fine di rendere più selettivo il concorso per entrare in magistratura. In una lettera a Paolo Baffi del 26 giugno 1983, Beria scrive:

Signor Governatore, (...). Al convegno sul segreto bancario non ho fatto altro che ripetere...come esempio esemplare di cosa non deve fare il giudice la vicenda che Lei e Sarcinelli ha vissuto. Certo è che con il sistema di reclutamento dei giudici che, nonostante i nostri sforzi, la classe politica non vuole modificare si mette l'onore, la libertà, il patrimonio dei cittadini in mano a laureati in legge di cui si è accertato solo un minimo di conoscenza di nozioni di diritto e non altro! La stessa maturità mentale ed equilibrio viene attestata da un qualsiasi ufficiale sanitario comunale che non vuole certo mettersi contro il futuro "signor giudice"!  (ASBI, Carte Baffi, Governatore Onorario, cart. 6, fasc. 19).

Chiudo con una massima di Adolfo Beria d'Argentine che vale oggi quanto mai: "Il giudice è quella persona che deve mantenere la mente fredda in un ambiente caldo".

P.S.: se volete approfondire, leggete l'intervista di Ilaria Capua a Claudio Cerasa, direttore del Foglio

lunedì 24 ottobre 2016

L'Europa non comprende assolutamente il fenomeno Trump. The Donald può vincere perchè l'America è molto diversa da come la conosciamo

In Europa pensiamo che gli Stati Uniti siano la California, il New York Times e il Washington Post. Invece l'America è ben diversa. La Bible Belt non sappiamo quanto sia rozza, grezza, e popolata dai seguaci del Ku Klux Klan.

In un post del maggio scorso scrivevamo: "l'ignoranza dell'americano medio spesso è abissale. Noi siamo subito pronti a criticare le nostre scuole e i nostri insegnanti. Ma non abbiamo idea di quanta ignoranza ci sia nelle High School americane. Solo all'Università colmano i gap con la Vecchia Europa".

Il problema, serio, in tutto il mondo, è la divaricazione del tenore di vita tra classi agiate e non. La scomparsa della classe media è il fattore decisivo. Nella recente intervista di Barack Obama a Repubblica, il presidente degli Stati Uniti insiste sulle politiche economiche inclusive: "La nostra sfida, quindi, è quella di fare in modo che i benefici dell'integrazione siano condivisi più ampiamente e che eventuali problemi economici, politici o culturali, siano affrontati correttamente. Ciò richiede politiche economiche inclusive, che investano fortemente nei nostri cittadini dando loro istruzione, competenze e la formazione necessaria per aumentare gli stipendi e ridurre le disuguaglianze. Richiede un sistema di scambi commerciali che protegga i lavoratori e l'ambiente. Richiede di tenere alti i nostri valori e tradizioni in quanto società pluraliste e diverse; e di rifiutare una politica di "noi" contro "loro" che cerca di fare di immigrati e minoranze un capro espiatorio".
Obama centra il punto, e parla di "capitalismo senz'anima": "ho messo in guardia contro un capitalismo senz'anima che avvantaggia solo i pochi in alto e che contribuisce alla disuguaglianza e a un gran divario tra ricchi e poveri...Abbiamo bisogno di forti reti di sicurezza per proteggere le persone in tempi di difficoltà. E dobbiamo continuare a lavorare per frenare gli eccessi del capitalismo adottando standard più severi per il settore bancario e in materia fiscale, e una maggiore trasparenza, per aiutare a prevenire le ripetute crisi che minacciano la nostra prosperità condivisa".

Nella transizione delle economie occidentale da prevalentemente manifatturiere a concentrate sui servizi, sarà decisiva la conoscenza, l'abilità intellettuale, le competenze. E molti rimarranno fuori, se non hanno la formazione adeguata.

Michelle Obama
Questo spiega come mai Hillary Clinton non è in testa ai sondaggi con 50 punti di vantaggio. Federico Rampini ha scritto correttamente che "il margine ridotto non è quello che ci si aspetterebbe per una candidata qualificata, esperta, competente, che affronta un cialtrone, egomaniaco, narcisista, imbroglione e bugiardo, incompetente e inaffidabile".

Dopo il terzo dibattito Trump-Clinton - dove Trump ha dichiarato di accettare solo un risultato elettorale chiaro, riservandosi un legal challenge in caso di "questionable result" - bene ha fatto il Financial Times di venerdì scorso a titolare "in prima pagina "Trump stokes future over accepting US election result". Nella pagina dei commenti - dove il motto è "without fear and without favour", l'FT sostiene che il partito conservatore Americano dovrebbere prendere le distanze da "The Donald": "Bitter Trump must not poison US democracy".

Lo scrittore Scott Turow, autore di numerosi bestseller, ha detto: "Se domani Trump dicesse che il mondo è piatto e che c'è una cospirazione per farlo credere rotondo molti dei suoi gli crederebbero. Perchè pensare che mentono tutti salvo chi dice cose incredibili e senza riscontri semplifica la vita. Chi non guarda ai fatti non ha bisogno di prendersi responsabilità".

Il professore tedesco di sociologia Hartmut Rosa sulla Lettura/Corriere ha insistito sul tema del mancato ascolto, sulla risonanza che non c'è: "Credo che l'attuale crisi della democrazia dipenda dal fatto che le persone non si sentano più ascoltate, viste interpellate. La democrazia è una grande cassa di risonanza: dà a ciascuno una voce che può essere udita e consente perciò il rapporto reciproco. Ma la promessa è disattesa...La crisi può essere superata solo riconquistando la nostra capacità di risonanza e per questo è necessario un mutamento delle istituzioni politiche, economiche, sociali e statali".

Sono queste le classi, arrabbiate, che voteranno per Donald Trump. Più Trump è grezzo, insulso, più è considerate verace e non ipocrita. Ai pochi europei che tifano per Trump consiglio di leggere il discorso di Michelle Obama, che può essere riassunto dall'espressione "Enough is enough".

P.S.: inaspettatamente i maggiori lettori di questo blog risiedono negli Stati Uniti. Talenti scappati?  Sarei lieto se commentassero questo post su Trump e Clinton.