lunedì 27 giugno 2016

La sofferenza del bambino, uno sguardo sull'attività della Fondazione Giancarlo Quarta


Il nuovo sindaco di Milano Beppe Sala - a cui facciamo i migliori auguri di buon lavoro - ha efficamente e in breve tempo scelto la giunta, gli assessori che con lui gestiranno la città.
Come tutti i suoi predecessori potrà avvalersi della comunità milanese, densa di persone desiderose di impegnarsi a favore della comunità.
Un caso concreto che voglio sottoporre alla vostra attenzione è la Fondazione Giancarlo Quarta, Onlus per la ricerca scientifica di particolare interesse sociale. Le aree di ricerca della Fondazione GQ riguardano le Percezioni Esistenziali delle Giovani Generazioni e la Relazione di Cura, in ambito clinico e sociale.
L'ultima iniziativa della Fondazione Giancarlo Quarta ha riguardato "Lo sguardo sulla sofferenza del bambino". Il 16 giugno scorso diversi relatori si sono alternati per dibattere sulla "Carta relazionale" diretta ad alleviare la sofferenza del bambino malato.
Dopo l'intervento introduttivo della fondatrice e presidente Lucia Giudetti Quarta, il managing director della Fondazione Alan Pampallona ha rimarcato il fatto che "La relazione è un atto medico che soddisfa precisi bisogni del paziente e dei suoi familiari". A tal fine la Fondazione ha riunito un pool interdisciplinare composto da oltre 100 medici, psicanalisti, sociologi e giornalisti con l'obiettivo di aiutare il personale sanitario nel difficile compito di relazionarsi a un bimbo malato grave e alla sua famiglia.
La Carta sarà proposta ai Reparti di Pediatria degli ospedali italiani perchè la adottino. I cinque punti principali della Carta sono i seguenti:

1. Dire la verità, con opportuni tempi e modi, per aiutare il bambino a capire cosa sta succedendo; anche il bambino a bisogno di comprendere la sua situazione. Il prof. Momcilo Jankovic ha portato delle testimonianze dirette - commoventi - di bambini in cura affetti da gravi patologie.

2. Costruire un rapporto di fiducia per soddisfare il bisogno del minore di sentirsi protetto e sicuro;

Enrico Finzi
3. Dare speranza e non illusione e massimizzare la felicità possibile; come diceva Charlie Chaplin, "un giorno senza sorriso è un giorno perso". E' necessario far prevalere il sorriso, anche nelle situazioni più ardue. Allo stesso tempo la manifestazione del sorriso è efficace solo se è autentica. Su questo punto l'intervento di Enrico Finzi, ricercatore (da tempo immemorabile) delle scienze sociali è stato memorabile.
Finzi, gioviale anche quando parla di temi difficili, ha insistito sul fatto che la felicità umana è possibile anche in condizioni gravi e ansiogene: "Conta la gravità percepita e non la gravità reale". Inoltre è decisiva l'empatia, essere circondati da persone che riescono a sentire le tue emozioni.
Finzi ha descritto la "strategia della felicità" partendo dalla relazione, che aiuta la cura e migliora il clima all'interno dell'organizzazione. Va valorizzato il sorriso, non quello beota, di convenienza: "Conta il sorriso vero, non gentilmente falso. Gli inconsci si parlano, come diceva Freud". L'assenza di sorriso, combinata con la freddezza tecnica è nociva. Senza dimenticare che il sorriso è di aiuto anche al donante, non solo al ricevente. E' bella la vita che si apre e si chiude con un sorriso.

4. Ascoltare i bisogni del bambino, riconoscendolo come specifico individuo; i bambini ci guardano e ci giudicano, sono capaci di giudizio, anche se viene espresso con mezzi e codici differenti da quelli dell'adulto.

5. Orientare i genitori nelle decisioni, a volte difficili.

Speriamo vivamente che l'assessore allla Sanità della Regione Lombardia Giulio Gallera, presente all'incontro, mantenga le promesse e faccia il possibile per l'applicazione della "Carta relazionale" negli ospedali lombardi.
Menzioniamo il fatto che il documento "Carta relazionale" è disponibile e sottoscrivibile sul sito della fondazione a questo indirizzo http://www.fondazionegiancarloquarta.it/notizie/sottoscrizione-carta/

Nelle carte del convegno si ricorda una riflessione del prof. Eugenio Borgna: "la cosa più preziosa che puoi ricevere da chi ami è il suo tempo. Non sono le parole, non sono i fiori, i regali. E' il tempo. Perchè non torna indietro, quello che è stato dato a te è solo tuo, non importa se è un'ora o una vita".

Chiudo con un ricordo personale. Più di vent'anni fa mio padre mi introdusse alla lettura dei saggi di Umberto Galimberti, che insisteva sulla differenza tra medicina d'organo e medicina di relazione. E' bello dopo parecchio tempo vedere che si torna con saggezza sugli stessi temi.

lunedì 20 giugno 2016

Per uscire dal mondo Neet, la propensione al rischio è fondamentale #GiovaniGenerazioni

Le analisi, i sondaggi ci rivelano sempre più un paese dicotomico. Non solo Nord/Sud, ma anche in altri ambiti. Pubblico/privato. Piccola impresa vs media impresa (o grande).

Con la fine dell'età fordista, decisivo risulterà nel futuro la disponibilità a rischiare da parte delle giovani generazioni. Una percentuale di questi sono vogliosi di rischiare, mentre altri sono assopiti, delusi, senza nè arte nè parte. La comodità è diventata una bussola di tanti comportamenti. Si evitano le prove più impegnative e faticose pur di rimanere nel proprio bozzolo, pigri e molli. I cosiddetti Neet, no employment, no education or training. Milioni di persone, ormai in tutta Europa.

Mi ha colpito di recente l'intervista di Sette/Corriere della Sera a Phil Knight, fondatore di Nike: "Ai ragazzi di oggi dico: lo so che trovare lavoro è difficile, ma non accontentatevi di un impiego e nemmeno di una carriera. Cercate una vocazione. (...) Questi giovani sono pessimisti. E rischiano atteggiamenti rinunciatari".
No, rinunciare a provarci non è ammissibile. Almeno uno ci deve provare.

Nel suo ultimo volume Una bambina senza stella (Rizzoli, 2015), la psicologa clinica e docente universitaria Silvia Vegetti Finzi scrive: "Per quanto nella nostra biografia il destino possa appparire determinante, è sempre possibile reperire margini di libertà e autonomia che consentono, almeno in parte, di divenire protagonisti della nostra vita e autori della nostra storia.
(...) In questi anni in cui i genitori, per proteggere i figli da ogni male, impediscono loro di tentare, di sbagliare e riprovare, vorrei testimoniare che i bambini possono, almeno in parte, prendersi cura di sè, aiutarsi, consolarsi e diventare grandi utilizzando le loro potenzialità, le loro risorse. Sono ancora privi di esperienza, è vero, ma la vita s'impara solo vivendo. (...) Senza rischi non si cresce e chi non ha mai affrontato il dolore non ha potuto produrre anticorpi che difendano dallo sconforto e dalla disperazione".

Care mamme, coccolate meno i vostri figli. Non viziateli. Lasciateli sbagliare così che possano conquistare autonomia, coraggio e voglia di intraprendere nuove iniziative. Altrimenti la paura del futuro avrà la meglio.

Giovanni Rana, il re del tortellino, tanto tempo fa mi diceva saggiamente: “Io ho consentito a mio figlio Gianluca di sbagliare. Fondamentale è stato farlo sbagliare, senza intervenire prima”.

Pretendere che i ragazzi non sbaglino è alquanto infantile” (Sandro Veronesi, cit.).

lunedì 13 giugno 2016

Stefano Parisi, finto liberalizzatore, ha creato il "mostro" Milano Ristorazione. Beppe Sala è da votare pancia a terra

Il candidato sindaco del centrodestra Stefano Parisi si vanta nella sua biografia di essere stato segretario comunale, alias city manager con il sindaco Gabriele Albertini nei primi anni del suo primo mandato, dal 1997 al settembre 2000, quando ha abbandonato e si è insediato all’EUR in qualità di direttore generale di Confindustria, scelto dal nuovopresidente di allora Antonio D’Amato.
Nel suo programma Parisi scrive tra le altre cose – al punto 11 : “Nella Milano che vogliamo, cittadini e imprese non saranno oppressi dall’eccessivo peso della tassazione locale. Le tasse sono il prezzo che paghiamo per i servizi: ma troppo spesso questo prezzo è sproporzionato, e l’eccessivo interventismo del Comune penalizza società civile e terzo settore”.

Quindi ne deduciamo che il centrodestra spinge per avere meno pubblico e più privato. Ma dal dire al fare c’è di mezzo il mare. Infatti nel passato Parisi ha fatto esattamente l’opposto. Come si può leggere sul sito di Milano Ristorazione , la società partecipata al 100 per cento dal Comune di Milano, Milano Ristorazione S.p.A. viene costituita con delibera del Consiglio Comunale di Milano nel mese di luglio 2000 ed inizia ad espletare l'attività di gestione di ristorazione collettiva, verso utenza scolastica e verso altra utenza, dal 1 gennaio 2001”.

Si evince che nel luglio 2000, con Stefano Parisi city manager, viene costituita una società “mostro”, una delle tante partecipate comunali che non potranno mai funzionare in modo efficiente, mal organizzata, con i pasti immangiabili (ci ricordiamo le cause promosse dai genitori davanti al Tar sulla qualità delle materie prime), disservizi continui, con i sindacati onnipresenti, consapevoli che mai alcun lavoratore potrà essere licenziato (nel settore pubblico, Ichino docet, la produttività è molto più bassa che nel privato).
Con tutti i problemi che ha il sindaco di Milano, è possibile che debba gestire anche le mense? Non si può lasciare questo compito al mercato? Perchè deve essere il Comune a nutrire i nostri figli? Dobbiamo pensare che il Comune sia più bravo e faccia da mangiare meglio? Non è evidentemente così. A chi si deve questa logica statalista? Alla sinistra di Bertinotti? Alla Cgil? Nossignori, si deve al duo Albertini-Parisi, che nei primi mesi del 2000 hanno lavorato per la creazione dell'ennesima partecipata comunale.

Perchè Milano Ristorazione non può funzionare bene? Per mancanza di concorrenza. Qualsiasi fenomeno economico funziona per incentivi. Se questi non ci sono o sono distorti, l'economia non funziona. Siccome il Comune di Milano non può revocare il mandato della fornitura alle mense a Milano Ristorazione, questa partecipata non avrà alcun incentivo a fare bene, a migliorare il servizio, che lascia molto a desiderare. Solo con un enforcement bello e chiaro, Milano Ristorazione funzionerebbe.

Significa che se, e solo se, il Comune di Milano potesse dare disdetta al contratto di servizio, Milano Ristorazione, motivata da tale minaccia, sarebbe costretta ad essere competitiva. Invece non è così. Qualsiasi disservizio non ha un costo tangibile, una conseguenza concreta. Se un genitore ha il figlio malato paga lo stesso il servizio mensa. Se il servizio non c’è per sciopero, si paga lo stesso. Se il cibo è immangiabile, il fornitore non si può cambiare. Come nella Russia di Breznev, o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra.

Se anche ci fosse sul mercato un competitor che fornisse un servizio mensa a cinque stelle con lo stesso costo, il Comune non potrebbe utilizzarlo perchè Milano Ristorazione senza il mandato del proprio azionista - il Comune di Milano, appunto -, chiuderebbe seduta stante.


Ha perfettamente ragione Francesco Giavazzi che nel suo “Lobby d’Italia” (Rizzoli, BUR, 2005) scrive: “La forza di queste corporazioni dipende dalla loro impunità: se l’impresa è monopolista [...] trasferirà i maggiori costi sui consumatori; se è pubblica, e perde, pagherà Pantalone”.

Come ripete spesso il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi, la credibilità di una persona deriva dai suoi comportamenti passati. Ne deriva che Stefano Parisi, candidato sindaco di Milano è poco credibile.

Ecco perchè domenica 19 giugno al ballottaggio di Milano bisogna recarsi al seggio e votare con convinzione Beppe Sala, uomo serio, capace, competente, che ha dimostrato con Expo di saper mantenere le promesse.

lunedì 6 giugno 2016

Chi fa i compiti a casa non sarà disoccupato

Ogni fine anno, che termina impropriamente a inizio giugno (lasciando le famiglie nella m.), parte la polemica sui compiti delle vacanze. Maurizio Parodi, dirigente scolastico, con il volume "Basta compiti, non è così che s'impara" si è fatto promotore, anche attraverso una petizione su change.org, dell'abolizione dei compiti a casa, e quindi a maggior ragione dei compiti per le vacanze.

Parodi ha scritto anche una lettera a Repubblica dove illustra le sue ragioni: "La scuola italiana è ai vertici delle classifiche per "analfabetismo funzionale, "incapacità di compensare le disuguaglianze", "dispersione scolastica", "stress degli studenti", e guarda caso, per la mole esorbitante dei compiti a casa: il doppio di quelli assegnati nelle scuole degli altri Paesi".

Parodi cita la scuola finlandese tra le migliori del mondo sostenendo che i compiti non sono previsti.
A Parodi ha replicato, sempre su Repubblica, il professor di biologia molecolare Piero Luigi Ipata - già citato da me l'anno scorso nel post "I compiti delle vacanze sono utili e fanno la differenza": "E' vero che in Finlandia i compiti a casa sono stati aboliti, ma i ragazzi finlandesi rimangono a scuola per 8 ore al giorno, in ambienti molto più accoglienti dei nostri, contro le 4-5 degli italiani, e i "compiti a casa" li fanno a scuola. I professori seguono un iter molto più duro del nostro, basato su conoscenze scientifiche, psicologiche e pedagogiche, da dimostrare attraverso un test assai complesso, prima di poter entrare in una classe a insegnare, fra l'altro seguiti per tre anni da un tutor".

Ah la didattica! Quanto avremmo bisogno di insegnanti capaci di insegnare e accalappiare l'attenzione dei nostri ragazzi. Come diceva il filosofo Umberto Galimberti, a 15/20 anni si impara per fascinazione.

A parte le mie ragioni illuministiche, basate sulle considerazioni empiriche di Malcolm Gladwell, ho trovato un commento su facebook meno forbito ma più ficcante: “Mi sono diplomato nella scuola progressista postsessantottina con 60/60 e non sapevo un cazzo di niente. Mio padre, figlio di mezzadri, in quella del ventennio e parlava correntemente in latino. I nostri figlioli culoni obesi che la mattina hanno i soldi in tasca per fare colazione al bar non aspettano altro che queste notizie per fare quello che gli pare”.

Buone vacanze a tutti i ragazzi. Chi terrà la testa in allenamento con giochi cognitivi, cruciverba, letture, tornerà a settembre con una marcia in più.